Settima edizione: Dissonanze, festival internazionale di musica elettronica ed arte digitale, segna l’inizio dell’estate romana ed è atteso con trepidazione e curiosità dagli amanti dell’elettronica di tutta Italia. Come ogni anno il festival propone una line up molto interessante e spinge alla scoperta delle infinite potenzialità della musica elettronica, con particolare attenzione all’innovazione e alla contaminazione non solo con le arti visuali, ma anche tra gli stessi generi musicali.
A fare da sfondo l’ormai consolidata location, Il Palazzo dei Congressi dell’Eur, che, grazie alle performance visive che vengono allestite al suo interno ed al suo esterno, assume volti nuovi di anno in anno.
A Dissonanze si sta veramente bene: c’è gente di tutti i tipi, dai “clubbers” ai “ravers”, dagli electro indie boys ai semplici curiosi: lo spazio è immenso, la terrazza è di una bellezza davvero suggestiva, si balla, si sorride, si conosce gente.
1 giugno / primo giorno di festival
Ad aprire la serata in Terrazza le geometrie sonore e i ritmi noise ambient dei newyorkesi Battles, quartetto composto da John Stanier alla batteria, David Konopka a chitarra e basso, Ian Williams a chitarra e tastiere e Tyondai Braxton a chitarra e tastiere e voce. Presentano il loro ultimo album , “Mirrored” (Warp – Self 2007), un’esplosione di energia, ritmi nervosi e incastri di suoni, riff di chitarra, voci isteriche e sperimentazione. I Battles lasciano a dir poco senza parole: electro, metal, rock, industrial si fondono insieme per creare una musica assolutamente inedita e fuori da ogni schema. Le trame “matematiche” cominciano a diventare più fitte, a prendere corpo e forma, a coinvolgere il pubblico un po’ scettico ad inizio concerto. La voce filtrata e bambinesca di Atlas ipnotizza il pubblico e durante l’ascolto affiora la chiave di lettura che permette di decriptare i rompicapi sonori di questa band. Una bellissima performance, perfetta nella tecnica e allo stesso tempo entusiasmante per quanto estrema. Non sono facili da ascoltare, né tanto meno da raccontare, ma alla fine la sensazione è decisamente energica e positiva.
Dopo i Battles è la volta del tedesco Sascha Ring aka Apparat. La sua importante collaborazione con Ellen Allien all’album “Orchestra of Bubbles” l’ha portato in giro per il mondo; stasera è senza di lei nonostante siano nello stesso posto e si esibiranno a poche ore di distanza. Il suo set è sobrio, dichiaratamente pop, dance ma non troppo. Non ci si scatena in pista ma si ascoltano i bleeps e le composizioni assolutamente lineari dei suoi pezzi, adatti alla suggestiva Terrazza del Palazzo dei Congressi.
La bravura di Apparat è nel creare ritmi sincopati e melodie che s’innestano su trame elettroniche molto coinvolgenti, si pensi a pezzi come Fractales, Not a number, Limelight e Useless Information.
Un’esibizione piacevole, in definitiva, lieve come il vento freddo che soffia in Terrazza. Peccato per l’acustica: il volume è troppo basso per la grandezza del posto. Una grave pecca di quest’anno, che ha reso l’ascolto spesso molto difficile.
E’ l’ 01.00: il live di Nathan Fake regala già dai primi bleeps momenti indimenticabili. La musica dell’enfant prodige della scena elettronica inglese ci accompagna in un mondo segreto, dove la psichedelia si mescola ad un indietronica che riesce a far pensare e ballare allo stesso tempo. La platea resta stupita per le sensazioni che un ragazzo così giovane con un laptop riesce a suscitare e lo scetticismo verso chi suona soltanto con un pc e una tastiera Casio lascia il passo allo stupore.
Nathan riesce a creare melodie malinconiche e al tempo stesso gioiose, si avventura su percorsi impervi, dove a volte ama perdersi, per poi ritrovare pelo pelo la strada e affrontarla con la maestria di un veterano. Cambi di direzione e torsioni mentali improvvise vengono fisicizzate da questo elfo elettronico che si veste della corona e dello scettro di colui che è stato a clamor di pubblico la vera star della serata.
Mentre sulla Terrazza si succedono i live e nel Salone della Cultura agli amanti del ballo vengono somministrate massicce dosi di cassa dritta e 4/4 (quattro/quarti) con Spekrtum Daniel Meteo e Minilogue, nell’Aula Magna Lorenzo Oggiano presenta i suoi video tratti dal ciclo “Quasi-Objects”, tra biomorfismo e minimalismo, con forme che sembrano uscite da “eXistenz” di David Cronenberg e “Sound Generated Video Modules for Single Channel Output”, una serie di moduli A/V pensati per performance live.
Gli FM3 ipnotizzano con le loro Buddha Machine Soundbox, nuovi oggetti di culto bramati dai trend setter di tutto il mondo per la loro forza concettuale, vecchi involucri (sono delle classiche radioline) che racchiudono loop meditativi prodotti per i seguaci della religione buddista. Le Buddha Machine vengono suonate posizionandole nello spazio in vari modi e settandone ciascuna per la produzione di uno dei loro 9 loop, i suoni prodotti vengono catturati da un microfono ad alta fedeltà.
Da segnalare anche Modified Toy Orchestra, progetto di Brian Duffy un sound artist inglese, che si prefigge di creare musica utilizzando vecchi giocattoli in disuso trovati in mercatini e poi rielaborati. Un live di musica elettronica, sviluppato in anni di lavoro da un gruppo di musicisti, che esplora il valore delle tecnologie in disuso e attraversa mondi di suoni che pensavamo dimenticati. Una performance molto interessante e originale.
Alva Noto presenta Xerrox la sua ultima performance A/V dove sviluppa il tema della rielaborazione di suoni provenienti dalla realtà e modificati in digitale; come avviene nel processo di fotocopia i suoni vengono modificati dal filtro della macchina. Questo tipo di performance fa riflettere sulla effettiva innovazione che si può ancora produrre con il solo ausilio della macchina…
Dopo il relax in Aula Magna ritorniamo nel Salone della Cultura dove Luciano, cileno di nascita ma svizzero di adozione, ci fa sentire tutta la contaminazione che deriva dal suo background culturale, regalandoci un set dove a volte convivono e a volte si contrappongono, suoni puramente elettronici a quelli più strumentali: freddo minimalismo a caldo ritmo sudamericano. Sicuramente il protagonista della sala gremita di folla danzante sospinta dalle sue vibrazioni che non lasciano per niente spazio alla monotonia. Un set giocoso, elettronico con retaggi 80ties, davvero divertente.
Dopo Luciano il live-set di Gabriel Ananda e il dj-set di Ellen Allien non sono sicuramente in grado di ricreare la stessa atmosfera. Il primo, noto e seguitissimo dj della scena minimal house di Colonia, ci propone un set banalmente e ripetitivamente house con tanto di percussioni e distorsioni melodiche. Poco eccitante.
Ellen Allien è altrettanto deludente: ci aspettiamo un set minimal techno, ruvido e in grado di tenere alto il mood della serata, ci aspettiamo una chiusura che sia almeno all’altezza delle performances precedenti, che ci faccia ballare fino ad esaurire ogni energia rimasta. Invece lei è lenta… lentissima! I bani hanno delle lunghissime intro, il ritmo è house puro.
Intanto fuori sorge il sole, è ora di andar via: si abbassa il volume (Ellen Allien conclude così il suo dj set) e la prima notte di Dissonanze volge al termine.
2 giugno / secondo giorno di festival.
Il Palazzo dei Congressi è blindato, le transenne s’intersecano in un dedalo, rispetto a ieri c’è qualche varco in più per l’ingresso, la sicurezza è raddoppiata, il pubblico di Dissonanze è impaziente. Ieri, esasperati dalla lunga coda, un centinaio di giovani, possessori e non di biglietto, sono stati protagonisti di una versione romana della “Presa della Bastiglia”, i disordini sono durati una decina di minuti, ma stasera le file scorrono più fluide verso l’entrata.
All’interno del nobile edificio, si consumerà la seconda notte dedicata ai dj set, alla dance, alle performance live di nomi di culto dell’elettronica e dell’arte digitale.
L’austera cupola balconata del Salone Della Cultura contrasta con i laser verde fluorescente che si muovono psichedelici assieme a frange corte, chiome platinate, caschetti, crestine, torsi nudi, occhialoni quadrati, a cuore, alle scarpe converse, a quelle da skate e a qualche impavido tacco alto (un paio sono i miei…). In questo scenario di ruvido folclore postmoderno (così direbbe un’amica…) aprono degnamente gli Italoboyz: electro-techno, a seguire il 27enne francese ParaOne, che turba le fanciulle con la freschezza e la dinamicità dei suoi… synths, (per me) una rivelazione! e ancora, Sebastien Leger che nella sua performance fonde tech-house e funky fino alle 02.30, quando subentra il duo italiano composto dal deejay producer Francesco Spazzoli e dal sound engineer Chris Shape: Franz & Shape, sonorità ottanta/novanta in un irresistibile electro funk… Il pubblico del Salone della Cultura è ormai lanciato…quando sulla scena fanno il loro ingresso i Digitalism… chiamatelo electro pogo, wave, bastard pop, io vi chiedo di immaginare migliaia di corpi vibrare in delirio! Un set esemplare, tostissimo! Certo che se la produzione avesse potenziato vjing e luci … ci sarebbe scappata la lode…
Intanto, di fronte all’Aula Magna, s’intravede qualche segno di cedimento, sulla moquette si è radunata un po’ di gente seduta, distesa…un dormitorio provvisorio molto pittoresco, sorrido guardando tre ragazzi addormentati/collassati ciascuno con la propria luce da minatore accesa in fronte…
Fino alle 03.00 l’Aula Magna era stata teatro di performance audio/video di Pelang & Zimoun; dei Giardini di Mirò, di Fennesz & Mike Patton, con suoni digitali e samples vocali che si erano incontrati in un’esibizione visionaria, creativa; della eccentrica Janine Rostron in Planningtorock “manifesto di pura progressive-pop”; e, per finire, di Scott Arford, media artist dal genio singolare, che ci ha fatti entrare nella sua Static Room, un’esperienza sconsigliata a chi soffre di epilessia…
E in Terrazza? Vi starete chiedendo cosa succedeva lì? Bè…mentre nel Salone della Cultura ci si dimenava e nella Aula Magna si assumevano pose filo-intellettuali… in Terrazza pioveva.
Su questo palco si sono esibiti Pole, Various Production, Isolèe e il dj romano Claudio Fabrianesi: più forte della pioggia senza dubbio, quest’ultimo ha fatto ballare il suo pubblico a ritmo della abstract tecno della sua Citymorb label, un dj set di tutto rispetto.
Ma torniamo al Salone della Cultura, è pieno, on the stage il tedesco Chris Liebing, vincitore del “German Dance Award” come miglior Dj e come miglior Produttore, ha battuto nomi del calibro di Paul Van Dyk e Sven Väth: la sua techno toglie il fiato, il dj set è dinamico, tagliente e trascina tutti senza sosta… il Salone trema! Comincia a filtrare qualche raggio di sole dalla cupola, sono già le 6.30 del mattino… la due giorni non dovrebbe mai finire… Chris ha l’obbligo di staccare, si accendono le luci, si spengono i laser, svariate le opposizioni di chi andrebbe avanti ancora a lungo, ma dopo un paio di pezzi ancora, siamo tutti sotto il portico del Palazzo… fuori è una grigia domenica di pioggia, torno a casa con il sound della notte dentro…
Buongiorno Roma! Alla prossima edizione di Dissonanze…
Autore: Giuseppe Guariniello info@mutechdesign.it e Sara Ferraiolo (1 giugno) – Mari De Vita (2 giugno)
www.dissonanze.it – www.myspace.com/dissonanzefestival