A dispetto della reputazione poco benevola che lo circonda, Mark Arm è persona assai piacevole e serena (almeno a parole…). Eppure potrebbe serbare ancora un certo rancore per non essere stato, insieme al suo gruppo, i Mudhoney, in grado di capitalizzare al meglio l’hype che li circondò qualche anno fa, quando Seattle sembrava la nuova capitale del rock mondiale. Al contrario, oggi che la sua vita e quella della band, non ruotano più unicamente attorno alla musica, Arm vive con somma gioia questo hobby(?) che, comunque, non ha mancato di arrecargli grosse soddisfazioni…
Dopo diciotto anni i Mudhoney, sono ancora in giro a diffondere il sano verbo del r& r, incuranti di quant’è successo nel frattempo in questo ambito. Anzi con tutte le insicurezze dell’esistenza moderna, fa quasi piacere avere dei punti fermi su cui poter contare. “Under A Billion Suns“, il loro nuovo album (appena il settimo contenente puramente inediti) ha la stessa urgenza espressiva di sempre ed è perciò che risulta difficile non volergli bene…:
Sei contento di aver rimesso in piedi i Mudhoney?
In realtà non c’è ne siamo mai andati… Ci siamo solo presi una pausa di un anno quando Matt (Lukin, per qualche anno bassista dei nostri nonché ex membro dei Melvins, ndr.) lasciò la band. Mi risulta difficile separare i Mudhoney dalla mia vita dato che ho dedicato gran parte del mio tempo al gruppo… In ogni caso è una bella sensazione aver portato a termine un nuovo album con la band.
In occasione del precedente album, “Since We’ve Become Translucent”, decideste di registrare poche canzoni alla volta piuttosto che inciderle tutte assieme. Avete seguito il medesimo procedimento anche stavolta?
All’epoca, componevamo tre brani e li mettevamo su nastro. In pratica facemmo delle sessions di registrazione durante alcuni weekend con tre differenti ingegneri del suono. Adesso abbiamo seguito un procedimento simile, sebbene non tutto il materiale fosse ben definito, ma, in ogni occasione, abbiamo inciso almeno quattro brani. Ormai, abbiamo quasi tutti delle occupazioni extra musicali che ci impediscono di avere molto tempo libero… Siamo così costretti a dover registrare tutto dal venerdì pomeriggio alla domenica, dato che il lunedì si torna a lavorare!(scoppia in una fragorosa risata, ndr.).
Non vi metteva una certa pressione il saper di non poter rimanere molto in studio?
Proprio per questo ci siamo organizzati in modo da essere abbastanza rapidi nel corso delle registrazioni. Quando sei in studio ed hai la struttura base di una canzone, le direzioni che essa può intraprendere sono infinite. Ciò può risultare un problema perché magari non riesci a decidere serenamente cosa vuoi ottenere da un brano. Un poco quello che deve essere successo ai My Bloody Valentine! Avevamo quindi deciso già in partenza di non farci troppe pippe mentali in studio e di essere i più veloci possibili. Credo che ciò trasmetta anche un senso di freschezza ai brani che altrimenti diventa complicato da catturare.
In “Under A Billion Suns” vi siete avvalsi dell’aiuto di una sezione fiati che, per altro, già avevate sperimentato su “Since We’ve Become Translucent”. Ritieni che sia stata una scelta che abbia apportato un’evoluzione nel vostro sound?
Certo che sì. Se prendi un pezzo come”Where’s The Future”, la parte in cui ci sono i fiati nel chorus è così “cool” che non so come avremmo fatto senza di essi. La stessa cosa avviene in “Let’s Drop In” dove i fiati reggono l’intero brano.
L’interazione con i fiati è stata più facile col nuovo album?
Certamente. Una grossa mano c’è l’ha data Craig Flory che ha scritto gli arrangiamenti per i fiati, oltre che suonare il sax nel disco. Lui è un musicista assai preparato ed intuitivo. Noi componevamo le canzoni e poi gli chiedevamo di aggiungerci degli interventi con i fiati. Abbiamo usato quasi tutto il materiale che aveva scritto per noi. Solo in rare occasioni, ad esempio su “Hard-On For War”, abbiamo ritenuto di non voler inserire degli altri strumenti, sebbene Craig ci avesse proposto un arrangiamento non male, dato che il suono distorto delle nostre chitarre era già saturo così.
Lasciando da parte l’aspetto meramente musicale, nelle liriche di “Under A Billion Suns”, specie in brani come “Where is The Future” o “Hard-On For War”, affrontate temi politici a cui non siete particolarmente avvezzi. Essendo tu il songwriter della band, cosa ti ha spinto a porre l’accento su siffatte questioni?
Come gruppo siamo nati nel periodo del esplosione dell’hardcore e del punk, in cui l’aspetto politico aveva la sua importanza. L’aver vissuto sotto le presidenze “guerrafondaie” di Regan, Nixon, Bush padre e figlio, mi ha aperto gli occhi su di un sacco di distorsioni che accompagnano un paese come gli USA. Del resto anche voi avete il vostro “caro” presidente Berlusconi, perciò dovresti comprendermi…(purtroppo sì caro Mark…,ndr.)
Allora quando canti un verso come “Happy days are here again” su “It Is Us” c’è una sottile vena sarcastica…
Credo di sì (scoppia a ridere,ndr.). Il mio humor tende spesso ad essere “dark” e sottile….
Di recente hai preso parte al tour dei DKT/MC5. Considerato che sono uno dei gruppi preferiti, immagino che per te sia stata la realizzazione di un sogno…
E’ stato un vero onore per me. Quell’esperienza è stata “fottutamente” divertente. Il tutto è nato perché Wayne Kramer ha partecipato al nostro precedente album… Spero che in futuro le nostre strade si incrocino di nuovo.
Pur dedicandoti parecchio ai Mudhoney, hai sempre lasciato la porta aperta a svariate collaborazioni (The Thrown Ups, Monkey Wrench, Bloodloss, The Wylde Ratttz, The New Strychnines, Nebula). Da questo punto di vista hai in serbo qualche altra novità?
Al momento direi di no. L’unica produzione extra Mudhoney è il nuovo album dei Monkey Wrench (progetto collaterale del nostro in cui è coinvolto, insieme ad altri musicisti, anche il chitarrista dei Mudhoney, Steve Turner, ndr.) che, sebbene sia stato registrato un paio di anni fa, suppongo uscirà entro la fine del 2006.
Come mai in tutto questo tempo, al contrario di Steve Turner (autore di tre apprezzabili dischi a suo nome) non hai mai pensato di realizzare qualcosa per tuo conto, se non un singolo (“Freewheelin’ Mark Arm”, ndr.) nel lontano 1990?
Steve, nelle sue opere da solista, preferisce esplorare sonorità più folk. Dal mio punto di vista, nell’attività con i Mudhoney, Monkey Wrench e Bloodloss sono sempre riuscito ad esprimere ciò che volevo musicalmente. Per questo motivo non ho mai avvertito l’esigenza di metter mano ad un mio album da solista. A limite, quando ho voglia di respirare aria nuova, preferisco collaborare con qualche mio amico musicista.
Avresti mai detto che dopo diciotto anni i Mudhoney sarebbero stati ancora insieme?
Assolutamente no! (scoppia a ridere nuovamente,ndr)
Che tipo di sentimenti nutri nei confronti del gruppo attualmente?
Sono decisamente soddisfatto. Ancora oggi abbiamo la possibilità di scrivere canzoni e di suonare dal vivo e non mi sembra vero… I nostri rapporti sono ancora ottimi e amiamo stare insieme, non come tante band che continuano la loro carriera pur odiandosi l’uno con l’altro. Semplicemente ai Mudhoney piace essere una band.
Nutri delle speranze particolari riguardo il futuro della band? Speri che i Mudhoney raggiungano la longevità dei Rolling Stones?
Non diventeremo mai come i Rolling Stones, è troppo tardi per noi! (scoppia nell’ennesima sonora risata,ndr.). Avremmo dovuto avere un grosso successo da giovani per potercelo permettere e purtroppo non è accaduto.
Ovviamente intendevo dal punto di vista della lunghezza di carriera….magari ti secca di più il fatto che attualmente la musica non sia il fulcro della tua vita…
Neanche per sogno. Ho semplicemente preso coscienza che le cose per me sono andate in un determinato modo e non c’è nulla che possa farci… Avere un lavoro “normale” e un hobby come la musica, mi basta e mi avanza. Tutto sommato sono contento così.
Cosa ti viene in mente se ti dico la parola “grunge”?
Niente in particolare, è una definizione come un’altra…
Si ringrazia per la gentile collaborazione la Sub Pop, Andrea Sbaragli di KIZMAIAZ e Audioglobe.
Autore: LucaMauro Assante
www.mudhoney.org