Il concerto è iniziato da poco, siamo alla quarta-quinta canzone; l’atmosfera, dopo l’inizio intimista e lieve affidato ad una commovente “One Sunday Morning” e alla più schizofrenica “Poor Places” , comincia a riscaldarsi sempre di più, l’aria si fa solare, complici la splendida e pulsante “Art of Almost” e il singolone “I Might” dall’ultimo album “The Whola Love”, ma dentro di me va crescendo una strana sensazione che è distante mille miglia dal contesto in cui mi trovo.
Mi giro intorno, osservo i volti felici ed estasiati di chi sta assistendo ad uno spettacolo musicale sicuramente di prim’ordine, eppure sono distratto da un pensiero periferico, un corto circuito inaspettato che mi coglie esattamente tra le note calde e crescenti di “One Wing” e la sussurrata , quasi fosse una ninnananna folk, “Black Moon”: Io di Jeff Tweedy mi fido! In un senso profondo ovviamente, nel senso che mi sentirei al riparo anche se lui fosse il mio ministro del Welfare alle prese con la riforma del lavoro.
Ecco, io a Jeff farei mettere le mani anche sull’Art. 18!
Immagino che tali considerazioni non proprio musicali siano l’effetto dei fumi inalati da quell’ esotica sigaretta che il mio vicino sta fumando così avidamente, ma ciò che maggiormente accresce attimo dopo attimo la mia totale fiducia nei Wilco è la loro lampante e quasi spudorata abnegazione al pubblico, alla serata, alla perfezione di ogni singolo accordo regalato alla platea, come se fossero ventenni alla loro prima tournè, come se i capolavori “Yankee Hotel Foxtrot” e “A Ghost is Born” fossero stati solo un passaggio che non lascia crediti e onori, un evento estemporaneo da lasciarsi immediatamente alle spalle.
Così, mentre continuo a svolazzare con la mente tra osservazioni sociali-economiche e attestati di stima incondizionata, ascolto in estasi prima “Spiders (KIdsmoke)” – in una versione che può sembrare acustica, ma in realtà è pacificata, una specie di dolcissimo ritorno a casa dopo un continuo peregrinare in luoghi lontani e oscuri – e subito dopo, in netta contrapposizione con l’atmosfera da focolare domestico, una “Impossibile Germany” straripante, inzuppata fino all’osso di sonorità “seventies”, ingioiellata da un vertiginoso e interminabile assolo di Nels Cline.
Tutto il concerto in effetti continua a giocarsi su questa alternanza perfetta tra momenti più tirati, affetti da un’urgenza rock che, grazie anche all’apporto del martellante Glenn Kotche, non fa altro che confermare l‘incredibile compattezza e solidità del gruppo di Chicago, ad altri più pacati e rilassanti, quasi divertiti come dimostrano lo spensierato ragtime di “Capitol City” e il cristallino power-pop di “Downed on me”.
La meraviglia che arriva a squarciare un cielo già ricco di luce e colori è la stupefacente “Via Chicago” , suonata in apertura del corposo encore e momento nevralgico di tutto il live, forte della sua doppia anima, in parte acustica e dolce come una carezza di una madre e poi stralunata, dissonante , sferzata da rabbiose impennate che sembrano provenire da un’altra stanza, da un mondo parallelo entrato in guerra con l’armonia raffinata dell’arpeggio di Tweedy.
Un capolavoro, da qualsiasi direzione la si guardi.
Gli ultimi pezzi (The Late Greats,Monday, Walken e una bellissima I’m the man who loves you) sanciscono ancora una volta un legame intenso, necessario, viscerale con quella provincia americana che è sempre presente nella loro poetica e nelle loro note, come quel country da cui sono partiti e che poi hanno ridefinito continuamente rendendolo “alt”, contaminato, trasformando un suono e un’attitudine radicata e definita, in un vero e proprio genere universale, in un linguaggio, in una rivoluzione di spirito e prospettiva.
Anche per questo Jeff, Glenn, Nels e gli altri, allineati sul bordo del palco, abbracciati, sudati e sorridenti, sono la fotografia più chiara e nitida della mancanza di ipocrisia, dell’assenza di ridondanza o di qualunque altra cosa serva solo a se stessa. E di cui ci si può fidare ad occhi chiusi.
Autore: Alfonso Posillipo _ foto di Roberto Ricciuti
wilcoworld.net – www.facebook.com/wilcohq