Quella del 23 febbraio era la seconda data di una rassegna musicale del teatro Trianon-Viviani, nel cuore del centro storico di fronte ai Tribunali, tutta dedicata alla canzone e alla voce napoletana.
Ma il piatto forte è che tra tanta musica partenopea tradizionale (Peppe Barra, Maria Nazionale, Eddy Napoli) spiccano anche appuntamenti gustosi come James Senese, Raiz & Fausto Mesolella, gli Spakka-Neapolis 55, i Virtuosi di San Martino, Pietra Montecorvino, e Daniele Sepe & Rote Jazz Fraktion.
Come a dire: la Napoli dei vicoli e dei quartieri, certo, ma anche la Napoli musicale alternativa che con tanta fatica si è costruita negli anni, e che mai come in questi tempi sta venendo fuori anche grazie a talenti noti e meno noti.
In questo senso, l’appuntamento più ghiotto era senz’altro con gli Epo (nella foto) e i Foja.
Il ritorno dei primi è una bellissima notizia, a tre anni di distanza dai loro successi che li avevano consegnati al circuito nazionale con ottimi consensi di pubblico e critica.
I secondi poi, sono un autentico “caso” locale: con un solo album si sono imposti sulla scena regionale grazie anche a una sapiente gestione del web e di youtube (il loro video di o Sciore e o’ viento è cliccatissimo). E sono “un caso”, in un paese come il nostro, anche per la loro scelta musicale: folk-rock a tinte a volte cantautorali, a volte springsteeniane, a volte ben più dure e accostabili ai Pearl Jam grazie anche alla (eccessiva?) somiglianza della voce del frontman.
Cominciano, puntualissimi, gli Epo di Ciro Tuzzi, con Sporco : canzone lenta acustica con un violoncello triste e un basso preminente che detta l’atmosfera cupa. Seguiranno le altre hit dal loro album chicca Silenzio Assenso: Pezzo commerciale estivo, Ogni cosa al suo posto (bellissimo testo dark e vagamente esistenziale accompagnato da una chitarra che detta il ritmo cupo, concluso da viola chitarra elettrica e batteria con finale di effetti elettrici) o In cattività, canzone pop e solare con ritmo delizioso un rock in accordi in minore, o ancora Camera verde con finale da cantautore con cui ritorna un’atmosfera un pò più cupa su cui interviene a dettare la melodia il violoncello.
E c’è spazio anche per sete e la strategia del mare, tratte da Il mattino ha l’oro in bocca, stupendo esordio del 2002 pieno di poesia e di testi densissimi.
Complessivamente,è un concerto rock piuttosto denso, con melodie acustiche, impreziosite dal violoncello, novità integrale di questi nuovi Epo, e una e chitarra e un ritmo da tango elettrico in alcune occasioni particolarmente ispirate.
La conclusione è affidata al prossimo singolo del terzo album in uscita ad aprile: A piedi nudi sui vetri rappresenta i nuovi Epo, nuova formazione-nuovo spirito, un sound a tinte slow-rock con sfumature post-rock. Infine, solo con voce e chitarra, Ciro Tuzzi chiude l’esibizione con un brano in napoletano. Complessivamente gli Epo hanno mostrato di essere tornati in forma e di avere un nuovo bagaglio di suoni e idee con cui affrontare di nuovo la ribalta.
E’ la volta poi dei Foja: si inzia con Vita: e la voce di Dario Sansone, vera arma in più del gruppo, è calda e in forma come l’occasione merita. Segue a Freva: intro di melodia tanghera ariosa e entrata di fiati fresca, ma dal ritmo forse troppo statico conclusione arabeggiante.
Si procede con Cos’ e pazze: armonica alla springsteen e un ritmo di vecchio stampo blues per un rock accelerato rispetto all’originale in studio, fresco e allegro, e il pubblico è già catturato.
C’è poi Guerra persa: ancora ritmi arabeggianti ma stavolta per un blues elettrico arrabbiato e triste.
Arriva poi l’inedita Tu me accire: ritmo sommesso per una ballata rock acustica con un ospite vocale (Claudio Domestico degli Gnut) su cui la tromba di Fabio Renzullo fraseggia malinconicamente; su tutto svetta la bellissima esibizione delle due ginnaste che si avvolgono sui tendaggi del teatro, spettacolo nello spettacolo. E’ la volta della cover di Maruzzella in versione acid e poi Luna, con intro notturna e romantica. Segue la amatissima o Sciore e o viento, accolta dal pubblico con grande festa ed eseguita in versione grancassa e voce. Segue a Ballata do diavolo: blues elettrico su cui ritornano le ballerine acrobate, e il pezzo si arrabbia e la chitarra aggredisce nel finale. C’è spazio anche nel pezzo successivo per il sax e per le melodie popfolk di una ballata comunque emozionante che esplode nel finale, e ancora spazio per la cover di Dove sta zazzà, anche questa ovviamente velocizzata e suonata a pieni strumenti per la gioia del pubblico.
Si conclude con Se po sbaglia: ballata vagamente country a cui si aggiunge la voce di Libera Velo, e infine Na storia nova, ballata struggente che si trasforma in rock aggressivo e si chiude dolcemente.
Si esplode sull’ultimo inedito Ca nient se fa, dove la batteria regge l’intero gruppo e lo trascina a fare il meglio con grinta, per una conclusione che soddisfa appieno il pubblico e ne celebra lo sposalizio con una band che in pochi anni è diventata amatissima dal pubblico napoletano.
Autore: Francesco Postiglione _ foto di Pietro Di Nardo
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