Due ore e mezza di auto sotto una pioggia torrenziale, il fantasma perennemente presente dalla Napoli-Salerno-Reggio Calabria che scivola sotto le ruote ed una temperatura siberiana, hanno paradossalmente rappresentato il miglior contrappeso per apprezzare al massimo una serata di buona musica. Il C2o di Eboli, ha accolto sul suo intimo palco, ad un metro dal pubblico e alla stessa altezza, Giuseppe Peveri, meglio noto come Dente.
Piccole confusioni sui prezzi dei biglietti, tra il pubblico c’è chi si lamenta perché, in effetti, non c’è stata molta chiarezza. Qualcuno, addirittura, dice di aver pagato 29 euro per due biglietti che sarebbero dovuti costare 13,50 euro ciascuno, compresa la prevendita. Stesso prezzo anche per chi acquista il biglietto sul posto, senza averlo prenotato. Vile denaro, sicuramente, ma anche questo influenza la sensazione generale che si respira durante il live. Un’atmosfera piuttosto fredda, nonostante la bella location.
Una stanzona quasi più larga che lunga, provvista però di un’acustica fuori dal comune: neanche una volta, durante tutto il live, si è verificato un qualsiasi passo falso. Purtroppo, però, dall’apertura dei cancelli (prevista, a seconda della fonte, sia alle 21:00 che alle 22:30) all’effettiva apparizione sul palco del cantautore fidentino, passa davvero un’eternità. E’ tranquillamente concepibile che, vista l’effettiva distanza dai grossi centri, si tenda ad aspettare un po’ prima di far iniziare lo show, ma costringere un paio di centinaia di persone (forse di meno, ma di sicuro non di più) ad un’attesa insostenibile per più di due ore è forse troppo.
Ad ogni modo, quasi a mezzanotte, inizia lo spettacolo. Capello scompigliato, una giacchetta casual ed una chitarra acustica: si presenta così il signor Peveri, con Piccolo destino ridicolo, seconda traccia del nuovo album intitolato Io tra di noi. Belle ritmiche, ottima tenuta di palco da parte di tutti i componenti della band ed un’inaspettata simpatia che, in parte, riesce a riportare alla normalità la sensazione diffusa di insofferenza dovuta alla lunghissima attesa. Si continua con Saldati e subito dopo l’eccezionale La settimana enigmatica. Arriva il primo momento “amarcord” della serata con Quel Mazzolino, in una chiave decisamente più rock e, probabilmente, anche più godibile dell’originale. Lo show va avanti con Io sì e con Incubo da L’amore non è bello del 2009. Piccolissima pausa con annesso “cabaret” da parte del chitarrista che avvisa con nonchalance che “a causa di uno sciopero il concerto andrà in onda in forma ridotta. Il prossimo sarà l’ultimo pezzo”, lamentandosi poi per la poca delusione da parte del pubblico e subito dopo un medley tra A me piace lei e la sognante (e quasi metafisica) Casa tua che apre una serie di tre brani in sequenza tratti dall’ultimo album: Da Varese a quel paese, Giudizio universatile e Puntino sulla i.
Subito dopo il “classicone” Baby building, è tempo di un altro medley tra Non c’è due senza te e la parte finale di Rette parallele. Quasi una delusione non riuscire a sentirla completa dal vivo, ma senza dubbio l’effetto è stato degno di nota. Quasi un momento di panico durante Io della bellezza non me ne faccio niente, cantata a due voci fuori sincrono di una battuta come accade anche nella versione in studio. Un risultato piuttosto confusionario ma pulito, di sicuro simpatico e molto in linea con il mood creatosi, forse dopo troppo tempo, nella spoglia sala del C2o.
Altri due pezzi e poi la canonica pausa che dura “il tempo di una sigaretta, mi pare faccia bene alla voce”. Ritorno sul palco in grande stile con Buon appetito (durante la quale il pubblico impazzisce, in maniera forse troppo esagerata), Beato me (dalla compilation Il paese è reale) fino a chiudere con la dolcissima Vieni a vivere.
In sintesi, dare un giudizio complessivo positivo alla serata risulta piuttosto facile. Da una parte è merito della capacità dell’artista nel riuscire a stabilire un rapporto con il pubblico nonostante il malumore generale, dall’altra dall’effettiva validità della sua proposta artistica che, per quanto possa venire a volte intesa come sopravvalutata o comunque non di grande impatto, sembra invece essere uno dei pilastri della musica indipendente italiana. Superata anche la prova della resa live del nuovo album che, forse a causa della quantità di suoni superiore rispetto ai suoi predecessori, si presta assai meglio a questa forma di fruizione.
Autore: A. Alfredo Capuano
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