Indie, underground, quante volte avete letto questi inglesismi anche sulle pagine di Freak Out? Molte, a dire il vero. In quei casi, soprattutto, dove si suole sottolineare l’alternatività (ma de che?) dell’artista o gruppo in questione. Prendiamo il caso di Steve Wynn. Salito alla ribalta, all’inizio degli anni 80’ col suo gruppo, i Dream Syndicate, all’interno del movimento musicale denominato Paisley Underground (Green On Red, Long Ryders, Thin White Rope, Rain Parade, Bangles, Giant Sand), genere caratterizzato da una forte impronta psichedelica e da incandescenti svisate chitarristiche, tramite il quale, il nostro conobbe una discreta notorietà. Nel decennio successivo, sciolta la band, Wynn diede vita ad una carriera solistica ed a vari progetti collaterali che, pur non vantando la visibilità di un tempo, hanno spesso garantito qualità e sporadici colpi di genio, ancor oggi riscontrabili nelle sue attuali produzioni. Qui nello stivale, il cantautore statunitense ha sempre avuto un affezionato seguito, motivo che lo ha spinto a venirci sovente in tour. In occasione della sua ultima capatina in Italia per una serie di concerti acustici, Wynn si è esibito, dopo svariati anni, pure in quel di Napoli. Nell’intimità della piccola sala del Mamamu bar, davanti ad una risicata cerchia di ascoltatori (una costante, a quanto pare, di questi tempi nella città partenopea), il buon Steve non si è certo risparmiato, in quello che sembrava quasi un house-concert o un falò tra pochi amici. Coadiuvato dal fido contrabbassista olandese Erik Van Loo, il songwriter americano ha sciorinato vari pezzi dal suo esteso repertorio, in solitaria e non, oltre che la cover di ”Blind Willie McTell” di dylaniana memoria. Un set che, ad ogni modo, ha mostrato come l’artista a stelle e strisce sia un musicista di valore, ancora in grado di divertirsi e divertire gli ascoltatori, nelle situazioni più disparate. In questo caso, la sua bravura alla chitarra acustica sarebbe stata maggiormente impreziosita da un maggior uso di effettistica (se non di qualche parentesi con la sei corde elettrica), ma sarebbe come cercare il classico pelo nell’uovo. A conti fatti, invece, va benissimo così.
Autore: Luca M. Assante
www.stevewynn.net/