Nel gelo polare di Bologna i Kings Of Leon dopo ben 6 anni dall’ultimo live italiano finalmente approdano di nuovo nel belpaese per presentare il nuovissimo “Come Around Sundown”.
Non c’è dubbio che la totale assenza di date italiane per il tour di “Only By The Night” ha portato il quartetto di Nashville in una posizione a metà tra l’odio e l’amore in Italia; quando le porte si aprono e la gente si riversa in massa all’interno del palazzetto l’amore sembra l’unica cosa a trionfare. La gente è accorsa numerosa, e se non è sold out poco ci manca.
Anelli gremiti, parterre che esplode, insomma un successo che io personalmente non mi aspettavo. Alle 20 salgono sul palco i The Whigs, gruppo americano che è in giro con i Kol da ormai un bel po’ di tempo. Suonano bene, i tre di Athens (Georgia), si scatenano, saltano, sono euforici e persino quando il cantante inciampa in un cavo della sua chitarra cadendo rovinosamente il rock and roll non si ferma, continuando imperterrito a rombare all’interno del futurshow che sembra gradire. Dopo il set di circa 40 minuti, la pausa che separa l’ingresso della famiglia Followill è inaspettatamente breve.
Finalmente dopo quelli che sembrano 25 minuti il quartetto del Tennessee sale sul palco nascosto da un densissimo fumo rosso, mentre le note di Crawl iniziano a prendere forma, e si comincia.
Il pezzo è assolutamente una bomba e l’assolo di chitarra del cugino Matt Followill è potente come un esplosione atomica. Subito il delirio. Poi è il momento di un oldies pura come Molly’s Chambers; la prima fila di fan veri e accaniti apprezza non poco e si alza un coro destinato a pochi amanti del genere. Purtroppo c’è da dire che la maggior parte della gente accorsa è al palazzetto solo per sentire Sex On Fire.
Si prosegue con Radioactive, bella e più potente che su disco ma sicuramente nulla a che vedere col vecchio country rock dei Followill. La chitarra acustica imbracciata da Caleb fa capire ai fan che è il momento di Fans (scusate il gioco di parole) e ancor prima che il brano inizi già si possono udire alcune voci intonare questa meravigliosa canzone; Reverly è l’estranea della scaletta, per quanto mi riguarda un pezzo veramente bruttino e poco sentito sia da me che dai Followill, ma il pubblico apprezza, probabilmente perché è un brano di “Only By The Night”.
Poi è la volta di Mary e The Immortals, brani di “Come Around Sundown” che ancora una volta vengono accolti da un potente boato. E’ un coro omogeneo che accompagna Caleb fino all’intro di The Bucket che a malincuore viene solo cantata da fans della prima fila.
The End sempre estratta da “Come Around Sundown”, viene intonata da molti anche se è definita la nuova Sex On Fire in versione più lenta. No Money non sembra neanche uscita da Come Around Sundown e l’accoppiata con 4 Kicks, brano di Aha Shake, è una bomba che manda in subbuglio il palazzetto.
Gente che poga a più non posso; ragazze che si fan tirare fuori dalla security (inefficiente), un coro di voci che canta senza conoscere bene le parole, ma è talmente verace che Caleb sorride e quasi non ci crede.
Cominciano i ringraziamenti, noi ragazze italiane siamo Beautiful, così afferma il frontman, e quasi si commuove quando ammette che sono passati moltissimi anni dalla loro ultima apparizione italiana. E mi domando ancora perché.
Notion e Pyro, secondo singolo estratto il cui video uscito in questi giorni, già sta facendo discutere i media, infiammano il futurshow. Non ci sono parole che possono descrivere l’energia dei fans accorsi, vecchi e nuovi che siano, sembra di essere ad uno di quei concerti che non si dimenticheranno facilmente.
I Kol sembrano più partecipi del solito, chiacchierano, sorridono e si divertono, almeno quelli davanti. La tastierina iniziale di On Call accende gli animi dei e Back Down South , brano ancora dell’ultimo lavoro, commuove i presenti che in massa non possono fare a meno di stringersi le mani e alzarle al cielo.
Poi è la volta di Manhattan anche questo brano accolto con eccessivo entusiasmo, ma si sa che quando sono i Followill a strimpellare chitarre, tutto è concesso. E così poi è il turno di Knocked Up: 8 minuti di pura musica costruita raffinatamente e i coretti del cugino Followill che intona uo-up-uoooo sono ripetuti a squarciagola dai fan che non smettono un attimo di cantare. Use Somebody è la chiusura prima dell’encore. E non sembra vero che manchino solo poche canzoni al termine.
Il quartetto rientra accolto da un boato mai sentito. Attaccano Closer, e il basso con effetto di Jared e l’effetto ghost all’interno della chitarra di Matthew incantano Bologna. La voce di Caleb risuona calda e potente e i fans non possiamo far a meno di cantare con lui. Quando è il turno di Sex On Fire credo che qualcuno nelle retrovie abbia perso la vita. Non sono mai stata schiacciata così tanto in vita mia e nonostante tutto io non apprezzi questa canzone devo ammettere che live mi ha sempre sorpresa.
Manca solo un ultimo pezzo. La schitarrata iniziale di Black Thumbnail riecheggia. Delirio assoluto: Nathan violenta la sua batteria, l’assolo di chitarra di Matthew è sublime, Jared detta un ritmo indemoniato con il suo basso e Caleb urla, canta a più non posso accompagnato dal pubblico stremato che recitare ogni singola parola. Nel pogo violento che ha invaso il parterre del palazzetto, il concerto termina. I Followill vengono acclamati da un pubblico che li ama e li adora e loro ringraziano increduli di tale successo.
Dopo poche ore un post di Nathan afferma: “Miglior concerto. Italia torneremo sicuramente, e anche presto”.
Autore: Melissa Velotti
www.kingsofleon.com