I Placebo sono una delle poche band sopravvissute alla debacle degli anni 90. Basta pensare a Nirvana, Oasis e Blur, tutte pessimamente arrivate al tramonto,chi in un modo chi nell’altro.
La doppietta alla Brixton Academy di Londra era sicuramente un evento attesissimo non solo perché arrivava alla fine di un tour estenuante di quasi due anni, ma anche perché celebrava l’uscita della Redux Edition di Battle For The Sun, l’ultimo fortunato album della band anglo-americana.
I concerti sono stati due fotocopie ad eccezione di una cosa: il 28/09/2010 è stato girato un DVD ed è per questa ragione che tutta l’attenzione era sicuramente concentrata molto di più su questa data che sull’altra. La scaletta è uguale a quella del giorno precedente, ormai la so a memoria dato che è il mio settimo concerto annuale.
Si inizia con “Nancy Boy”, hit che li portò al successo nel lontano 1997 e che ancora oggi i fans amano. Brian Molko, leader indiscusso sul palco, non ha più la vocina stridula di quei vecchi tempi, ma nonostante tutto conferisce il giusto tono ad una canzone che tanto ha odiato e amato negli ultimi anni. Si prosegue con “Ashtray Heart,” singolo tratto da Battle For The Sun. Il pubblico londinese e non è in delirio e ci si comprime contro la transenna di fronte ai virtuosismi al basso di Stefan Olsdal, altra colonna portante della band.
E’ l’ora di “Battle For The Sun”, e il crescendo è imperioso e l’esplosione finale sulle parole “I am the bones you couldn’t brake” è insostenibile, le transenna si tatuano sul costato. Si va avanti con “Sleeping With Ghost” brano omonimo del quarto album della band uscito nel 2003.
Brian Molko si lascia andare ad una serie di fuck senza sosta e ormai è completamente immerso nel suo sudore; i suoi capelli neri sono bagnati e l’immancabile eyeliner è già quasi sbaffato, ad ombrargli gli occhi di nero.
Si ritorna su Battle For The Sun ed è la volta della prima traccia del disco, “Kitty Litter”. Se la sera prima Molko l’aveva chiaramente sbagliata cantando le strofe al contrario, stavolta il brano è cantato in tutto il suo splendore e la sua potenza. Carica e forte, come lo è Steve Forrest, il batterista entrato da soli due anni nella band in sostituzione dell’ex Steve Hewitt.
La batteria si fa sentire ancora di più quando è il turno di “Every You Every Me”; il pubblico impazzisce e i cameraman si abbandonano ad una serie di inquadrature tutte rivolte dalla nostra parte, e anche in casi in cui ciò non è ben gradito, ci si lascia andare a canti e urla perché di fronte ad una canzone del genere è il minimo che si possa fare.
“Special Needs” è ancora splendida come lo era sette anni fa. Tocca il cuore nel più profondo e fa commuovere chiunque, compreso lo stesso Molko che sembra sempre più coinvolto in ciò che fa; ci crede ancora il non più giovane leader dei Placebo. Eppure ha 38 anni e non li dimostra: “Breathe Underwater”, brano tratto da Battle For The Sun è una bomba e il pathos di Molko è uno dei punti chiave per la riuscita del pezzo. Il leader è incontrollabile, così come il pubblico che si abbandona ad un poco selvaggio alle mie spalle. Ci sono adulti, bambini, ragazzine, non ho mai visto così tante persone di diversa età essere accomunati da un’unica passione. Si prosegue senza sosta con “The Never Ending Why” e “Bright Lights”, altri singoli di successo tratto dal loro ultimo lavoro. Poi è la volta di “Meds”: il brano inizialmente è acustico e poi esplode in una scossa elettrica che infiamma il pubblico ancora una volta, me compresa.
Questa canzone è la mia preferita in assoluto per quanto riguarda i live e la conferma che dopo tante volte ancora non mi sia stancata di ascoltarla, rende perfettamente il mio concetto.
C’è anche spazio per un’altra vecchissima hit: “Teenage Angst” che i ragazzi si sono divertiti a riadattare in chiave elettronica e che presentano in scaletta ormai da tutta l’estate.” All Apologies”, cover dei Nirvana è ormai un cavallo di battaglia e non c’è dubbio che quando si ascolta questa versione e si vede il modo in cui lo stesso Molko la interpreta, ci si scorda della vecchia e sembra di ascoltare un inedito. Non me ne vogliano i fan dei Nirvana.
Proseguono tre pezzi di successo come “For What It’s Worth”, ritornata in scaletta per l’occasione, “Song To Say Goodbye” e “The Bitter End”, poi ancora “Trigger Happy Hands”, brano presente nella redux edition. Un trionfo di mani si alza al cielo e si muove al ritmo dettato da Stefan Olsdal che quando si tratta di aizzare le folle con balletti e quant’altro, è il numero uno in questione. “Post Blue” e “Infra Red” accompagnano il pubblico verso la fine e il delirio sembra non poter avere mai fine;” Taste In Man” è in chiusura.
Potente, feroce e ancora più elettronica di quanto possa già essere. Le chitarre sono distorte, violentate fino allo stremo. I Placebo sorridono al pubblico, si guardano tra loro, e immersi in una pioggia di palloncini e coriandoli vengono in punta palco e si inchinano a raccogliere ciò che meritano, il successo. E dopo questo tour de force e il conseguente annullamento delle restanti sei date successive, tutto quello che ci si può aspettare da una band del genere è un altro meraviglioso disco.
Autore: Melissa Velotti
www.placeboworld.co.uk