Il primo maggio a Roma c’è stato un altro evento, oltre al grande concerto di piazza, che ha messo in viaggio verso Roma un consistente gruppo di amanti della musica. Veramente consistente, a quanto pare, perché per i Mumford and Sons, nuovi luminari della scena nu-folk britannica, anche questa data è finita sold out. Come del resto tutte quelle del tour europeo. Un successo assicurato, prevedevano i fan fuori le porte del Circolo, con i loro faccini da indie innocenti e spaesati, di quelli che hanno attraversato il fricchettonaggio del primo maggio romano come solo Cristo quei quaranta giorni nel deserto. Finalmente i Mumford. E invece no. Invece un cartello diceva sold out e un altro cartello annunciava che il signor Marcus Mumford, leader della band, non si sarebbe esibito causa “improvviso e serio malore”. Quelli che hanno pensato “poverino” sono stati senza dubbio in forte minoranza. Però ci si poteva consolare con tale Johnny Flynn e i Sussex Wit, il gruppo spalla, offerto dalla casa.
Una prova difficile per il povero Johnny, gestire il sold out di un altro gruppo. Soprattutto se l’altro gruppo sono i Mumford. Invece tutta la band riempie il palco senza paura. Perché lo sanno questi Sussex, e lo sa pure Johnny Flynn, che sono dei professionisti loro, e sanno essere dannatamente coinvolgenti. Sul palco si schiera la formazione tipica dell’era del nuovo folk, contrabbasso, batteria, tastiere che incoronano il frontman, al centro, occupato prima di ogni pezzo, in repentini cambi di banjo, chitarra acustica, elettrica, ukulele e quant’altro la scienza dello strumento a corde abbia inventato. Esordiscono con the Box, primo singolo della band, tratto dall’album A Larum, uscito nel 2008 per Vertigo Records e c’è già chi conosce tutte le parole e apre le danze sulla musica dolce e ritmata di una sagra di folletti, sotto la pioggia.
Sembra superfluo rompere il ghiaccio. Del resto Johnny Flynn è un attore di teatro, ha imparato bene a stare sul palco e a comunicare con ogni tipo di pubblico. Musicista, attore, ma anche poeta e questo non lo nascondo i gesti, non lo nasconde la leggerezza con cui si muove, il modo grave in cui canta, invadente pure nei confronti di chi il cuore ce l’ha sprangato. La poesia s’insinua dappertutto, saltellando tra gli accordi di the Wrote and the Writ ed è come una storia sussurrata a un bambino prima di andare a letto. Kentucky Pill e Lost and Found sono invece un’anticipazione dal nuovo album,Been Listening, in uscita il prossimo giugno per la Rough Trade, con un featuring di Laura Marling che presta la sua voce su the Water. Un sodalizio quasi prevedibile e che ufficialmente consacra Johnny Lynn quale figlio legittimo della famiglia del nu-folk inglese, insieme alla già citata Marling, i Mumford and Sons e i Noah and the Whale. La set list prosegue alternando titoli del primo album e di quello che verrà. Quando il gruppo lascia il palco prima di rientrare per le ultime canzoni di chiusura gli applausi non vengono risparmiati e neppure i sorrisi. Rientrano su Tickle me Pink e chiudono con Leftlovers, dolceamaro e ritmato. Tutti ballarono e vissero felici e contenti, e scoprirono le trame segrete della felicità.
Ci dispiace un sacco per i Mumford, ma il primo maggio al Circolo degli Artisti è stato bellissimo lo stesso.
Autore: Olga Campofreda
johnny-flynn.com