Anticipando di qualche giorno la pubblicazione della sua prima raccolta (“Selected” il titolo attribuito all’operazione) a nome Recoil, l’ex Depeche Mode Alan Wilder si è esibito in quel di Roma, presso il Circolo degli Artisti, per la seconda tappa del breve tour italiano che l’ha visto protagonista. Come gustosa chicca d’antipasto, solo nella data capitolina, c’è stato il set di Daniel Miller (il benemerito fondatore della Mute Records nonché mentore degli stessi DM) e Gareth Jones (produttore/ingegnere del suono per DM, Orbital, Nick Cave & The Bad Seeds, Mogwai, Wire, Liars ed altri svariati nomi eccellenti della scena indie mondiale). L’inedito duo, ribbattezzatosi per l’occasione Sunroof, ha deliziato la platea reinterpretando a suo modo “Construction Time Again”, album del 1983 dei Depeche Mode, a cui avevano partecipato in prima persona. Sfruttando, soprattutto, delle poderose basi in 4/4, la coppia di imberbi cinquantenni ha aggiunto vari campionamenti estrapolati da quel disco, creando una sorta di prolungato remix, a tratti davvero coinvolgente. Subito dopo è stata, quindi, la volta di Wilder. Coaudiuvato on stage dal fido Paul Kendall (musicista ma, in primis, produttore/tecnico del suono di casa Mute e per Nine Inch Nails, Gallon Drunk, Primal Scream, The Jesus And Mary Chain, tra gli altri) e da un simpatico schermo, dove passavano dei video. Fattore tutt’altro che secondario, quello delle immagini. Trattandosi, Recoil, di un progetto con occasionali vocalist su disco, il musicista inglese, dal vivo, ha deciso proporre una performance basata solo su laptop ed apparecchiature elettroniche, usando parti cantate preregistrate. L’attenzione, essendo l’artista d’oltremanica alquanto statico dietro le macchine, veniva rapita dall’interazione tra musica ed immagini. Le rivisitazioni del repertorio del nostro sono state poco fedeli agli originali, creando però un unicum di interpretazioni assai riuscite. L’ottimo lavoro sulle parti ritmiche e gli arrangiamenti, ha reso le varie “Prey”, “Stalker”, “Shunt”, la cover di “Faith Healer” della Alex Harvey Band, dei validi esempi di come si può essere dei perfetti remixatori di se stessi. Togliendosi lo sfizio di citare anche i Depeche Mode e la loro “Never Let Me Down Again”. Una colonna sonora che interagiva con video tra l’astratto ed il sensuale che il nostro ha dichiarato intendere, quasi come un’istallazione artistica, più che un concerto, in una recente intervista. Come recitava il sottotitolo della serata “A Strange Hour” che è passata via ripagando validamente gli intenti del suo autore e la fruizione del numeroso pubblico. Confermando, altresì, che la sua dipartita dal gruppo britannico, sotto molti punti di vista, è stata una grave perdita per questi ultimi, più di quanto essi stessi siano pronti ad ammettere….
Autore: LucaMauro Assante
www.recoil.co.uk