“Armida non ha immaginazione”. Lei per le sue favole sfoglia i quotidiani, e leggendo porta i nipotini nelle costruzioni perfette della cronaca nera. A interpretare il passo di Ennio Flaiano è Manuel Agnelli, nella cornice a luci viola del teatro Augusteo, primo appuntamento con il festival Linea D’ombra. La sua voce entra nelle pagine e si lascia seguire, mentre lo spettacolo cuce interessanti contaminazioni sul classico canovaccio rock. La platea siede e assume dosaggi di indignazione, sugli ami elettrici e aggressivi dell’inno alla stasi mentale, “Tarantella all’inazione”, unico episodio dell’ultimo disco in studio con “è solo febbre”. La band presenta in questa frontiera sospesa tra concerto e reading alcuni brani cosiddetti minori, tra i recitati di “Ritorno a casa”, l’invettiva feroce di ”Musicista contabile”, “1996” , “Senza finestra” e “tutto fa un po’ male”. L’ensemble diventa così un perfetto serraglio organizzato, con Agnelli a dettare i tempi. Dal canto loro gli spazi si scuotono dalle domande di deserti alle visioni di gomma, con bagliori indecisi tra tuoni da temporale e luci da discoteca. Poi Vasco Brondi compare, ospite di turno, e la sua centrale s’inserisce tra le scariche. Qualcuno del pubblico è infastidito, commenta e auspica tutto lo spazio al monolite sacro degli After. Resta in tempo a convincersi: personalmente il ferrarese mi piace proprio perché disturba, che urli o sussurri, e costringe comunque a sentire. Ha l’aria sincera, e nonostante alla lunga sul palco risulti eccessivamente lineare senza un coro di strumenti, il suo esordio resta fermo a sconcertare nei panorami uguali degli anni zero. Leggete allora, tra i versi e tra le pagine. Questo dice un simile spettacolo che racconta di iene in redazione, di ghigni e sete di denaro, di poemetti immorali e luci sparate dritte in faccia al pubblico, cercando “pelle”.
Forse non siamo ancora coscienti, poco vigili e vivi, eppure smarriti abbastanza, cercando le mappe confuse a caccia dell’essenza. O del “punto G”, pezzo lucido fino all’ossesso, caposaldo a stringere sulla perenne ansia di senso. Non è difficile sentirsi parte di questa inedita rappresentazione Afterhours, progetto che gira con varie presenze, di volta in volta, lungo date e teatri. Letture a chiavi sono in piedi, forti, davanti alla gente seduta, mentre il piano carezza e le frasi incidono come lame. “Prova a far qualcosa che serva”, dice la canzone di un Sanremo fa, spingendo a fidarsi della realtà, magari, facendo attenzione ai ruoli e ai perenni pensieri malvagi. Il suicidio di Mark Linkous, anima in mare segreto con i suoi Sparklehorse, irrompe nei ricordi che si aggiungono alla serata. L’invito al vero, al concreto, che sia carne, epitelio da stringere e leccare o danza di demoni, è il succo che cola dal palco. Se il pensiero più dolce sembra cullarti, attenzione: “poi ti vuole ingoiare”, verso una fine inevitabile senza riferimenti. Per cui, degna conclusione, lo spettacolo si gioca tutto e vince in pieno. Nota di demerito a margine per Manuel Agnelli, che concede interviste solo ai quotidiani nazionali di grido, riservando alle testate locali presenze delegate.
Autore: Alfonso Tramontano Guerritore
www.afterhours.it – www.myspace.com/lelucidellacentraleelettrica