Si era parlato di un band che secondo il fiuto di molti (NME compreso) avrebbe avuto tutte le carte in regola per essere la rivelazione del 2010. Sia dato il caso, che proprio tale band sarebbe passata per Roma in toccateffuga, all’Akab. Il fatto è che da un po’ di tempo- mi dico– quello che pensa NME bisogna considerarlo come un OGM: la maggior parte dei fenomeni che ci hanno propinato negli ultimi due anni almeno altro non erano che adolescenti obbligati al digiuno, purificati dall’acne con metodi chimici altamente corrosivi, infine infilati in un involucro d’alta moda stretto a puntino (da cui si può dedurre sia derivato l’effetto “voce bianca”).
Dopo uno sguardo veloce al myspace, senza avere tempo di ascoltare i brani, accanto all’immancabile occhiale a montatura spessa da nerd del bassista, alla pettinatura da secchione e il bello stile degli altri membri, mi scappa di leggere che i Two Door Cinema Club sono irlandesi di Belfast. Questa cosa mi tormenterà per tutto il tragitto verso Testaccio, come pure i loro dati anagrafici: il più grande del gruppo ha 23 anni. Ventitrè. Al che vi sottopongo un piccolo momento di brain training: se all’alba del 2010 questi ragazzi hanno vent’anni (venti!) e hanno firmato con l’etichetta francese Kitsune (almeno) nel 2009, anno che li ha visti già calcare il palco del Glastonbury e degli studi della BBC, possiamo considerare (almeno) due anni di lavoro che sottratti a venti…fanno 18. Insomma.
Per farla breve all’ingresso dell’Akab alle 10 e mezza tre ragazzi tentavano di entrare al locale e l’addetto all’apertura insisteva che il locale era ancora chiuso, che avrebbe aperto dopo le undici, e neanche. Scambio due parole con loro una volta dentro, risolto ogni dubbio identitario: i Two door cinema club non si sono ancora montati la testa, mi raccontano dei loro concerti, che si succedono irrefrenabili da circa due anni, mi raccontano di quando erano a scuola, alla grammar school di Belfast e di quando hanno semidistrutto il locale di un concerto a Vienna promosso da FM4, uno dei loro primi eventi importanti. Ci andiamo a bere una birra in attesa che si faccia ora della performance e allora ho l’occasione di constatare che gli occhiali del bassista sono veri occhiali da vista, che evidentemente alla grammar school s’è chinato troppo su quel vocabolario, che il pomeriggio ci ha perso tempo, magari, con gli spartiti e le corde. Un po’ sorrido sollevata, lo ammetto. Un segno stupido, da cui, magari esagerando, ho estrapolato un senso di autenticità che ho sommato alle radici irlandesi, alla passione per l’elettronica e ai loro (nostri?) vent’anni chiusi insieme agli anni zero. A questo insieme di cose corrisponde esattamente il loro modo di fare musica: fresca, articolata, veloce, melodica ma mai al punto del già visto-già sentito. All’attacco delle prime note di Come back home, la seconda traccia di Tourist History, in uscita a Marzo, ogni singola porzione dell’Akab è occupata, alla seconda canzone, Undercover Martyn, primo singolo di lancio, molti iniziano a ballare come nei migliori dj set dei weekend romani. E non smettono più, accompagnati dalla chitarra che sparava note come da una mitragliatrice, senza sosta, con una concentrazione da cesellatore. Difficile dire se i Two door cinema club siano o meno animali da palcoscenico, ristretti com’erano sul piccolo stage dell’Akab, ma la musica la sanno fare e non hanno bisogno di esibirsi in altro modo. Fanno esibire il pubblico.
I quaranta minuti che hanno visto i Two door cinema club suonare sul palco sono stati un’intensa lezione di aerobica, la sensazione che tutto è durato forse troppo poco ha lasciato un po’ di amaro, quanto basta per tornare a riascoltarli a casa, dal myspace, in attesa che esca l’album.
TWO DOOR CINEMA CLUB | UNDERCOVER MARTYN
TWO DOOR CINEMA CLUB | MySpace Music Videos
Autore: Olga Campofreda
www.myspace.com/twodoorcinemaclub