Fuori il Piper la sera del 22 Novembre, nell’attesa per l’esibizione degli Editors serpeggiava un certo scetticismo. Sarà che dal rilascio dell’ultimo album sono passate due stagioni solari, sarà che la fiamma della “nuova” ondata indie si sta, dopo anni, lentamente spegnendo, in ogni caso gli Editors erano attesi come uno degli ultimi fuochi.
Da vedere, certo. Ma solo per non pentirsene in tempi futuri di carestia.
Nella fila poco scalpitante e piuttosto ordinata mancavano soprattutto le solite facce brufolose da adolescenti Mods incravattati e signorine simil-Pipettes. Ad essere ben incravattati e decisamente fuori dal coro, un’ abbondante comitiva di impiegati appena usciti dall’ufficio, che- forse per trasgressione, forse perché buttati fuori di casa dalle mogli di turno-avevano deciso di essere lì anche loro, e costituire tra l’altro, la fetta più cospicua di pubblico. Scetticismo anche l’apertura del concerto sostenuta a due mani. I primi a scendere nella fossa dei leoni sono gli italiani JoyCut, il trio che ha aperto la data romana, seguiti dai londinesi The Boxer Rebellion. Dopo i primi minuti di indifferenza, per entrambe le band si è dovuta abbandonare la resistenza ostile generalmente accordata ai gruppi spalla, perché alla fine si, erano bravi. Più timidi gli applausi per i primi, più convincenti per i secondi. Erano inglesi di quella inglesità del sound coinvolgente che ti cattura in una rete anche abbastanza comoda da desiderare di restarci impigliati. Se la saggezza popolare avesse un aforisma a riguardo, sarebbe sicuramente questo: Mai negare un applauso di cuore ad una band inglese, per il solo fatto che ha il Tamigi nelle vene.
Quando sono gli Editors a salire sul palco, gli ultimi muri di resistenza vengono abbattuti in un colpo solo, come una bomba ad orologeria, che fino a quel momento ha solo ticchettato e ticchettato- per poi esplodere trascinando con se mille altre esplosioni, senza sosta, senza respiro, l’aria era il caos, si cercava il caos per respirare, il contatto che risucchia e trascina e vorticosamente travolge. Sono bastate Lights e Bones per trasformare il Piper in un contenitore ufficiale di atomi impazziti e delirio allo stato puro. Musica ed energia cinetica. Bambini, non provatelo a casa.
Tom Smith, leader della band, stava sul palco come un attore Shakespeariano. Il microfono come teschio dell’Amleto. Muove le mani a raccontare una storia, a plasmarla nell’aria. La chitarra al collo come una ballerina di tango che si tiene al suo collo con le braccia sensuali si un’eterna danza.
Cresce l’emozione su When Anger shows, le prime note del piano leggere, dietro le spalle la chitarra, diventa il bagaglio di un menestrello a risposo. Quando poi il suono cresce lascia i tasti, riprende la chitarra, sale sul pianoforte. Tom e sembra un pirata che dalla nave avvista lontano la terra. Il contatto emozionale è alle stelle. Si potrebbe morire ora sotto il bombardamento dei sensi e delle emozioni.
L’esibizione coinvolge il pubblico su tutti i livelli, l’interazione è totale: ho visto impiegati senza cravatta battere le mani su All Sparks e fare invidia alle curve dell’Olimpico nel coro innalzato per Blood. Più distruttiva di tutte le altre è stata l’esecuzione di Munich, una delle pietre preziose del primo album, mentre in chiusura le attesissime Smokers Outside the Hospital doors ed Escape the Nest.
Quando il palco è rimasto vuoto e le luci intorno si sono accese nessuno era realmente consapevole di ciò che era successo. Un po’ intontiti come dopo una tremenda sbornia, i ricordi di soli pochi attimi prima non propriamente ricostruibili. Una performance da vera live band, che porta gli Editors parecchi gradini in alto nel Pantheon personale di ciascuno.
“Great public, great people” dice Tom un’ora più tardi a quelli che di noi l’avevano aspettato sul retro del locale per stringergli la mano. Dopo un concerto di così alto livello, ancora più sorprendente è stato notare quanto Tom e i ragazzi sono stati disponibili ad incontrare i loro fan, firmare autografi e distribuire baci alle donzelle di turno. Sorpresi a loro volta del nostro entusiasmo, contenti di aver avuto il massimo, avendo dato il massimo.
Una data indimenticabile sotto ogni punto di vista. A casa rimane solo il lieve senso di colpa di non averci creduto fin dall’inizio, ma poi penso che è stata proprio la sorpresa a rendere tutto così eccessivamente forte. Bravi ragazzi.
Autore: Olga Campofreda
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