Più che il calore del pubblico immagino che di questo concerto fiorentino Robin Proper-Sheppard ricorderà il calore punto e basta: “It’s really really hot” commenterà il leader dei Sophia ad un certo punto dello show… Giornata caldissima a Firenze e serata quasi estiva: dopo cena per strada ci saranno venti gradi e all’interno del Sintetika almeno dieci di più, con l’aria che diventa sempre più irrespirabile man mano che l’afflusso degli spettatori aumenta senza che le piccole finestre del locale riescano ad immettere l’aria che fuori va pian piano rinfrescandosi. Il pubblico è senz’altro molto numeroso, ma come capita sempre più spesso ai concerti lo spettacolo in cartellone diventa occasione mondana di incontro più che evento musicale da seguire nel rispetto di tutti, artisti e persone paganti: prime file decisamente attente e coinvolte, seconde file meno concentrate per non dire distratte al punto che tra un pezzo e l’altro o quando il volume delle chitarre va abbassandosi il brusio di sottofondo e i chiacchiericci consumati qua e là risuonano costanti e piuttosto fastidiosi.
Nonostante questo io riesco fin da subito ad entrare in pieno clima concerto, e non poteva essere diversamente vista la tripletta calata in apertura: “I left you”, “If only” e “Swept back” sono tre classici del repertorio della band, stasera schierata in formazione a sei, con la chitarra di Robin Proper-Sheppard affiancata da altre due chitarre, basso, batteria e tastiere (più all’occorrenza basi programmate su pc portatile). Come sempre di assoluto valore la prestazione al microfono di Robin, la cui voce calda e vibrante continua negli anni ad emozionarmi come poche altre, e azzeccatissima la scaletta, che pesca a piene mani da tutte le tappe della storia dei Sophia andando a ritroso nel tempo fino a “”Fixed water”. Spazio ovviamente anche alle canzoni dell’ultimo album “Technology won’t save us”: sfila senza lasciare troppo il segno “Where are you now”, ben più incisive “Pace” e “Lost”, mentre “P. 1/P. 2 (Cherry trees and debt collector)” diviene vero e proprio motivo conduttore del concerto visto che il gruppo decide di eseguirla per ben due volte a distanza di pochi minuti.
Qualche piccola imperfezione tecnica – Robin che in due occasioni attacca a cantare leggermente fuori tempo, il laptop che fa le bizze e ad un certo punto “spara” la base sbagliata – non vanno ad intaccare la bontà di un concerto lungo quasi due ore nel quale il gruppo si dimostra comunque molto affiatato e capace in più di un’occasione di gettare nuova luce sui brani proposti: sottolineo una “Oh my love” tutta punteggiata di palpiti elettronici, una “I’d rather” più guizzante e nervosa di quanto siamo abituati a sentire su disco e, a chiudere il set prima dei bis, un’eccellente versione di “The river song” che vede il tastierista imbracciare una quarta chitarra elettrica per unirsi alle altre tre nella costruzione di un poderoso muro sonico. Per la verità non troppo incoraggiati dagli applausi del pubblico – forse già appagato, forse talmente sfinito dal caldo opprimente al punto di desiderare solo una boccata di aria fresca – i Sophia risalgono sul palco per i bis di rito: prima “Within without”, dedicata da Robin Proper-Sheppard alle ragazze in sala, e poi il pathos di “So slow” trascinato lontano dalle onde elettriche di “The sea”.
Autore: Guido Gambacorta
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