Un vento inaspettato proveniente da nord ed una pioggerellina insistente sono lo scenario climatico perfetto per accogliere i Mogwai in città. A completare la cornice ci pensano un pubblico numeroso, le telecamere di MTV, che insieme al banchetto dell’immancabile sponsor e al microfono della vj Paola Maugeri presenziano la seconda data delle Brand:New Nights, e ben due gruppi di supporto in programma.
Ad aprire le danze già intorno alle 21,30 sono i Magnificents, quartetto scozzese che propone un punk-rock decisamente virato verso l’elettronica. Questa almeno l’idea di base, che si traduce però in brani piuttosto fiacchi e per niente eclettici, non alimentati a dovere da un batterista già di per sé poco ispirato e per di più penalizzato da un impianto che spara ad alto volume solo tastiere e sintetizzatori. I due cantanti cercano di rivitalizzare il tutto, ma nella migliore delle ipotesi sembrano una versione di John Lydon sotto sedativo, e il pezzo strumentale di chiusura è un rock’n’rave scontato, buono forse per far ballare i volenterosi a qualche festa liceale quando ormai anche l’ultima bottiglia di vino è stata scolata.
Va molto meglio con i nostrani Super Elastic Bubble Plastic, i quali alternano senza soste brani del loro primo fortunato disco “The Swindler” ad altri estratti dal nuovo lavoro fresco di stampa “Small rooms”: proiettili garage-rock sparati tra stop’n’go e repentine ripartenze (“Double party”, “My emotional friend”), brani articolati su grattugiate di basso (“So shy”) e ritornelli urlati su saturazioni noise costituiscono gli apprezzati ingredienti di un set carico di energia.
Gli orologi segnano qualche minuto dopo le 23 quando è il turno degli attesissimi Mogwai: dove si colloca la band di Stuart Leslie Braithwaite e soci dopo dieci anni di attività? Esattamente lì dove dice l’ultimo disco “Mr. Beast”, tra i crescendo poderosi di “Young team” e “Come on die young” da un lato e le placide atmosfere squarciate da lampi sonici di “Rock action” e “Happy songs for happy people” dall’altro. Ripercorrendo le varie tappe della loro carriera, i Mogwai puntano su questo gioco di contrasti fin dai primi minuti del loro live, quando le sillabe vocoderizzate di “Sine wave” lasciano il posto al magma sonoro di “Mogwai fear Satan”. “Hunted by a freak” e “Friend of the night” sono momenti di sicura suggestione anche dal vivo e se il chiacchiericcio di sottofondo della sala disturba la resa di “Take me somewhere nice”, ci pensano la lancinante “Killing all the flies”, l’assalto lanciato con “Travel is dangerous” e il riff sabbathiano scolpito in “Glasgow mega-snake” a riempire la Flog di elettricità. Chirurgico Martin Bulloch dietro la sua batteria e glaciali gli altri componenti della band nell’annichilire la platea sotto cascate di feedback per un concerto che volutamente vuol farsi “spettacolo” non tramite artifici (l’unica scenografia è data da colonnine luminose alle spalle del gruppo sulle quali si accendono ad intermittenza luci bianche o rosse) ma solo attraverso la forza immaginifica della musica. Quella forza immaginifica racchiusa ad esempio nell’ultimo brano, una “Ratts of the capital” che deflagra ed esplode in una tempesta di frequenze scagliate violentemente nei timpani di tutti i presenti, prima che il secondo bis “We’re no here” venga trasformato ancora una volta in rumore, puro rumore che le casse continuano a propagare nel locale quando già il palco è stato abbandonato definitivamente dalla band.
Autore: Guido Gambacorta
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