Siamo poveri, poveri e soli. I gruppi interessanti sono sempre più sparuti, uno o due elementi, perché già sembra arduo trovare un’altra persona con cui condividere note, emozioni; poi pochi effetti, si percuote la chitarra cercando di estrarne tutti i toni, nastro adesivo sul microfono, si suona perfino il pavimento che tanto non costa nulla. Sarà anche un filone, questo low-fi che impazza, ma per me è il segno dei tempi. Certo è che in questo bricolage risaltano le idee, l’essere originali anche senza aggiungere nulla, senza per forza inventare il nuovo, che chissà poi se ancora esiste. Salgono sul nero palco i Bachi da pietra, chiedono di abbassare le luci, sembrano umili ed emozionati, senza quell’aria da dannati che gli italiani assumono appena suonano qualcosa di sofferto: e iniziano con note lente, patite, stremate finché non cadono nel silenzio, a volte le spazzole accarezzano la pelle del tamburo, a volte s’impennano in una pioggia fitta di colpi sordi e pennate violente. Ad accompagnarle una voce languida e affannata, corposa: sul palco c’è odore di lotta, di sesso e dolore, atmosfere stralunate che sembrano uscire da un film di Lynch, sogni che si tingono di incubo e da cui ci si sveglia madidi. Odio le etichette e non le so usare, ma una semplice associazione mi riporta alla mente Badalamenti senza il sax, e una voce a tratti morphinica che sembra uscire da una ricetrasmittente, che sembra sussurrare da un angolo della mente. I testi sono in italiano, finalmente, ma non sempre capisco il cantato struggente e quindi non so se le liriche estremizzino un’intimità profonda o solo oscura e confusa: certo sono ottimamente saldati alla musica, e mi piacciono gli scenari che tratteggiano, che mi suggeriscono.
Leggo le note di presentazione, per riportare i nomi di questa intrigante realtà, Bruno Dorella e Giambeppe Succi, e scoprire che sono al loro lavoro d’esordio, Tornare alla terra (Wallace records). Il resto però mi fa sentire tremendamente ignorante (o solo normale?), forse sono l’unico che ancora ne era all’oscuro: però l’impreparazione mi concede il dolce gusto della scoperta inaspettata, ed è bello uscire nella notte mano nella mano con qualcosa in più.
Autore: Pierpaolo Livoni – foto: Lucio Carbonelli
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