Non sono mai stata ad un concerto di Leila ed è stato strano ma molto molto emozionante. La location è il Piccolo Teatro Studio di Milano al lato del più imponente Teatro Streheler, la cosa curiosa è che questo posto così accogliente in anni passati ospitava quella “fantastica trasmissione” che era Macaco condotta da Alba Parietti.
Intanto le hostess mi fanno accomodare e, come in ogni Teatro che si rispetti, inizia a suonare la campanella che avvisa i ritardatari e i maniaci della sigaretta che il concerto sta per iniziare.
Le macchine di Leila sono su uno sfondo nero, molto teatrale, molto suggestivo. Lei è dietro a tutti quasi come se non volesse farsi vedere. Mi inquieta: è fredda e sembra nervosa, inizia riprendendo pezzi strumentali dalle b-sides (scaricabili dal suo sito internet). E’ impressionante quante macchine ha davanti e la velocità con cui le controlla, rimanendo sempre precisa anche nei passaggi più complessi, che la sua musica offre senza riserve.
Il suo modo di suonare mi dà l’impressione che lei lasci liberi di vagare per la sala molti dei suoni prodotti e poi li riprenda, attraverso un sapiente uso del mixer, per non farli scappare del tutto. Il concerto è un’insieme di elettronica direttamente riconducibile a cose fatte in casa Rephlex (per cui è uscito il suo unico album “Like Weather” nel lontano 1998) o in casa Warp (da ricordare la sua collaborazione al primo disco dei Plaid) con moltissimi campionamenti di strumenti classici suonati da lei in persona.
Infatti Leila, iraniana di nascita e londinese d’azione, è un ex studentessa della Statfordshire University (chi è più vicino a materie come l’acustica saprà che tipo di università è), che dopo un po’ decide di lasciare, per andare a suonare le tastiere e a fare la produttrice di rumori con Bjork.
Lo spettacolo è un’avvicendasi di cantanti e musicisti di tutte le razze e di tutti i colori.
Entra in scena Ana Paul, vestita di rosso, sembra una bambola diventata grande e fuggita dalla sua scatola di giocattoli che delizia il pubblico con voce sensuale ed energica. Scherza con Leila, e lei risponde con il suo modo di fare un po’ duro un po’ nervoso.
Luca Cantucci è uscito fuori dagli anni ‘50, un modernissimo Frank Sinatra, riempie il palco e scherza col pubblico per stemperare la tensione dovuta a qualche problema tecnico con l’hardware. È piacione Luca, in italian mood, e si becca vari commenti da parte del pubblico femminile che vorrebbe averlo come compagno in una cenetta romantica.
Singole apparizioni le fanno una cantante di colore con immancabile dreadlock e voce caldissima, una clarinettista cinese ed un violista afroamericano che sembra sia alla sua prima apparizione in pubblico.
In compagnia della viola e del clarinetto, Leila abbandona le macchine per sedersi al piano…..Deliziose suite orchestrali anche se un po’ pretenziose a mio parere.
I visual, immancabili, rendono il tutto molto relaxing e la serata scorre via. Esco dal teatro dove Luca Santucci chiede a tutti com’è stato il concerto in un italiano stentatissimo.
Carino però questo Luca… Vorrei ammazzarlo, questo Luca…
Dopo questo conflitto di interessi lascio la piazza del teatro per addentrarmi, col mio fedele ciclo, nel parco sempione verso casa…mi assale quella calda sensazione di leggerezza che solo un concerto soul può regalarmi.
Autore: Brandy Alexander
www.leilamusic.co.uk