Ero un po’ perplesso, in verità. L’enfant-prodige del pop norvegese arriva in città, ma da solo. Senza band, accompagnato solo ed esclusivamente dalle sue chitarre. Un po’ presuntuosa, come scelta.
Eppure il biondino poco più che ventenne, nei primi dieci minuti di concerto è capace di sciogliere come neve al sole i miei pre-giudizi. La sua voce e la sua chitarra “riempiono” magicamente gli spazi, arrivano in ogni angolo del teatro con un’intensità che non ti aspetti, con una forza che mai avresti associato all’immagine – un ragazzino gracile, una chitarra e un microfono – che hai davanti.
Ma Sondre – si sa – ha talento, e le sue canzoni sono ispirate e profonde, e restano perlopiù intatte nella loro semplicità solo apparente anche in questa veste così “spoglia”.
E poi il ragazzo – oltre ad avere indiscutibile doti sia come cantante che come chitarrista – sa tenere il palco manco fosse il più navigato degli entertainer: scherza col pubblico con le tre parole in italiano che ha imparato, è auto-ironico (fa notare quanto sia patetico cantare da solo “Modern nature”, nata come duetto con l’amica Lillian Samdal), si diverte (e diverte) con la presentazione dei pezzi e la loro “catalogazione” (pezzi malinconici e romantici vs pezzi divertenti e “rock”) e ricorda, presentando nel finale la splendida “Sleep On Needles”, la sua esperienza in playback di qualche anno fa al Festivalbar…
Le canzoni di Lerche hanno un gusto “antico”, pur suonando freschissime. La passione per il pop nella sua accezione più classica è palesata da cover come “Moonlight Becomes You” di Bing Crosby (acappella, francamente un po’ melensa) e “Toledo” di Elvis Costello e Burt Bacharach. Purtroppo a volte, ascoltando sopratutto i brani tratti dal suo ultimo LP ri-arrangiati in questo modo, si sente la mancanza di una band: la splendida “Two ways monologue”, ad esempio, ne esce a dir poco distrutta da un’interpretazione affrettata
e inspiegabilmente “approssimativa” (Sondre spezza anche una corda della chitarra). Il finale del concerto subisce il peso inevitabile di una formula tanto “spartana”. La stanchezza, comunque, sembra l’accusino in pochi, considerando gli applausi calorosissimi di un pubblico veramente entusiasta.
Autore: Daniele Lama