Meno male che stavolta non mi sono dovuto sobbarcare della solita trasferta milanese o bolognese per gustarmi un concerto come si deve (se a Roma è difficile, a Napoli non ne parliamo proprio). Problemi logistici hanno fatto sì che l’esibizione prevista in un primo tempo all’Horus sia stata spostata al Qube, locale capitolino su tre piani, l’ultimo dei quali adibito a sala concerti. La fredda ambientazione fatta di strutture in metallo con tanto di soppalco che passa sulla testa degli spettatori(bello vedere lo stesso Lanegan lì sopra, incitare a viva voce l’amico Nick Oliveri durante il set di quest’ultimo) è stata ben presto riscaldata dal folto pubblico accorso. Verso le dieci e mezza Nick Oliveri, “armato” di sola chitarra acustica, ha aperto le “danze”(?) concedendo una virulenta mezzora di repertorio dove sono confluiti pezzi inediti, brani dei Mondo Generator e dei Queens Of The Stone Age. Un’ottima prova simil-unplugged che ha mostrato il lato meno conosciuto del barbuto rocker d’oltreoceano. Come già all’Independent Days di pochi mesi prima, nei bis finali, è stato raggiunto sul palco da Lanegan per duettare sulle note di “Four Corners” e “Autopilot”, confermando in tal modo la stretta amicizia che intercorre tra i due. Un inizio di serata scoppiettante che ha aumentato l’attesa per il ritorno on stage dell’uomo di Ellensburg e della sua band. Ed eccolo l’ormai quarantenne Mark posizionarsi dietro il microfono con l’usuale espressione “seriosa” di chi ne ha viste e vissute tante nel corso della propria esistenza. Partono in quarta il nostro e suoi fidi, Brett Nettson (chitarra), Norm Block (batteria), Michael Barragan (chitarra), Ed Nappi (basso), Shelley Brien (cori), proponendo una “Sideways In Riverse” ancor più tirata che su disco (“Bubblegum”, l’ultima e splendida fatica discografica di Lanegan, ndr). In effetti, la prima parte dello show (espressione forse fuori luogo per un artista come lui, scarsamente istrionico) evidenzia un’attitudine che lascia da parte le raffinatezze strumentali dei lavori in studio, propendendo al contrario verso un impronta rock catartica ed ottenebrante. Le seguenti “Hit The City” e “Wedding Dress”, ad esempio, in un simile contesto perdono qualcosa sotto il profilo “estetico” ma ne guadagnano in quanto ad impatto sonoro. Canzone dopo canzone l’ugola di Lanegan si riscalda a puntino, emergendo a pieno durante le esecuzioni “One Way Street”, “No Easy Action” ed altri episodi del suo recente passato. L’apoteosi, però, viene raggiunta dalla magnifica rilettura di “On Jesus’ Program”, durante la quale le vene del collo di Mark sembrano quasi esplodere, tale è la passione che vi mette nel interpretarla. Un momento indimenticabile e peccato per chi se lo è perso. Mentre stento a riprendermi, passano in sequenza pochi pezzi prima che una tellurica “Methamphetamine Blues” (con il redivivo Nick Oliveri ai cori) faccia da temporaneo commiato dagli spettatori sempre più rapiti da cotanta grazia. Pochi minuti e la sola band torna sul palco eseguendo la strumentale “Blues For D”. Dopodiché la Brien viene in soccorso dei colleghi, cantando “Strange Religion” senza l’ausilio del suo mentore. Una piccola occasione per mettere meglio in mostra le qualità canore di cui dispone. A conti fatti, tuttavia, la sua presenza, avvenenza fisica a parte, non ha lasciato granchè segno di se. Finalmente anche Lanegan riprende il suo posto ed introduce i membri della band onde tributargli il giusto saluto dei presenti (in assoluto è il sesto concerto che gli ho visto fare e stasera, piccoli episodi come questo, mi hanno dato la netta sensazione che i suoi demoni siano sempre più un lontano ricordo). “Sleep With Me”, “Gospel Plow” (un sentito omaggio ai vecchi compagni d’avventura degli Screaming Trees”) e “Fix” sono le ultime perle concesseci. Mark ringrazia e va via mentre i musicisti continuano a suonare in assoluta libertà. Purtroppo anche questa volta il suo concerto è finito mr Lanegan ma, alla prossima occasione, saremo nuovamente presenti a renderle il dovuto omaggio per le intense emozioni che sa regalarci.
Autore: LucaMauro Assante