Mi piace chiamarla passione politica (oltre che rock’n’roll, ovvio) il motivo che mi ha spinto, senza esitazione alcuna, alla trasferta milanese per l’unica data italiana de Le Tigre. E dire che Milano mi ansiolizza sempre. Mi inquieta dal momento in cui scendo dal treno. La detesto nella mezz’ora di macchina che ci separa dal Rainbow. Mi inquieta e mi fa grigia.
Il rainbow è un locale vecchio stile, tetto basso e luci cupe. E’ venerdì, ma il locale è già pieno (non del tutto, in verità) e in attesa alle 21.30. A Milano i concerti iniziano all’ora delle galline anche nei fine settimana. Mah.
Su Violetta Beauregarde posso solo esprimere rispetto in quanto ragazza incazzata. La sua musica non è proprio il mio genere e fosse stato un uomo me ne sarei del tutto disinteressata. Ma è una donna che urla piegata sulle sue macchinette. E allora mi fa sorridere. Ce l’ha con certi uomini e con le “fighe di legno”. D’altronde, lei che è più nota come italian suicide girl con lo pseudonimo di aiki, di motivi per sputare sugli uomini ne avrà un po’: “I get naked on the net to earn some money, improve my low self esteem, meet cool chicks to make out with and get blamed by all the latent omosexual netgeeks italian hardcore punk heroes”, si legge sul suo sito.
Kathleen Hannah esplicita la sua stima “Thanks to violetta, she’s fucking awesome”. Insomma, ci siamo capite.
Le Tigre salgono sul palco tra i boati del pubblico e tirano subito un colpo bassissimo: aprono con “Deceptacon”. A Milano la gente sembra felice, ma perché cazzo balla così poco? Mah.
Il live set è molto intenso. Mi godo gli anthem sbattendo la testa, dalla chiamata alle femministe di “F.Y.R”. a “The the empty”. I pezzi nuovi mi sembrano un po’ più elettronici. Jd è una creatura splendidamente meravigliosa. Le urla delle donne in sala sono quasi tutte per lei, che sorride imbarazzata. Mi sembrano un po’ più burlone rispetto a due anni fa. Vestite in maniera improbabile, colorata, con passamaneria dorata, inscenano balletti dalla precisa coreografia. Mi danno un’impressione Chicks On Speed che non avevo notato due anni fa. Cazzoneria&politica. funziona molto bene. Per improcrastinabile pipì da birra mi perdo il pezzo dedicato alle lesbiche, con domanda “Are there any lesbians here?” e prevedibile boato di parte del pubblico. Peccato. immagino che il pezzo fosse “Viz”, visibility, dall’album che sta per arrivare. E che, ho già deciso, mi coinvolge più di “Feminist sweepstakes”, sebbene più ammiccante alle sonorità electro-eighties che tanto vanno di moda ultimamente.
Alla fine del concerto, noi vecchie signore tra i 30 e i 40 concordiamo sul fatto che Kathleen è invecchiata. Non parlo di energia o modalità, ma proprio di rughe. Mi consola vederla saltellare sul palco con quel paio di anni che ha più di me.
Nettamente opposto al nostro sarcasmo il giudizio super-entusiastico delle giovani leve. Due lesbiche ventiduenni conosciute la sera stessa e con le quali mi sono trovata a fare le quattro in chiacchiere politico-femminista-lesbico-comunitarie. Bello vedere che di ragazze arrabbiate e interessate ne esistono ancora.
Autore: Olivia Pinto