Alla fine, il tanto atteso duetto non c’è stato. Se ne parlava da settimane, su internet e dintorni, come di un evento unico, probabilmente irripetibile. Eppure deve essere saltato qualcosa, alla fine, oppure era una tutta una bufala sin dall’inizio, chissà. Sta di fatto che l’incontro fra due delle maggiori icone del rock odierno è sfumato, e con lui le aspettative delle migliaia di persone che affollavano il Palaterme, giunte a Fiuggi da tutta ogni angolo d’Italia.
Ecco, Fiuggi. Felice la scelta di ospitare uno show del genere proprio in un luogo centrale e facilmente raggiungibile (eccezionale, fra l’altro, il centro storico), forse meno quella di farlo coincidere con il congresso di un partito governativo, dando vita ad una straniante commistione fra truppe cammellate, con permanente a prova di tifone, e ragazzini multicolor, con diversi buchi in più di quelli forniti loro in origine. Pessima, invece, si è rivelata la politica dei prezzi attuata dall’organizzazione, con tutto ciò che ne è conseguito. Se è comprensibile che lo scopo di un imprenditore sia quello di ottenere un guadagno dalle attività intraprese, ciò che non mi convince per niente è questa tendenza ad imporre diversi ordini di posti a sedere per un concerto rock, piuttosto che il posto in piedi, come ai bei vecchi tempi.
Il risultato, di solito, è che molti dei posti di prima e seconda fascia rimangano invenduti, causa prezzi non propriamente popolari (nello specifico, 66 e 44 euro) e che quelli del terzo settore vengano esauriti in brevissimo tempo; e che, come è avvenuto in questo caso, da dietro si spinga fino a sfondare e ad invadere ogni spazio…tutto ciò nell’inerzia della security e dei carabinieri presenti, e con sommo gaudio di chi aveva pagato un capitale per trovarsi davanti una muraglia umana. Pessima l’organizzazione, dicevo, ma, converrete, criticabile anche chi rendeva impossibile la visione del concerto ai propri vicini, scatenando simpatiche risse sotto il palco.
Patti Smith. Definirla incazzata è poco. Trovatemi una che, in quest’epoca sciagurata di veline plastificate, a sessant’anni riesce a trasfondere una tale carica, una tale passionalità, una tale rabbia in tutto quello su cui mette bocca, che siano i più fragili pezzi dell’ultimo “Trampin’” o le perle del passato (‘Dancing Barefoot’, ‘Pissing in a River’). Sputa, si dimena, dedica un pezzo alle due italiane rapite, si dimena ancora, su Gloria attacca un suo personale duetto col pubblico in palese visibilio, probabilmente il momento più alto dell’intera serata. Una bandiera della pace fa bella mostra di sé al centro del palco. Peccato solo per la prova, a tratti imbarazzante, del compagno (nel senso di compagno nella vita) – chitarrista Oliver Ray, che sarà anche un ragazzo prestante, ma con la sei corde ha dimostrato scarsa dimestichezza. Ma alla fine chi se ne importa, eravamo lì per lei. Chi non la conosceva si è perso un pezzo di storia, ma può recuperare ad ottobre, con sei – sette date sparse in lungo e in largo per il paese. Patti Smith, a sessant’anni, non sa cosa sia la ceretta, e a me piace così.
E poi Lou Reed. Molto si è detto di questa anomala formazione, due chitarre e un basso, che Lou porta in giro da qualche tempo. Effettivamente, per chi ha amato i Velvet Underground e il suono tribale di Moe Tucker, ascoltare ‘Jesus’ (grandioso pezzo del terzo, misconosciuto, album dei VU) con una sezione ritmica a metà, lascia sgomenti. Molto si è detto anche dei suoi strumentisti, della involuzione di Rathke alla chitarra e dei cori, spesso fuori luogo, di Saunders al basso, come dell’impiego col contagocce della Scarpantoni alla viola, stavolta comunque assente. Però Lou Reed oggi è questo, prendere o lasciare, la sua via al rock l’ha tracciata e continua a tracciarla ogni sera, reinventando pezzi del passato recente (splendida la versione di ‘Ecstasy’, come pure l’assolo distorto in coda a ‘Why Do You Talk’), e regalando al pubblico la sorpresa di ‘Nobody But You’, eseguita dal vivo pochissime volte. Svogliate, come gli accade da un po’ di tempo a questa parte, ‘Sweet Jane’ e ‘Satellite of Love’, suonate perché si deve, non perché le si sente. Non il migliore Lou, va detto, sicuramente meno in forma di quello ammirato a Palermo ad inizio agosto, dove con la band al completo aveva, per un attimo, abbandonato la sua leggendaria ritrosia per tornare sul palco per ben due volte, invocato a gran voce dal pubblico.
Ma, signore e signori, è sempre il rock’n’roll animal.
Autore: Andrea Romito