Marco Parente è un artista di talento.
Non si ci vergogni a definirlo un cantautore. E’ infatti autore di testi personalissimi, espressivi di un immaginario unico nel panorama italiano: complessità poetiche con brillanti incursioni nell’attualità meno scontata (“Il Fascino del Perdente”).
Ha una voce unica, spesso paragonata addirittura a quella di Jeff Buckley, che vibra e sconquassa (“L’inseguimento Geniale”), tanto sublime da insospettire. Invece non c’è trucco: il pedale del tremolo lo usa solo per la chitarra.
E’ anche un sapiente percussionista (gia in tour coi C.S.I. di Tabula Rasa Elettrificata) e mette in pratica questo know-how imbastendo brani dalle ritmiche strabilianti, culminati con un momento di teatro: un “assolo” di sedia, battuta ritmicamente contro le assi del palco.
E’ mancino, ma non inverte l’incordatura delle sue chitarre, come normalmente converrebbe, così facendo stravolge il sistema armonico, salta la convenzione degli accordi ed ogni mossa sullo strumento è una invenzione (“Trasparente”).
Ha una band esemplare per preparazione e creatività.
Ha comunicativa e presenza scenica, cosa che nei suoi dischi non traspare, probabilmente per scelta, ma che dal vivo si rivela in una contagiosa ed intelligente interazione col pubblico (“W il Mondo”).
Fino a pochi anni addietro il suo talento è stato piuttosto misconosciuto, ultimamente, grazie anche alla produzione Mescal, si è creato uno zoccolo duro di estimatori che lo hanno seguito in questa rocca medioevale a Guardia Sanframondi per il primo giorno del Six Day Sonic Madness.
Prima di lui sul palco si sono avvicendati i Mersenne da Bologna, gli straripanti Valderrama 5, ormai una presenza costante del panorama festivaliero indie, con le loro gag da crociera, con tanto di baristi e camerieri al seguito. Esaltano un pubblico fino ad allora un po’ freddino, suonano molto bene, cantano non altrettanto, ma per una volta si beve gratis. Offrono i Valderrama, che chiudono la loro performance stappando champagne sul sottofondo di una mitica, insopportabile base midi di tastiera da pianobar.
Ed ancora i The Juniper Band da Bologna che presentano il loro prossimo album “Time for Flowers” in uscita per settembre. Una buona miscela di space e psichedelic rock e songwriting, con soluzioni musicali a base di intrecci di chitarra ed di stati alternanza di quiete e rabbia.
Con Marco il discorso è diverso, sempre in bilico tra elettronica ed acustica (nello stesso anno ha riletto il suo repertorio prima col contributo di una big band di ottoni, poi con un folle progetto di rmx in cui ha ridotto ogni suo brano in “Pillole Buone” di 10 secondi l’una) immerge lo spettatore in una zona di confine tra questi due mondi.
Sa essere delicato e travolgente, i suoi pezzi sono molto complessi, ma suonano chiari.
In un’ora di concerto viene abbracciata buona parte della carriera del nostro, da “Il Mare si è Fermato” nella splendida rilettura di Stefano Bollani, alle più recenti “Farfalla Pensante” e “Anima Gemella”.
Sarebbe il momento dei bis, Karma Parente, suo brano cult, è gia nell’aria, ma purtroppo deve finire bruscamente la festa, quando si manifesta d’un tratto un vigile dalle fattezze simili a quelle dell’indimenticabile collega Vito Catozzo ad intimare la fine del concerto, per sopravvenuti limiti di orario, alle 0.30, il 29 Luglio, in un paesino di poche anime.
Ma Marco ed i suoi non si lasciano demoralizzare dalle minacce della Municipale, così, incitato dal pubblico, giusto il tempo di montare un minuscolo ampli da 20 W, ed accompagnato all’oboe dal suo geniale strumentista, regala una indimenticabile versione acustica di “Trasparente”, senza microfoni, solo la nuda voce da brivido.
Autore: PasQuale Napolitano