Per mettersi in macchina da Napoli o da qualsiasi posto dei dintorni in un caldo pomeriggio di fine Luglio, fare svariate decine di kilometri per arrivare in questo paesino dell’entroterra sannita ci dev’ essere per forza una buona ragione.
Questa sera la buona ragione era Emidio Clementi; colui che con l’esperienza musical-letteraria dei Massimo Volume, secondo alcuni ha fornito uno dei primi esempi concreti di quella musica che è stata poi definita post-rock, secondo altri, più concretamente, ha avuto il merito di reinventare la musica d’autore (con la A maiuscola) italiana. Non è un caso infatti che oggi comporre canzoni alla Massimo Volume sia per molti musicisti una pratica espressiva abituale. Per certuni è inipotizzabile ormai anche scrivere una canzoncina sulla ragazza che li ha lasciati senza virare il tutto in una storia di estremi paradossi e tirare conclusioni argute sfoderando la solennità declamatoria del Clementi.
Il Clementi, come gli autori che si studiano a scuola, di cui si ha soggezione.
Per una generazione di musicisti infatti è un maestro, i Giardini di Mirò lo hanno voluto interprete del video del loro brano più popolare: “Pet Life Saver”.
Qui a Guardia Sanframondi propone il progetto El Muniria, che si distingue dalle esperienze del passato per un approccio musicale più elettronico, trip-hop e per una comune struttura testuale molto meno enfatica, più discorsiva, con perfino qualche accenno al cantato.
Ma questa terza serata del Six Day prima dell’ esibizione della band targata Homesleep, è teatro di un’ altro paio di prove interessanti.
Quella del trio rock dei bolognesi RED WORMS FARM, che animano la serata con la loro energia animalesca, la produzione di Giulio Favero,ex One Dimentional, si sente, ed a tratti la somiglianza con l’altro trio rock dell’ indie italiano è forse troppo marcata.
E quella del duo XABIER IRIONDO – PAOLO CANTÙ che portano avanti il discorso cominciato negli “A Short Apnea” insieme a Fabio Magistrali (oggi produttore per la Wollace): musica sperimentale di stampo contemporaneo, con rimandi agli universi de Kraut Rock e dell’ elettroacustica. Meditatissima, a tratti devastante, anche molto scenografica.
Il tipo di musica che l’uomo della strada ha gioco facile a definire rumore. Invece consiste in un esercizio notevole portato avanti da due musicisti colti ed appassionati con dalla loro una cura dei suoni raramente apprezzabile nell’opera di altri artisti “estremi” pari loro.
Gli El Muniria fanno la scelta intransigente di eseguire solo i brani del proprio album, praticamente nell’ordine, senza nessuno stravolgimento live, ne concessioni al passato.
All’inizio si rivela una scelta che paga. Con “Santo”, “Shalimar Hotel” , “Stanza 218” è un inizio da brivido. Al termine di “Santo” (“ma c’è ancora una cosa che ho da dire: tutto ciò che separa è santo”) sono tutti frastornati, rapiti. Con “Fermati Qui”, “Fino in Fondo” e soprattutto “Sotto il Sole” si prosegue su ottimi livelli, senza appiattimenti ne banalità, ma senza la carica affabulatoria del principio.
Comunque tutti i brani escono rinvigoriti dalla cura live ed il merito è, oltre che della presenza solenne e maledetta di Clementi, della raffinatezza e varietà di soluzioni adottate dal Dub Master-Produttore (lui neanche si definisce un musicista) Massimo Carozzi:splendidi synth, loop, materiale da dj; un lavoro eccellente per sensibilità che da corpo ai brani senza mai eccedere. Spesso in chiave Trip-Hop, altre volte con bit Vintage o tendenti all’Ambient.
C’è chi giura di aver visto Emidio Clementi girare prima del concerto a chiedere spiccioli per comprare una birra. Sono spesso i miti, seppure molto di nicchia, ad attrarre su di se le leggende.
Autore: PasQuale Napolitano