Ansia, disperazione, coazione a ripetere, anomia, senso del vuoto. Si sa, è la musica contemporanea.
Ci si sforza a trovarne il senso, primario o laterale, denotativo o connotativo. Ma è proprio questo il bello, la ricerca. Che meglio riesce se l´opera è meno chiusa, magari non definita nei rituali quattro quarti rock.
Questi due compositori, comunque diversi tra loro, hanno entrambi avuto l’abilità di creare dimensioni parallele dove lo spettatore/ascoltatore è libero di spaziare a piacimento.
Sono scricchiolii, scalpiti, screpiti quelli di Luigi Nono, compositore italiano estremamente impegnato anche politicamenente, fedele al metodo dodecafonico, che ha anche saputo condire con le ultime sperimentazioni elettroniche fino al 1990, anno della sua morte.
L’opera in questione ha l´impervio titolo: “La lontananza nostalgica utopica futura, madrigale per più caminantes” del 1989. Consiste in sei tracce di violino eseguite dal vivo, consecutivamente da più performers in sei posizioni diverse della sala, spostandosi di volta. Intanto i violini fraseggiano con persistenti suoni elettroacustici pre-registrati e selezionati al momento da un altro musicista, versione colta del Dj. Gli spettatori intanto sono anch’essi al centro della sala, sullo stesso piano dei musicisti, immersi nei suoni. Diverso il discorso per l’opera di La Monte Young. Leggendario sperimentatore, che negli anni ’60 a New York insieme a Marian Zazeela, Dan Flavin, Walter de Maria e nientemeno che Andy Warhol dette vita al movimento denominato dal New York Times Dia Generation. Celebri alcuni suoi esperimenti: negli anni ’80 perse un dito facendo detonare delle bombe in un concerto in pieno deserto americano.
Qui a Berlino viene eseguito “Abstract#1” da “Quadrilateral Phase Angle Traversals with Dream Light” lavoro recente per violoncello solo.
E’ un’opera sofferta, che trae la propria forza nella fluida ripetizione di due note basse in loop unita alle infinite, minime, ripetitive variazioni effettuate dall’esecutore, utilizzando tutte scale della stessa intonazione, metodo risalente alla musica medioevale.
Sulle prime l’opera è dura, e nemmeno originale. Le potenzialità della ripetizione Eric Satie e John Cage, da un pezzo che le hanno gia sperimentate, e bene. Chi la chiama ancora musica sperimentale ne capisce meno di chi ascolta Britney Spears.
Allo stesso tempo, però, è un fluire lento ed inesorabile, che rapisce e, anche grazie al lavoro sulle luci eseguito dal sodale di lungo corso Marian Zazeela, trascina, anche contro voglia, e trasforma.
La musica di La Monte Young ha in effetti una componente rituale che la lega in modo diretto con le esperienze Beat più vicine alla trance, ad esempio gli aiku di Allen Gilsberg. Musica sempre più impalpabile, il suono diventa punto nello spazio, una vibrazione, un solo inquietante tremolio, la cui fine non si percepisce; potrebbe addirittura non finire.
Un’ esperienza per più versi irripetibile. Il concerto faceva parte di Maertz Musica, “Festival für aktuelle musik” evento maiuscolo, con concerti, happening, installazioni legate alla musica contemporanea, con un cartellone diviso in due parti. Una, “Ives & Consequences” più legata alla musica contemporanea in senso stretto, di cui questo concerto faceva parte, l’altra “Sonic Arts Lounge” più tesa verso la sperimentazione elettronica, concerto di punta di quest’ultima sarà un omaggio a Erkki Kurenniemi, pioniere dell’elettronica, autore anche di molte musiche per le mitiche console Atari.
Autore: PasQuale Napolitano