Quella del Roy Hargrove Quintet è una miscela che per due quinti ascoltai nel mitico concerto del vibrafonista Bobby Hutcherson tenutosi al Teatro Manzoni qualche anno fa, dove appunto alla batteria sedeva Karriem Riggins, e alla tromba il rastone del jazz Roy Hargrove.
Oggi Roy assieme a Riggins, ha tirato su un quintetto di tutto rispetto con al sax alto Justin Robinson, al basso Dwaine Burno e al piano Ronnie Mathews.
Un progetto lineare molto particolare, intriso di sonorità per lo più hard-bop e di forti individualismi classical jazz.
Davanti ad una platea non proprio numerosissima (è lo spettacolo delle 23.30 del primo dei cinque giorni, quindi è lecito!) Roy e company si divertono ad indirizzare il proprio sound verso tematiche non troppo complesse, figlie di un jazz che deve tutto ai maestri del be bop.
Sono lunghi treni di note quelle che fuoriescono dal sax di Robinson, e sono alti i contenuti stilistici che Roy riesce a sintetizzare, un duetto che si sfida nella reciprocità del divertimento, profumatamente arbitrati dal rullo compressore di Riggins e dalla tenacia ritmica di Burno (la sua è una fatica materiale riconoscibile dallo sguardo!) e con la mano vellutata e tatumiana (da Art Tatum, va bene Antonio?) del più anziano del gruppo Mathews.
Momenti di classicità non mancano, anzi sono la spina dorsale del progetto di Roy, che non dimentica che, oltre ad essere un tutore del jazz più puro, è da un po’ di tempo il “baronetto” coccolato da stelle del firmamento popular soul (ricordiamo la collaborazione con la Badu e con D’Angelo).
Quest’attitudine a “intromettersi” negli affari musicali altrui, fa di Roy un perfetto musico contemporaneo, aperto a vari progetti è disponibile a collaborazioni mirate.
Un sognatore dal timbro musicale d’orato, che rispetta in silenzio e quasi estasiato, il “lavoro”infinito che risiede nelle meccaniche iperveloci di Robinson (il rastaman è sempre ad occhi chiusi e fa timidi sorrisi d’apprezzamento!).
Uno spettacolo nel jazz, nei lumi impolverati dei suoni del be bop, e nelle atmosfere delicate di un sound di piacevole malinconia.
Autore: Luigi La Delfa