Lentamente se non sei un grande nome, ma prima o poi le notizie girano. E’ della scorsa settimana, il 5 Giugno, il ritrovamento del cadavere di Robert Quine nel suo appartamento di Soho da parte del suo amico Rick Kelly. La causa della morte del 61enne chitarrista sembra esser stata un’overdose di eroina, forse anche intenzionale, dato il suo stato di depressione conseguente alla morte, lo scorso Agosto, della moglie Alice Sherman.
Quine è stata una figura amata, anche se non di primo piano, della scena avantgarde-(non solo)punk di fine anni 70. Ha collaborato con Lou Reed, Brian Eno, John Zorn, Matthew Sweet, Tom Waits (per cui ha suonato in “Rain Dogs”), Lloyd Cole, They Might Be Giants e Marianne Faithfull, ma è probabile che venga ricordato più come membro fondatore dei VOIDOIDS di Richard Hell. Ciò che conta però è l’esser riuscito a lasciare il segno del suo stile chitarristico fratturato, primitivo e pieno di feedback in ogni disco a cui abbia paretcipato.
Dopo la fine dei Voidoids (di cui si ricorda ovviamente l’avventuroso “Blank Generation”), Quine si è tenuto occupato con svariati progetti propri e numerose sessions per altri musicisti. L’ultima produzione è stata “Lustro”, nel 2002, una raccolta di musica e poesie di Michael DuClos lette da Deborah Harry, Kristin Hersh e altri, per i quali Quine ha scodellato una tappezzeria di chitarra in loop e delay. Nel 2001 la Universal invece aveva pubblicato le sue registrazioni di alcuni show dei Velvet Underground (come primo volume delle “Bootleg Series” di Lou Reed e soci, ancora da continuare), per seguire i quali, grosso fan, si era trasferito nel 1969 dall’Indiana a San Francisco.
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