“Auff!!” è diventato uno dei tormentoni indie del momento; la loro musica è un mix di bassi distorti e sarcasmo, una grande pigliata per il culo, ma fatta seriamente: sono i Management del Dolore Post-Operatorio.
Abbiamo avuto una lunga chiacchierata via chat con Luca Romagnoli, frontman della band, che non si è risparmiato in quanto a provocazioni e riflessioni, che la filosofia non la si fa mica solo in ambito accademico.
Lo aggiungo su Facebook e la prima cosa che noto è l’immagine del profilo: lui di spalle che mantiene all’altezza del suo fondoschiena la foto di un rotondo culo di donna.
Prima di tutto complimenti per il culo. Quando sei pronto per l’intervista batti un tasto.
Grazie mille! Per il culo e per la disponibilità.
Partiamo?
Vamos.
Vuole iniziare da sport, cultura o gossip?
Sport!
Peccato, non ci capisco un cazzo di sport, però oggi mi chiedevo come mai in Spagna continuino a rompere il cazzo nonostante abbiano vinto gli Europei.
E che cosa vogliono? Annullare il debito pubblico per onori sportivi?
Sarcasmo a parte, ma anche no, ti sparo una domanda che si ricollega a quanto sta accadendo in Spagna (e non solo). Avete previsto una crisi globale, mondiale: come ve la immaginate e come la “saluterete”?
Beh, in primis, l’uomo non supererà mai questa crisi finché non capirà che NON è più adatto al mondo del lavoro. L’uomo non può più lavorare, è una macchina obsoleta: spazio ai robot! Il robot è l’evoluzione dell’uomo. A quel punto non resta all’uomo che mangiare, bere e fare l’amore, come gli animali. Con l’unica differenza che l’uomo, dotato di un magnifico intelletto, non farà figli ogni qual volta scoperà come gli animali. Quelle tremende cucciolate. L’uomo si è discostato dall’animale laddove capì che il piacere non è per forza di cose legato alla riproduzione. Insomma, è importante che l’uomo non vada IN CALORE. Co ‘sto caldo, ci manca solo questo. Il mio cane fa a cazzotti tutti i giorni. Che palle.
Più Pinguino De Longhi per tutti.
Pinguino e pinguina, fa lo stesso.
Chissà cosa ne penserebbe il Papa.
Il Papa è single, troppo single per capire. Il Papa non ha mai capito niente di Gesù Cristo, figuriamoci della topa.
Nel vostro lavoro si parla molto di conformismo e di come la gente si adegui a queste logiche. Molto spesso si pensa che la “soluzione” al conformismo sia l’anticonformismo, che si traduce molto spesso semplicemente in un altro tipo di conformismo. Mi pare che in “Auff!!” venga criticato fortemente anche questo tipo di approccio, nelle “critiche” a Baudelaire e Bukowski, che sono fra i maggiori idoli di chi fa dell’anticonformismo (o di quello che si pensa sia tale) il proprio stile di vita: ho interpretato bene il testo e credete che arrivi a un buon numero di persone il messaggio?
Bene! Benissimo, “Auff!!” è proprio questo: la critica non contro l’icona, ma bensì a chi fa di questi personaggi i baluardi dell’anticonformismo di ‘sto cazzo. Come diceva Carmelo, “la sterile disciplina del contrario delle cose”. Semplicemente da quando si nasce non si fa altro che copiare: copiare le parole della mamma e del papà, copiare gli atteggiamenti dei “più grandi”. Che palle. Arrivati a una certa età bisognerebbe pure cominciare a parlare la propria lingua, la lingua delle proprie intenzioni. Basta con Carmelo Bene (sopracitato), basta con Bukowski, Shakespeare, e Stocazio. Mi hanno rotto, me li hanno fatti odiare. “I professori non chiedevano mai se eravamo felici”: tutto qua. C’ha ragione Carboni, il grande Luca Carboni.
Parlando di lingua e linguaggio, “L’eternità non esiste perché non la puoi raccontare”: in queste poche parole è racchiuso in pratica il pensiero di buona parte della linguistica applicata alla psicologia, nel senso che il mondo che noi viviamo e percepiamo si basa solo su ciò che è dicibile a parole (anche se il concetto di “eternità” è cercato di essere spiegato in determinati contesti come quello della fisica). Tornando un attimo al concetto di “conosciuto” in base al bagaglio semantico di un individuo, già Orwell sottolineava come l’assottigliamento dell’uso dei termini e delle forme sintattiche fosse usato come “arma” per più facilmente soggiogare le menti delle masse: SMS e messaggistica veloce tipo quella di internet stanno incrementando notevolmente questo tipo di processi (e Orwell, mi viene da dire, era stato ottimista, in quanto in “1984” si parla di costrizioni materiali, qui da noi invece le costrizioni sono psicologiche, quindi subdole, tanto che le auto-accettiamo). Le religioni hanno aperto a questo tipo di logiche e le pubblicità, il marketing, hanno fatto il resto. Orwell chiude “1984” in modo pessimistico: voi come volete chiudere questa domanda?
Domanda da 100mila dollari. Niente da aggiungere: ci insegnano sin dalla scuola elementare a tradurre anni interi di studio in un “buono”, “eccellente”, o peggio ancora tradurre le capacità di una persona in “8”, “9”, “6” (politico). La velocità va a discapito della poesia, per forza di cose. Per trovare la poesia della vita bisogna fermarsi a guardare. Laddove l’uomo non ha più voglia di cercare il particolare (la fantasia è fatta di particolari [Bukowski]) è un uomo morto.
L’8 di cui cantate (“Il numero otto”).
Si, il numero 8. Si limita a fare il suo lavoro, ovvero rimanere in piedi tra il 7 e il 9. Questo mi fa vomitare. L’uomo ha perso la sua poesia, tutto qui. Come la vedo? Non la ritroverà mai più. Però mi vien da dire “menomale che il grano non piace a tutti gli uccelli”, come diceva mio nonno, il più grande filosofo della storia. Aveva la terza elementare.
Qua da noi si usa dire “si tutti i picciuni canuscissinu u grano”.
Siamo uguali, siamo tutti uguali.
Quindi in definitiva la tua visione sulla società è pessimistica.
La mia visione sugli altri è tragica. La (mia) visione della mia visione invece, è molto ottimistica. L’ho sempre detto: noi non siamo il “mal di vivere” bensì la gioia di vivere male. Penso che la crisi sia il momento più grande della vita di ogni uomo. Sia benedetta la crisi. Io se non sento questo fuoco dentro mi ammazzo. Senza problemi. Io sono un dittatore della libertà. Un Hitler del libero pensiero. Se non mi lasciate in pace ammazzo tutti. Se un tizio non lascia parlare un altro tizio gli sparo. Io voglio vivere in pace, tutto qui. E vorrei che tutti vivessero in pace, e che si amassero tanto di più. E lotto con l’arma più potente che ho: la mia bocca e i suoni dei miei compagni di squadra.
Cos’è per te la libertà, nel senso più ampio del termine?
Non ricordo dove l’ho letto, però sono d’accordo: la libertà non può essere altro che la libertà di dire ciò che gli altri non vogliono sentire. Ovvero la libertà di essere sempre, pienamente, sé stessi. E quando sei te stesso, puoi starne certo, ci sarà sempre qualcuno che non è d’accordo con te, se anche lui è sé stesso (o crede di esserlo). Che poi essere sé stessi è impossibile, lo sanno tutti. Però almeno fare lo sforzo di avvicinarsi il più possibile……
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Quanti puntini. (rido)
Quante cose dice un punto che non dice una parola. Il pensiero è sempre nelle pause. La forza di una frase è nella pausa, è nel suo nascere. Questo ti insegna il vero teatro. Il dialogo non è che la morte di tutto ciò. E la scrittura la morte del dialogo, a sua volta (sempre Carmelo) [parafrasato un po’].
E invece come vivi il rapporto di libertà nei confronti di sé stessi? Nel senso, come hai appena più o meno detto, parlando della quasi impossibilità di essere “sé stessi”, spesso siamo soggiogati da noi stessi e da ciò che ci ha influenzato e ci influenza. E questo mi fa ricollegare a un paio di tue dichiarazioni: “Ragioniamo con la nostra testa o con quella del collettivo?”. E ancora, “difficilmente si riesce a pensare con la propria testa”: tutto ciò forse accade anche perché la gente si smentisce poco, non si mette mai in discussione e non si chiede mai il perché faccia una cosa piuttosto che un altra, dal votare allo scegliere un modo di vestire o un gelato. Perché non riusciamo così facilmente a usare più spesso la domanda “perché?”?
Se l’uomo si fosse mai chiesto “perché?” probabilmente adesso saremmo tutti in paradiso. Oppure tutti vegetariani. Comunque chiedersi “perché?” a mio parere è anche un poco inutile. La verità io la conosco, permettetemi quest’esercizio di superbia, ed è una sola: la verità, date le considerazioni di cui sopra, è nel costante cambiamento. Dato che non si può essere sé stessi e non si può mai pensare pienamente con il proprio cervello (per nascita), allora la costante deve essere il CAMBIAMENTO. Non si deve mai essere niente, oppure non si deve mai essere qualcosa per troppo tempo. Si potrebbe “essere” finalmente non essendo mai, mai niente di particolare. L’uomo è un divenire. Non è morto nemmeno quando muore. Per questo siamo immortali. La decomposizione ad esempio è solo un altro tipo di vita. Non possiamo essere mai UNO. Siamo tanti tanti tanti. Ovvero niente. Ma non si può dire IO NON ESISTO, bensì io esisto e sono questa cosa fantastica che cambia di continuo aspetto. Si può dire IO NON SONO. Io non sono … …. … (puntini puntini).
Però il cambiamento, sia esso materiale o psicologico, è soggetto a determinate logiche, quindi costantemente in “perché?”.
Inseguendo una logica “socratica” si potrebbe dire così. Ma l’IO puro è forse solo quello che accetta senza chiedersi. Anche perché a questa domanda non si può avere risposta. Non puoi sapere quanto il tuo odio o il tuo amore siano stati influenzati da questo piuttosto che da quello. È ovvio a questo punto che a mio modesto parere gli psicologi non servono a un cavolo di niente. Mi sembra palese. Lasciateli in pace i matti! Beati loro!
Però non credi che una visione del genere apra a una serie di giustificazioni “estreme” nei confronti di chiunque?
Decisamente si. Difatti mi trovo più a mio agio con Hitler e Stalin piuttosto che col mio dirimpettaio del pianerottolo. La normalità mi fa i brividi. Mi sembra molto più abominevole questa normalità eterna di tutti gli uomini soggiogati e stupidi, in silenzio. Mi sembra uno sterminio molto più inaccettabile. Perdonatemi il paragone piuttosto difficile.
Se proprio la si vuole chiamare “normalità”. Ma quella pure è relativa, un termine senza significato.
Bah, in realtà le cose sono relative entro un certo termine x/y. Prima della x e dopo la y diventano oggettive. La verità (oggettiva) è che la normalità è ciò che rientra nella NORMA. Ovvero una piccola regola. È una questione puramente statistica. La normalità esiste, però varia nel tempo e nella spazio. Non è UNA, proprio come gli esseri umani e la verità. Si varia nel tempo e nello spazio. Nel senso, l’oggettività si raggiunge o ci si avvicina ad essa secondo queste modalità.
Allora magari chiedersi i perché delle cose fino all’esaurimento (o giù di lì) delle risposte forse un po’ serve. (rido)
Solo se “fino all’esaurimento”, ovvero fino a perdersi! Se ciò che si cerca è l’esaurimento allora le domande fanno bene. Se si cerca l’equilibrio, meglio di no. Io adoro l’esaurimento. Figurati che prendo degli antidepressivi senza averne alcun bisogno.
Fino ad uccidere sé stessi nel senso di credenze e dogmi personali. Mi piace pensarla in questo modo.
Ma si, guarda, uccidere sé stessi. Stento ancora a capire i vari “maledetti”. Non si sono fatti capire molto in realtà. Se ciò che cerco è la morte… beh… morire è molto semplice! Se ciò che cerco è la vita allora sono cazzi. Io cerco la vita, cerco il miracolo. Noi siamo benedetti al contrario. E un miracolo non è altro che un atto poetico.
Comunque di musica non ne stiamo parlando proprio.
Menomale! Io la odio!
Ah, allora a posto. Continuo con un altro pippone. “Miliardi di euro per una domanda”: tema attuale, considerando anche tutta la storia del bosone di Higgs. Credete che il problema della fame nel mondo e tutto il resto siano effettivamente dovuti ai soldi investiti nella ricerca?
Beh, no. Però dico solo a rigor di logica che sarebbe più giusto aiutare un bambino che non ha cibo piuttosto che cercare la scissione dei neutroni o che cazzo altro. Semplicemente credo che bisogna partire dal reale per arrivare all’immaginario e non viceversa. Anche perché la realtà è molto più assurda della fantasia. Purtroppo.
Però fondamentalmente e indipendentemente dai soldi investiti nella ricerca le risorse materiali per aiutare le popolazioni meno avvantaggiate e via dicendo ci sarebbero.
Leonardo Di Caprio sarebbe in grado di salvare tutto il pianeta con il suo conto in banca.
Ad esempio. Ma una qualsiasi grande azienda produttrice di cereali potrebbe, piuttosto che lasciare silos figli della sovrapproduzione a marcire.
È per questo che io divento una bestia. Io credo che San Francesco sia il più grande pensatore della storia, oltre che un grande anarchico rivoluzionario. Parlare con me di queste cose… ma io non sono così calmo e coerente, e non sono una “grande anima” non violenta. A volte l’unica soluzione mi sembra distruggere tutto. L’unico miracolo che chiedo al signore è la calma. Altrimenti sarei capace di tutto…
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“La soluzione è distruggere”. (da “Irreversibile”)
Beh, si, è un concetto statistico.
Ma io non ci credo alla statistica…
Nemmeno io! Da noi si dice “Ma che cazzo è questa statistica? Che se io mangio un pollo e tu non mangi niente risulta che abbiamo mangiato mezzo pollo a testa?”.
Tipo. È un po’ inesistente, un po’ come gli Americani. A parte qualche tizio in qualche riserva da qualche parte, o in qualche casinò.
L’America è un paese “monito”. Per questo è il “paese” più brutto del mondo.
Cosa intendi per paese “monito”?
Nel senso che è un paese formato da tutti noi, ovvero è veramente un paese formato dal mix di tutti gli essere umani. Un paese “medio”. L’America nella sua totalità è la media di tutte le culture e di tutti gli esseri umani. Quando diventiamo medi diventiamo brutti. È bello invece accettare le differenze e amarle. Ma è orribile creare un’altra realtà media, per il semplice fatto di poterla accettare. Questo discorso è difficile, lo puoi cancellare! Lasciamo perdere l’America! La gente non capirebbe quanto io ami l’amore.
“Medio” è “facile”, è la facilità ci hanno insegnato che è felicità.
Si. Come quando a scuola ci insegnavano a fare la parafrasi delle poesie. Ci hanno sempre insegnato ad essere volgari. Volgare è colui che traduce. Leggere Baudelaire in italiano è volgare. La cosa più volgare del mondo. Ecco in sunto cos’è la media: avere una cosa fantastica tra le mani e per poterla capire, tradurla. “Tradurre” deriva da “TRADIRE”.
Tornando un attimo al discorso su povertà e ricchezza, io resto allibito nel chiedermi a cosa cazzo serva tutta questa ricchezza (e potere) e perché la persone la cerchino così disperatamente distruggendo tutto ciò che gli sta intorno: perché lo fanno secondo te?
Siamo stupidi, ma per davvero. Si ricerca la ricchezza solo per SCOPARE. Tutto qui. Il possesso, il potere: tutte forme falliche. L’uomo, senza la poesia, ricerca la grandezza nel possesso. È l’unica alternativa. Gli uomini sono poveri, molto poveri. Soprattutto i ricchi: sono i più poveri di tutti. “Cosa sarà che ti fa cercare tutto anche se è di niente che hai bisogno?” (Dalla – De Gregori). Il problema è che i poveri, se potessero, diventerebbero ricchi. Quindi questo tipo di poveri mi fa più schifo dei ricchi.
Quindi magari in fin dei conti non “siamo così piccoli”, a differenza di impresari e uomini di stato, come cantate in “Norman”.
Siamo piccoli se ci arrendiamo e se non lottiamo, ma non per cambiare le cose, perché le cose non cambiano. La grandezza dell’uomo è nel giocare, divertirsi. La lotta è la mia più grande gioia. E quando un uomo è felice per davvero, senza niente, senza un contratto, allora è davvero un uomo. Mi sembra ancora assurdo che ci sia qualche stupido che mi paga per sentir dire ciò che penso.
Hai più o meno affermato che ricchi e poveri fanno schifo uguale: quindi è uno schifo globale, totalmente antirazzista, direi. La vittoria dell’uguaglianza nello schifo.
Io antirazzista? Si, credo che i razzisti o chi per loro siano la “razza” più stupida del pianeta terra. La bellezza delle cose diverse mi mette una gioia. Se fossimo tutti uguali io soffrirei di una tristezza senza pari. Per questo quando esco sono molto triste. Quando vedo un pazzo, oppure una persona straniera, oppure un tizio che viene da chissà dove, oppure vedo una farfalla di un colore che non ho mai visto, allora mi sento per davvero vivo, per un po’, finché non vedo un’altra cosa nuova. Sembrerà retorica, ma io sono felice per davvero. Fanculo tutti. E quando poi incontro uno che non mi capisce e io non lo capisco e cerchiamo di parlare e di raccontarci le nostre cose e le nostre storie, e cerchiamo – senza capirci – di raccontarci a vicenda di quanto sono belle le cose che abbiamo – perché tutte le culture sono belle – allora GODO. Io la diversità la accetto senza avere nemmeno bisogno di capirla. Però se poi una diversità vuole avere la meglio sull’altra allora torniamo alla stupidità dell’uomo e alla guerra e ai cazzotti del sabato sera al bar in piazza. Cose volgari, insomma. È volgare un uomo che si avvicina a un animale!
Su quest’ultima non sono proprio d’accordo. Anzi, ho sempre pensato che il problema principale è proprio che l’uomo abbia mascherato un sacco di propri impulsi animaleschi con altro. Però gli impulsi animaleschi rimangono, ma ad essi si somma un buon carico di ipocrisia, e quindi di lì a far nascere le giustificazioni delle guerre con la scusante del dover combattere “i cattivi” o le risse con il tifo da calcio e via dicendo.
La prima cosa che penso quando parlo di animali è questa: che lottano fino alla morte per scopare, per mangiare e per avere la leadership. Essere leader non serve a un cazzo, e di cibo e di figa ce n’è in abbondanza. Meglio fare a metà, semmai. Un po’ per uno non fa male a nessuno! Il calcio è un bellissimo sport… peccato per i tifosi.
Autore: Giuseppe Galato
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