Pierpaolo Capovilla oramai è diventato un’icona del rock tricolore, nonostante la sua verve musicale non abbia nulla a che vedere con la “musica italiana”.
E’ sempre stato una spina nel fianco per la scena, uno controcorrente che affascina per il modo di porsi, e non solo musicalmente.
Lo abbiamo incontrato per farci raccontare un pezzetto della sua vita, un incontro lontano dalle solite questioni promozionali nonostante in questo periodo sia in pieno fermento sui suoi progetti: One Dimensional Man, Il Teatro Degli Orrori, e … i reading di testi di Majakovskij; con quest’ultimo progetto ha pubblicato anche un dvd dal titolo “Eresia”.
Inizio dalle origini, da Venezia, che è la tua città. Come la mia, Napoli, è legata a doppio nodo con il mare, con l’acqua. Ossimoricamente il sound dei One Dimensional Man è positivamente brutale, granitico, roccioso. Cosa ti porti dentro, non solo nella tua musica, della tua città? Libero di rispondere che non ti porti dentro niente!
No… Io mi sento apolide, in qualche misura, o cosmopolita. Per me Venezia è il mio buen ritiro, ho preso una casa a Venezia due anni fa e adesso la pago… cazzi miei [ride]. Non riuscirei a pensarmi, a pensare alla mia vita al di fuori Venezia. Anche se in realtà io sono un uomo che professionalmente viaggia moltissimo. Ma nella mia musica penso ci sia più Napoli o Livorno, per restare alle città di mare, che Venezia. Per me Venezia è la consolazione delle mie fatiche e in questo senso qui è di grandissimo aiuto. Ma non nell’ispirazione delle canzoni… peraltro poi io sono nato a Varese, ho vissuto fino a 20 anni nel trevigiano, in realtà. Conosco le pene dei lavoratori, degli operai. Mio padre era un operaio, lavorava agli altiforni. Ma non credo che Venezia contribuisca in maniera decisiva alla composizione dei miei pezzi.
Alla tranquillità post composizione invece si!
Quella c’è tutta! Per le amicizie che ho lì! Ho fatto tanti anni di università lì! Ma soprattutto sono amico di tanti vecchiettini, scrivi proprio “vecchiettini”, settanta/ottantenni con cui mi diverto a sbronzarmi e a raccontarci la vita! Io, quando esco a Venezia, me ne vado a Rialto e mi passo le mie serate con i miei vecchietti! E’ tutto vero! [ride]
Nel ‘98 hai preso parte ad un tour in Europa dell’est. Croazia, Slovenia… Posti la cui musica tradizionale è molto diversa da quella degli One Dimensional Man, anche per gli strumenti usati…
Il rock è internazionale però!
Sicuramente! Mi riferisco però alla musica più strettamente tradizionale, il corrispettivo della nostra tammurriata per esempio! Ricordi qualche aneddoto particolare di quel tour?
Bevono tutti troppo! Bevono molto più di me e questo è scandaloso [ride], scandaloso! La prima cosa che mi viene in mente è che bevono come dei pazzi. Ho conosciuto dei ragazzini cirrotici a 21 anni, terribile!
Questo era il passato. Il presente è “A better man”. Un titolo forte, una presa di posizione, suppongo anche un augurio. Chi è l’uomo migliore, ma soprattutto…
Beh, A Better man è il titolo di una canzone. La canzone narra la storia di un uomo che beve troppo e fa a botte, si dimentica di dormire, di mangiare, di giocare con i suoi figli. Attraverso l’amore, quest’uomo riscopre sé stesso. Quindi non è l’amore inteso nel senso dell’eros, ma in quello “cristiano”, tra virgolette, di darsi all’altro: è attraverso il dono che c’è l’emancipazione personale.
La domanda era appunto: chi è l’uomo peggiore?
Chi non sa darsi agli altri! L’egoismo, l’individualismo… la disonestà intellettuale, la grettezza… noi viviamo in un paese che è regredito terribilmente negli ultimi 20 anni. C’è una classe dirigente che l’ha fatta regredire e dio solo sa quale punizione gli spetta!
La copertina del vostro album è un cuore umano in bianco e nero, titolo e nome della band scritto in piccolo, essenziale ma figurativo: il cuore non è stilizzato ma è vero, è pulsante. Come siete giunti a questa soluzione grafica?
A Better Man è un disco fatto da molte persone diverse e molti cervelli hanno contribuito alla stesura dei pezzi, dei testi e della copertina. Non l’abbiamo fatta noi, l’ha disegnata un artista emergente, si chiama Simone Fazio, è un mio caro amico ed è un artista notevole. Sta lavorando nel mondo con grandi sacrifici e lo volevamo perché se lo meritava. Il cuore è il simbolo dei sentimenti, dell’amoooore! [ride] E’ un cuore chirurgico perché l’amore non è solo gioie, ma anche terribili dolori!
Ti cimenterai con qualche altra lingua? Addirittura in dialetto? Non ci dobbiamo neanche sperare?
Ai dialetti non sono ancora arrivato [ride] a parte qualche brevissima scherzosa citazione! Sono convinto che la lingua non sia così importante, importanti sono i contenuti.
Qui devo spiegarti per bene la differenza in napoletano tra “a’ fatica” e “o’ lavoro”. Nel nostro dialetto c’è una discrepanza semantica per due concetti che vengono tradotti allo stesso modo in italiano: lavoro. Il primo presuppone appunto fatica, sforzo fisico, sudore. Il secondo invece è sforzo intellettuale.
Non conoscevo questa dicotomia di senso [ride].
Eh, ma c’è ed è importante!
In francese lavorare di si dice “travailler” che in italiano diventa “travaglio”, non solo fatica ma dolore! Anche in siciliano si usa “travagghiare”!
Proprio collegato a questo, volevo riprendere uno scambio che abbiamo fatto in passato, collegato al lavoro di musicista e al fatto che hai fatto il cameriere fino a poco tempo fa…
Fino a dieci mesi fa… cameriere, cuoco, benzinaio, grafico pubblicitario, grafico industriale, portiere d’albergo (di notte e di giorno!), ho fatto le fotocopie all’università… ho sempre lavorato per tenermi a galla… sono nato povero!
Mi colpisce molto il fatto che nonostante le tue due band…
Perché ti colpisce? E’ nella media! Io sono massa, non sono un aristocratico! Non sono nato con i miliardi, non posso guardare dall’alto in basso la realtà, devo guardarla dal basso in alto… Quando formammo Il Teatro degli Orrori avevo chiarito che la mia idea era questa… se non si riesce a vivere con un gruppo, si vivrà con due. Nel 2005 ci eravamo dati questo obiettivo, ora nel 2011 ci siamo riusciti. E questo è stato per me un piccolo successo personale di cui vado molto orgoglioso.
Una domanda che mi auto rubo da un’altra intervista. Non come o quando avete iniziato a suonare ma perché?
E’ una vocazione. E’ un po’ come credere nella Madonna. La voglia di musica e di performare la musica, di suonarla, è una cosa che è nata nell’adolescenza, dai 10 ai 14-15 anni ascoltavo i Genesis, è nata lì e che è perdurata, non andava più via, non potevo fare a meno di fare questo. E’ una necessità. Un perché? Adesso potrei dirti che sono felice di fare questo mestiere perché riesco a dire molte cose, ad essere felice nella mia vita privata e pubblica, sono soddisfatto di quello che faccio perché riesco a dire qualcosa e essere utile a chi mi ascolta, suonare è un darsi. D’Annunzio diceva “Io ho, possiedo, ciò che do”. Io lo odio ma questa massima è giusta fino in fondo.
Chiudiamo con una più leggera e meno, diciamo così, “tentacolare”, va! Ieri mi hai detto che tornavi da Catanzaro. Cosa ascoltavi in furgone?
Oddio, in furgone non abbiamo ascoltato niente… eravamo così tanto stanchi che avevamo bisogno di silenzio! Il silenzio è oro ed è musicale anch’esso per certi versi. [ride] Comunque lo sanno tutti, sono diventato l’incubo dei miei correligionari [ride]! Sto ascoltando da mattino a sera Scott Walker, da due anni. Non riesco ad ascoltare altro. Qualsiasi altra costa mi sembra di una superficialità terribile. Walker mi ha dato speranza, davvero!
La discografia:
One Dimensional Man
1997 – One Dimensional Man (Wide Records)
2000 – 1000 Doses of Love (Wide Records)
2001 – You Kill Me (Gamma Pop)
2004 – Take Me Away (Ghost Records/Midfinger Records)
2010 – The Box (La Tempesta International)
2011 – A Better Man (La Tempesta International)
Il Teatro degli Orrori
2007 – Dell’impero delle tenebre – (La Tempesta)
2009 – A sangue freddo – (La Tempesta)
le foto sono di Fabio Nico, Fabrizio Bisegna, fonte on line.
È Colpa Mia
Pp. Capovilla | Myspace Video
Autore: A. Alfredo Capuano
www.myspace.com/pierpaolocapovilla – www.onedimensionalman.it/ – www.ilteatrodegliorrori.com/