Dovevo scrivere questo pezzo sui Noah and the Whale tempo fa. E non vedevo l’ora, davvero. Dovevo fargli delle domande e avevo cercato in ogni angolo della rete, avevo studiato bene.
Una figata.
Le canzoni le conoscevo perché ultimamente le chitarrine di questo timido revival folk suonano strane, in mezzo a tutta la ribalta elettronica, elettro-indie, new wave e chipperloro; strane, dicevo, tanto quanto vedere uno col costume da bagno in pieno inverno. L’immagine è perfetta, perché in un certo senso ti fanno pure tenerezza: così carini i Noah and the Whale che li vorresti abbracciare, appena senti il primo accordo.
Carini si, ma sprovveduti no di certo. La storia vuole, infatti, che i fratelli Charlie e Doug Fink, rispettivamente voce e batteria del gruppo, nel 2007 mettessero su un gruppo insieme a Urby Whale (basso) e Tom Hobden (violino). Nel 2008 esce il loro primo album, Peaceful, the world lays me down, e fin qui nulla di strano per un manipolo di giovanissimi musicisti che debuttano nell’era delle teenage band. La particolarità è che la band londinese aveva dalla loro un prezioso asso nella manica: la bella, brava e promettente Laura Marling, che ha registrato insieme a loro le seconde voci nelle tracce dell’album e inizialmente prendeva parte agli show, legata ai ragazzi da una profonda amicizia. Tutt’altro che sprovveduti questi poco più che ventenni, sono usciti con un singolo fortunato, Five years time, che ha assicurato loro il successo prestandosi a colonna sonora della pubblicità ipertrasmessa di un’auto inglese. Lontanissimi dal voler rievocare suggestioni bibliche nel nome della band, Noah and the Whale, traggono spunto da un film indipendente poco conosciuto e assai alternativo, The Squid and the Whale, di Noah Baumbach, sottolineando la forte relazione che il gruppo sente nei riguardi del mondo del cinema. Un legame, onestamente, assai discutibile, ma che hanno tenuto a ribadire, chiamando il loro primo tour Club Silencio, tributo al regista David Lynch.
Il 19 Marzo i Noah and the Whale si sono esibiti al Circolo degli Artisti, a Roma. Date le premesse il concerto sarebbe stato un evento da non perdere: arte, cinema, musica folk e giovani musicisti pieni di entusiasmo.
Tuttavia, se sono stati bravi in qualcosa, è stato il deludere le aspettative. Un’ esibizione media con canzoni che sembravano tutte un’unica, lunga, strimpellata adolescenziale in cameretta. I ragazzi sul palco immobili come i membri di un coro di chiesa, durante una prima comunione. Il batterista solo si dimenava in modo spropositato, laddove non appariva assolutamente necessario (da quando la batteria è protagonista di canzoni folk?). Anche il singolo di punta, ovviamente posizionato nella parte alta della scaletta, salutato con entusiasmo dai presenti, ha rilasciato un po’ l’amaro in bocca: sarà che non hanno fatto il balletto del video, sarà che mancava Laura Marling (ma il violinista cercava con tutte le sue forze di colmare i vuoti della voce femminile mancante, simulando in falsetto). Insomma, i Noah and the Whale sono un gruppo carino: perfetti da ascoltare in macchina durante una gita in campagna, ottimi in sottofondo distesi su un prato mentre corteggi una ragazza, ideali anche solo tra le pareti di casa, mentre sfogli un libro. Ma necessariamente sono un gruppo da ascoltare mentre fai altro. Ci ho messo un sacco ad ammettere questa cosa a me stessa.
Gli abbiamo rivolto qualche domanda, per conoscerli un po’ meglio. Perché alla fine, sono un caso curioso e sicuramente in giro c’è di peggio. Poi sono gentili e non se la credono.
Noah and the Whale, un gruppo folk di Twickenham, Londra: come potreste descrivervi?
Semplicemente un gruppo di quattro persone che fa musica che a loro piace e diverte.
Il 2008 è stato l’anno che vi ha portato il successo con Album, insieme a delle ottime risposte dalla critica. Il vostro pop folk romantico ed innocente si è fatto strada in un panorama dominato dall’elettro-indie e dal revival anni ottanta. Qual è il segreto che avete messo nella vostra musica?
È molto carino quello che dici riguardo la nostra musica, ma non so se il prodotto finale si possa paragonare ad una ricetta. Quello che ci ha colpito di più del nostro album è stato quanto questo lavoro abbia avuto a che fare con la condivisione, il tenere insieme tante persone. Penso che la gente, ascoltandoci, abbia apprezzato di rimando l’onestà e la sincerità che ci abbiamo messo dentro.
Il folk racconta storie, e nelle vostre canzoni queste storie sono quasi sempre legate all’amore malinconico, tanto da sembrare elegie. Ricercate volutamente un rapporto tra musica e poesia? Esistono dei versi, di una poesia o di una canzone, che riassumono i Noah and the Whale?
Grazie ancora. La componente poetica e narrativa è l’elemento più consistente che ci lega alla musica folk. Abbiamo sempre ascoltato con trasporto le parole di una canzone tanto quanto la musica, senza considerarle secondarie, ma parte integrante.
Tra le influenze citate, oltre a Leonard Cohen ed una serie di altri artisti del mondo della musica, spuntano anche i nomi di Andy Kaufmann e David Lynch. In omaggio a Mulholland Drive il vostro tour ha preso il nome di “Club Silencio”. Che influenza ha il cinema, questo tipo di cinema, nel vostro modo di fare musica? Anche nei vostri live ha una grande importanza….
Il tour Club Silencio ci ha permesso di fare opera di “evangelizzazione”, supportare il cinema dal palco.Tutto l’evento è costruito su cortometraggi, frammenti di pellicole e film che noi mettiamo insieme a costruire una storia, proiettata prima e durante il nostro show. Anche le nuove canzoni sono particolarmente legate al cinema. Oltretutto Charlie (il cantante ndr) sta per iniziare la sua prima collaborazione alla regia di un film che avrà molto a che fare con il mondo di Lynch e le sue atmosfere.
Anche il nome della band deriva dal titolo di un film di Noah Baumbach, The Squid and the Whale. Cosa ha influito su questa scelta?
Ci piaceva questa sorta di aura estetica che questo nome porta con sé. Poi ovviamente evidenzia il nostro legame con il cinema…
Il vostro esordio è stato caratterizzato dalla collaborazione di Laura Marling, che continua ancora a lavorare con voi nonostante l’uscita dal gruppo. Di che tipo è il vostro rapporto? Com’è nata l’idea di una collaborazione?
Charlie ha conosciuto Laura quando ancora lui suonava come solista e si esibiva nei Coffee shop. Lui le fece da spalla nel suo primo tour del Regno Unito. Poi decisero di collaborare musicalmente e Charlie ha prodotto il suo primo LP, poi l’album, che ha portato Laura alle nomination per il premio Mercury. La collaborazione con i Noah and the Whale è stata così naturale e spontanea. Per le nuove canzoni le cose sono un po’ diverse: lei è molto impegnata con la sua carriera solista, nella registrazione del suo secondo album.
Ho sentito parlare anche di un progetto alternativo, the A Sides, con cui avete lavorato ad un album di impronta più punk. Cosa lega al punk e al folk i Noah and the Whale?Quali sono i caratteri che accomunano questi due tipi di musica?
Gli A Sides sono il prodotto di due registrazioni in studio, prese dal vivo. Dieci tracce. L’energia, l’immediatezza, il messaggio…sono queste le cose che il punk e il folk hanno in comune, sia musicalmente che politicamente.
Accostandosi al mondo del cinema e della pubblicità, la vostra musica sottolinea l’importanza della comunicazione. Cosa sentite maggiormente di voler dire alle persone che vi ascoltano?
È una domanda importante e difficile. Non penso che tu possa indicare alle persone cosa loro debbano provare o recepire, quando ascoltano qualcosa, anche semplicemente dare un’indicazione. Sono sicuro che molto spesso ho trovato in alcune canzoni cose che sono uniche e hanno valore solo in relazione alla mia esperienza: questo costituisce parte del piacere nell’ascoltarle. Quindi semplicemente inviterei le persone ad ascoltare musica.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Abbiamo appena finito di registrare il nostro secondo album, in Inghilterra. Sarà accompagnato da un film a cui Charlie sta lavorando. Intanto porteremo a termine il Club Silencio Tour con le date americane, poi ci sarà l’estate…e non mancheremo sui palchi dei festival.
Autore: Olga Campofreda
www.noahandthewhale.com