Da vj di Mtv ad attore dei film di Natale, Francesco Mandelli detto il Nongio (ossia Non giovane) si ripropone come cantautore con la sua band Orange.
Chi lo segue sa che è un grande appassionato di musica, ma pochi conoscono questo suo progetto. L’ho incontrato dopo il suo concerto a Napoli al Duel:Beat e mi ha detto la sua, partendo dagli Orange, passando per la Chiesa, per finire con le sue band preferite.
La prima cosa che mi viene da dirgli è un classico “com’è nato il progetto?”
Il gruppo Orange è nato nel 2000 per puro divertimento, perché ho sempre suonato sin da bambino. Poi, quando sono andato a stare a Milano ho fondato questo gruppo. Dopo vari cambiamenti di formazione, da due anni siamo arrivati ad essere un duo, chitarra e batteria. Adesso è uscito anche il disco e tutto è nato per gioco, per il piacere di suonare fondamentalmente, perché m’è sempre piaciuto stare in una band; quello che mi piace è proprio l’atmosfera che si crea, quello che vuol dire essere in una band.
E’ ben noto che ti piace molto il Brit Pop, in particolare gli Oasis. Ma se dovessi dire a chi ti ispiri, chi citeresti?
Serge Gainsbourg!
Veramente? Perché? (la domanda è d’obbligo)
Perché non conta la musica che fai in sé, se indie o pop, quello è soltanto un nome che serve per vendere, per stabilire in quale scaffale va il prodotto, come dal fruttivendolo. Quello che conta è l’approccio che si ha con la musica intesa come forma di comunicazione, una sorta di punto di vista. Ecco perché, se dovessi scegliere proprio un punto di vista al quale rifarmi, sceglierei quello di Gainsbourg, sebbene musicalmente siamo più vicini a generi anglo americani degli ultimi dieci anni.
Da vera “aficionada” del Nongio, so che lui è nativo di Erba, benché viva a Milano da anni. Lui mi corregge, dicendo che in realtà è cresciuto in un paesino in provincia di Lecco prima di trasferirsi a Milano. E tornando al capoluogo lombardo, in cui l’indie rock ha preso piede da tempo, gli domando che cosa ne pensa della scena indie a Milano.
Il problema è che a Milano, come in tutta Italia, c’è una sorta di guerra tra i poveri, nel senso che non c’è collaborazione tra le band, perciò non si può parlare di una vera e propria “scena”, come per esempio quella del “trip-hop”, dove, anche se vestivano tutti in modo simile, facevano musica molto diversa tra loro ed erano però tutti accomunabili ad un movimento. Quello che manca è proprio una sorta di collante, una voglia di divertirsi assieme, più che di diventare famosi.
Ma la “guerra tra band” è sempre un dato di fatto. A Milano, come altrove. Ma lui cosa ne pensa?
La rivalità tra le band è soltanto triste. E’ come vedere uno che ha le pezze al culo che prende in giro uno senza scarpe… Alla gente non interessa che un gruppo sia rivale di un altro. Sarebbe bello se tutti questi gruppi indie organizzassero un tour insieme, così riuscirebbero a creare una sorta di attenzione su di loro e quindi una scena.
Detto questo non mi lamento, perché Milano è un posto ottimo dove fare musica. E’ una città molto stimolante, dove puoi incontrare moltissime persone, senza contare che non è distante geograficamente da molti paesi europei, perciò rende facile anche viaggiare e spostarsi.
Basterebbe soltanto un po’ più di coesione tra le band.
E continuiamo con Milano. E soprattutto ai suoi locali e cioè quelli della scena indie. In una canzone Nongio cita proprio uno di questi, il “Plastic”, che purtroppo ha appena chiuso in seguito ai noti problemi legati alla movida milanese ed al disturbo della quiete, perciò chiedo a Francesco la sua.
Milano, un po’ come tutte le città italiane, è popolata per lo più da persone adulte, soprattutto il centro, dove ci sono i vari locali notturni. Nel resto d’Europa la situazione è diversa, ma anche in America. In realtà penso che spesso queste persone si lamentino eccessivamente, perché non credo che la musica di un locale o le persone che parlano disturbino poi così tanto. Sicuramente è vero che anche i ragazzi esagerano, ma bisognerebbe venirsi incontro. Lamentarsi perché ci sono dei locali sotto casa propria è come abitare in campagna e lamentarsi che gli uccelli cinguettano!
Facciamo insieme una riflessione. Il problema del “disturbo della quiete pubblica” fino a qualche anno fa non era così sentito. O almeno, non c’era così tanta gente che si lamentava…
Questo non è un periodo felicissimo, direi per tutto il mondo, sia economicamente che culturalmente, perciò non esiste da parte delle persone che vivono in città in Italia percepire la realtà delle persone che suonano come un fermento culturale. Non pensano che possa costituire un patrimonio culturale, magari anche esportabile e questo è un grosso limite. Purtroppo troppo spesso i locali vengono visti anche soltanto come posti dove si va ad ubriacarsi e poi magari si fanno incidenti con la macchina, mentre magari in altri paesi c’è una cultura del guidare sobri che in Italia manca. Il fatto che i locali chiudano perché mancano le misure di sicurezza è certamente un problema per Milano. Sono però convinto che se si ha un gruppo e lo si vuole, si troverà sempre un posto dove suonare, ma non ci si deve lamentare e basta, non serve a nulla.
Ma a proposito di suonare nei locali, ecco il controsenso: spesso i gruppi si lamentano che sono proprio i locali a non farli suonare!
Certo, perché in Italia la gente non va più a sentire i live. Perciò ai locali conviene fare dei dj set, che sono molto meno costosi e più divertenti per i ragazzi a cui piace andare a ballare. Non si tende ad ascoltare qualcosa di diverso da quello che ci è offerto quotidianamente.
Spesso ci domandano perché non abbiamo un basso nel gruppo e succede perché la gente tende a fissare dei tipi fissi anche nei gruppi e se arriva qualcosa di differente non c’è la curiosità di andarlo ad ascoltare. Evidentemente, c’è bisogno di punti di riferimento perché altrimenti si fa fatica a decifrare. A questo va ad aggiungersi la crisi, che mette realmente in difficoltà i gruppi, il cui vero sostentamento sono i concerti, perché i dischi si vendono molto poco.
Manca il piacere di andare ad ascoltare le band, di sentire cos’hanno da dire.
La crisi, che nella discografia s’avverte da tempo.
In questo campo s’è tirata troppo la corda, si sono sfruttati alcuni generi fino all’osso, indie compreso e si è arrivati a creare gruppi un po’ tutti uguali. Quello che oggi fa la differenza e che fa comprare un disco è il riconoscere qualcosa in più ad un gruppo, che è più che altro una capacità di comunicare determinate cose anche del proprio mondo, che li rende anche affascinanti. Prima le band riuscivano a creare un mondo attorno a sé, una storia, perché avevano un’essenza originale che adesso s’è persa, perché non ci sono band altrettanto interessanti.
Sarà perché forse le band, anche emergenti, spesso se la tirano un po’ troppo?
Molti colgono dei gruppi famosi l’aspetto, che può anche essere affascinante, di “quelli che se la tirano”, come si vede durante le interviste, quando magari in realtà sono persone molto diverse. Quindi si finisce col cercare di scimmiottare uno stereotipo che poi è tutt’altro rispetto alla realtà.
A proposito di band emergenti (e scena Milanese), non si può non chiedergli quali preferisce.
Gli Hot Gossip sicuramente mi piacciono molto, trovo che Giulio (il cantante) e Sergio (il bassista) siano veramente bravi e hanno fatto due dischi molto belli, hanno un potenziale incredibile e per me sono una spanna sopra a tutti.
Ma tra tanto parlare di Indie e indipendenza varia….la domanda sorge spontanea: il cd degli Orange è uscito con un’etichetta indipendente. Ma se una Major gli proponesse un contratto?
Se avessi dei pezzi giusti, che mi garantissero di essere primo in classifica, probabilmente lo farei. Per me non conta che musica fai, ma l’attitudine. Quindi io avrei lo stesso approccio con una major piuttosto che con un etichetta indipendente. Se penso a band come i Kings of Leon che sono partiti come indipendenti e ora riempiono le arene, trovo che siano rimasti fondamentalmente gli stessi, se pure con alcune modifiche.
A questo punto ha sentito non so che canzone e s’è messo a cantare e ballare. Che scena!
Eppure, lui è famoso. Gli dico addirittura che sono cresciuta con i suoi programmi su MTV, particolare che ben ricorda mia madre.
Ma io non sono famoso! Famosi sono quelli che quando arrivano fanno strappare i capelli alla gente, ma non io. Le uniche cose che forse mi hanno reso un po’ più noto sono stati i film di Natale, ma io non sono famoso, non finisco mica sulle riviste di gossip!
In realtà, volevo arrivare a chiedergli perché il progetto musicale sia arrivato solo ora, anche se lui è famoso da tempo.
Perché le cose vanno maturate, il che magari in Italia si fa raramente. Noi siamo arrivati ad avere una quadratura del gruppo solo quando siamo diventati in due e l’idea di fare un disco è arrivata soltanto dopo.
Tornando ai film di Natale, non posso non chiedergli com’è venuto in mente a uno come lui di prendere parte a queste produzioni.
Stavo facendo un film prodotto dalla FilmAuro, “Manuale d’amore” e la casa produttrice mi ha offerto un contratto per altri due film, uno dei quali era il film di Natale. A quel punto ho pensato che bisogna aver il coraggio di allargare i propri orizzonti e di dimostrare che se sei bravo puoi fare qualsiasi cosa, anche un film così “mainstream”, chiaramente con molta umiltà.
Il 24 aprile uscirà nelle sale “Generazione mille euro”, altro film al quale ho partecipato, sempre in veste di attore.
Presentatore, cantante, attore…tutto per sfida?
Più che per sfida, per divertimento. A me piace recitare, così come fare un programma televisivo particolare, in cui metterci qualcosa che sia veramente mio. Tra l’altro ho iniziato facendo corsi di teatro al liceo e nel mio paese, con il prete della mia parrocchia che mi scelse per uno spettacolo.
Addirittura preti e parrocchie! Tutto questo mi fa pensare ad un mio caro amico (e, per me, futuro vaticanista), che se fosse stato con me gli avrebbe chiesto come si relaziona con la religione e così, gli ho prontamente girato la domanda (citando, ça va sans dire, il mio amico).
Sono molto credente, vado in Chiesa la domenica ed è una cosa che ho sempre fatto. Per me la fede è un dono, un qualcosa che hai o non hai. Certo, la Chiesa dice determinate cose, ma ognuno da cristiano ha la propria coscienza e viene giudicato da Dio e non da gli uomini, perciò si può essere o meno d’accordo con quel che dice il clero. Ultimamente c’è una sorta di astio contro il cattolicesimo, che io trovo ingiustificato, perché è chiaro che la Chiesa è fondata su dogmi e non potrebbe dire qualcosa di diverso. Sta all’intelligenza ed alla cultura di ognuno il ricevere un messaggio. Mi fido poco di chi dice “credo in un mio Dio”, perché questo è relativismo abbastanza opportunistico. Non è facile avere una fede al giorno d’oggi, ma bisogna essere sempre tolleranti verso tutte quante le religioni, perché infondo si crede un po’ tutti nello stesso Dio, specie per quanto riguarda le tre grandi religioni monoteiste. Per me è sempre una questione di coscienza.
Chiudo l’intervista per “Radio Maria” (è uno scherzo, non temete!) per chiedergli: ma se non avresti fatto quello che fai, cosa avresti fatto?
E’ una domanda che mi pongo anche io. Ho iniziato quando frequentavo la quinta liceale, perciò non ho avuto nemmeno il tempo di pensarci. Mi sono iscritto alla facoltà di psicologia, perciò magari avrei potuto finire gli studi, ma non ho un’idea precisa su che cosa avrei fatto nella vita se a diciotto anni non avessi iniziato a lavorare con MTV.
Parliamo di MTV. Adesso è molto diversa da quella che era dieci anni fa, cioè quando è partita. Che faresti tu se dovessi iniziare adesso?
Ora MTv è molto diversa da com’era prima, quando ho iniziato io. Probabilmente, se dovessi iniziare adesso partirei da qualcosa su internet, magari prendendo una telecamera, due amici e mettendo quello che giro sul web. Forse la MTv del momento è youtube, d’altronde internet ha un’enorme potenza.
Con Mtv persone della mia generazione ci sono cresciute e soprattutto, sono cresciute con i programmi del Nongio. Ma secondo voi, lui come si pone con l’idea di aver “tirato su” milioni di adolescenti?
Quando faccio televisione, sia un film che un programma, sin dall’inizio, l’ho sempre fatto con la volontà di rimanere qualcuno che era anche fruitore di quella televisione, praticamente sono sempre voluto rimanere vicino al pubblico che mi guardava, perciò non so che ruolo posso aver avuto nella vita delle persone. I miei ruoli erano spontanei e semplici e per me quello che premia è che se ci sarà qualcuno che mi ha visto che mi incontra nel tram mi sorride e mi stringe la mano, il che per me è quello che conta sul serio.
E dopo il momento Amarcord, Tornando all’Indie, chi ti piace dei gruppi della scena internazionale?
I Columbus Ohio, Times New Vicking, Blood Red Shoes, Kings of Lion e gli ex Libertines, sia le band di Carl Barat che di Pete Doherty, perché sono sempre stato un grande fan dei Libertines che assieme a gruppi come gli Strokes hanno portato avanti l’idea dell’indie rock così come la vediamo adesso.
Autore: Veronica Serena Valli
www.myspace.com/orangeso79