I Massimo Volume sono qualcosa di importante per la musica italiana, con la loro esperienza musical-letteraria hanno avuto il merito di reinventare il la forma-canzone intesa nel suo rapporto tra suono e parola, istillandovi venature in delay e distorsione di realtà crude ed ineluttabili, di estremi paradossi e virate cocenti ancora mai raccontate allora, e, senz’altro, mai più raccontate con lo stesso spudorato realismo, con la stessa ipnotica solennità colloquiale, con le stesse storie mai finite e proprio per questo cucite sulla pelle.
Oggi i Massimo Volume sono tornati, dopo più di dieci anni di assenza, per un tour di tributo a ciò che è stato, e probabilmente per qualcosa al futuro, “qualcosa sulla vita”.
Affrontiamo questo intricato percorso musicale ed umano confortati dalle risposte di Emidio Clementi (il Clementi, come gli autori che si studiano a scuola, di cui si ha soggezione), voce e parola del gruppo.
Cominciamo dalla fine: Questa reunion ha fatto felice moltissime persone, Com’è nata la volontà di tornare assieme a suonare dopo quasi dieci anni?
E’ nato tutto un po’ per caso. Non ci fosse stata la proposta del Museo del Cinema di Torino e del Traffic non penso che saremmo tornati a suonare insieme, almeno non in tempi brevi. Ma succede anche nei rapporti sentimentali. Le coppie si lasciano e si riprendono, magari si rincontrano una sera in un bar dopo anni ed è difficile rispondere alla domanda: perché lo avete fatto?
Come conseguenza al vostro riavvicinamento, state lavorando a nuovi brani? E le vostre esibizioni contengono nuove soluzioni sonore o sono fedeli al passato?
Per questa tournée abbiamo deciso di essere il più possibile fedeli alle registrazioni, credo che fosse questo che il pubblico voleva da noi. Rispetto al nuovo materiale abbiamo qualche brano abbozzato durante i sound-check, ma nulla di chiuso. Il grosso verrà fatto tra gennaio e la primavera prossima.
Nella band è entrato anche Stefano Pilia, come cambia il vostro suono grazie a lui? E come avete pensato a lui per completare la formazione?
Siamo amici da anni e non abbiamo avuto dubbi quando si è trattato di scegliere un chitarrista da affiancare a Egle. Stefano è un musicista preciso e creativo e sono convinto che riuscirà a dare molto anche in fase creativa. Senza nulla togliere ai chitarristi che si sono avvicendati nella band in passato, credo che quella attuale sia la miglior line-up dei Massimo Volume di sempre.
Siete ciò che si definisce una band di culto, al di là di sterili mitologie, (“Abbiamo consacrato a nostri idoli le montagne intorno” – Emidio, scrivendo della vicenda Massimo Volume ne “L’ultimo Dio”, racconta della consapevolezza di essere stati importanti per molti che sentono le vostre storie sulla propria pelle, ndi), secondo voi, qual è la ragione di questo peso così significativo che rappresentate nella storia musicale di questo Paese? Vi siete fatti una vostra idea personale?
E’ difficile rispondere a questa domanda senza risultare presuntuosi. Ma in definitiva credo che il nostro pubblico percepisca una sincerità di fondo in ciò che scrivo. Si fida di me. E poi parlo di sensazioni e stati d’animo che tutti hanno provato almeno una volta nella vita. Al di là di ciò che può scrivere certa stampa, i miei testi sono molto semplici e diretti.
C’è chi ha conosciuto i Massimo Volume in un momento di sostanziale inattività, senza quindi aver vissuto la realtà che rappresentano le loro canzoni, amandoli e sentendoli comunque fortemente vicini. Come viene visto questo “attaccamento” da parte dei neofiti (costretti a vivere un percorso passato e non in divenire)? Questa reunion potrebbe anche essere per loro?
Sicuramente. Mi ha stupito vedere quanta gente giovane c’è ai nostri concerti. E’ uno dei motivi che ci ha spinto ad andare avanti. Credo addirittura che la fama del gruppo sia cresciuta in questi anni di inattività e questo mi fa pensare che la nostra poetica, il nostro suono, sia ancora attuale.
Com’è stata la vita di ciascuno di voi in questi anni lontano dai Massimo Volume? Come sono stati gli El~Muniria e i progetti in cui sono stati coinvolti gli altri in questi sei anni, dai Franklin Delano per Vittoria al disco di Egle e le collaborazioni con Moltheni e Ulan Bator? Com’è scorso il tempo, sempre lungo i bordi?
Ti dirò, bene. Nessuno di noi, credo, sentisse più di tanto la mancanza dei Massimo Volume. E questo è stato un bene, perché quando abbiamo ripreso a suonare insieme lo abbiamo fatto solo per il piacere che ci dava farlo. Non siamo schiavi della scena né del gruppo. Non ci spaventa un tipo di esistenza diverso, anche se immagino che tutti noi in futuro continueremo a muoverci in ambito artistico.
E’ assolutamente inevitabile: appena nel panorama musicale c’è qualche artista o performer che recita su base musicale, o soltanto azzarda un reading su riff di chitarra, il paragone con i Massimo Volume è d’obbligo. Ma dal vostro punto di vista, quali sono gli artisti che sentite più a voi vicini? e c’è, a questo proposito, qualcuno che invece vi ha fatto sentire che l’attinenza al vostro modello fosse, per così dire, impropria o eccessiva?
Per chi lavora con la creatività i “furti” sono indispensabili. Come noi abbiamo rubato agli Starfuckers, ai Cccp, a Steve Reich o a Coltrane è giusto che altri lo facciano con le nostre cose. Anzi, ne siamo orgogliosi.
E voi, nel corso della vostra carriera, a quali autori, sia musicalmente (Egle) che a livello letterario (Mimì) vi siete ispirati quando avete cominciato? Penso a personaggi border-line del panorama italiano, come il grande Faust’o, produttore di “Stanze”.
Agli inizi di una carriera si è sempre molto ricettivi. Non si ha ancora uno stile definito e si cerca di copiare agli altri il loro. E’ un passaggio molto importante nella crescita artistica. Poi, col tempo, si filtra e si seleziona molto di più. Sai meglio cosa puoi inserire nel tuo contenitore e cosa no. Quindici anni fa avrei dato un braccio per avere lo stesso sound dei Fugazi o dei Sonic Youth o scrivere gli stessi versi di Jim Carroll. Oggi pensiamo semplicemente a come migliorare quello che già sappiamo fare.
I vostri brani sono imbastiti come racconti di momenti di vita, anche grazie all’uso costante della prima persona (ad es: “Ada era la mia donna naturale” o ancora “Atto Definitivo: l’ho sempre considerato un bel titolo”). Questo vostro connotato distintivo è solo un espediente letterario o c’è davvero la vostra vita vissuta?
Entrambe le cose. Il più delle volte parlo di me. Ma succede anche di appropriarmi della vita degli altri. E’ una delle possibilità che dà la scrittura. Uscire dalla propria biografia. Vedere con gli occhi di un altro. Prendere in prestito un corpo diverso. Aprire porte che non sono mai state aperte.
Visti oggi, i brani dei Massimo Volume sono un grande corpus di storie e suoni. Dal vostro punto di vista, tutti i brani hanno resistito alla prova del tempo? Nel senso, col distacco degli anni, quali sono i brani che sentite, per qualche motivo, migliori degli altri?
Personalmente faccio più fatica con alcuni brani del primo disco, semplicemente perché sono passati quindici anni da quando ho scritto quei testi. Ma poi, quando li eseguiamo dal vivo, penso per esempio a Ronald, Tomas e io, vedere come tanti giovani si riconoscono in quelle parole, è una sensazione molto bella e appagante, che mi fa superare un certo disagio.
Come teatro dei vostri brani c’è sempre stata la forte presenza della città di Bologna (le cinghiate all’uscita del bar di Via del Pratello o i racconti intorno al ristorante greco in cui è cominciata la vostra esperienza). Cos’è stata effettivamente per voi Bologna? E cos’è ora?
Dobbiamo molto a Bologna. Ci ha strappati dalla provincia, ci ha fatto conoscere, ci ha dato stimoli. Per quanto la città negli anni sia cambiata, rimane comunque il luogo degli affetti. Sono più di vent’anni che vivo qui e l’amore che provo nei confronti di Bologna supera i momenti di stanca. Ma non so se sarà così per sempre.
Per concludere, a costo di essere tacciato di fanatismo: siete ancora “stanchi di novità”?
Credo non lo siamo mai stati.
Autore: Pasquale Napolitano (thanks to Elettra Boccia)
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