Diventati nel giro di un paio d’anni da giovane band di belle romesse “raccomandata” dai Franz Ferdinand a punto di riferimento della nuova scena rock britannica (e non solo), i Bloc Party si sono riaffacciati da qualche giorno sul mercato discografico con “A weekend in the city”, successore del pluri-decorato “Silent Alarm” (un milione di copie vendute, “Album Of The Year” del 2005 secondo il settimanale trend-setter NME, ben 69 settimane di permanenza nelle classifiche inglesi e ottimo riscontro un po’ ovunque nel mondo). Prodotto da Jacknife Lee (U2, Snow Patrol), “A weekend in the city” è il disco di un gruppo che sembra voler dimostrare a tutti i costi la raggiunta maturità (nonostante i componenti della band, Kele Okereke – chitarrista e cantante, Russel Lissack – chitarrista, Matt Tong – batterista e Gordon Moakes – bassista non siano neanche trentenni) e la propria estraneità (come dargli torto, da questo punto di vista?) al calderone costituito dalla miriade di gruppuscoli new-new wave che spuntano come funghi un po’ ovunque. Francamente il risultato m’è sembrato un po’ fiacco: a tratti troppo patinato, a tratti perso nella ricerca di una tensione emotiva che richiama alla mente i Tv On The Radio senza però raggiungerne la “profondità”, e lo spessore. In ogni caso non è questo il luogo dedicato alla critica. Meglio lasciar spazio alle parole scambiate qualche mese fa (prima di aver potuto ascoltare il disco, purtroppo) con il gentilissimo e disponibile Matt Tong…
“A weekend in the city” è stato presentato come un disco sulla “vita nelle metropoli moderne” o – come ho letto da qualche parte – sul “rumore vivente di una metropoli”. E’ possibile secondo te considerarlo come un concept album?
Mmm…si e no. Sicuramente quando abbiamo iniziato a lavorarci, nessuno di noi ha mai pensato che stessimo realizzando un concept-album. Ma senza dubbio Kele, rispetto al nostro disco precedente, ha preferito concentrarsi di più su determinati argomenti specifici, nella scrittura dei testi.
E’ Londra, la vostra città, la principale fonte d’ispirazione, in questo senso?
Certo è inevitabile che molte delle esperienze che abbiamo vissuto ad East London, da dove proveniamo, finisca nelle canzoni. Ma in linea di massima le storie raccontate nei brani potrebbero essere ambientate in qualsiasi metropoli occidentale. Ad esempio c’è una canzone espressamente dedicata a Berlino, intitolata “Kreuzberg” (nome di un famoso quartiere berlinese, n.d.r.), e ce n’è un’altra che ha come “sfondo” New York…
“Kreuzberg” è un titolo che m’è saltato subito agli occhi, infatti. Come nasce?
E’ una canzone che Kele ha scritto durante un periodo in cui decise di starsene un po’ da solo a Berlino. Il testo gli è stato ispirato da delle confessioni di un suo amico.
Poco dopo “Silent Alarm” avete pubblicato un disco di remix. In generale, qual è il vostro rapporto con i remix?
Oggi come oggi, onestamente, non sono sicuro che quell’album di remix fosse qualcosa di veramente necessario. In ogni caso è interessante osservare come, nelle ri-elaborazione dei nostri brani, vengano fuori dei particolari aspetti delle canzoni che gli autori dei remix decidono di valorizzare.
Ci saranno dei remix anche di brani del nuovo disco?
Sicuramente, anche se non sappiamo ancora di quali pezzi, visto che fino ad ora ci siamo concentrati soprattutto sulle registrazioni. Tra l’altro abbiamo qualcosa come 15 b-sides che non sono state incluse nel disco, e potremmo anche pensare di far remixare quelle.
Nella realizzazione di questo nuovo lavoro avete sentito un po’ la pressione di un successo raggiunto in maniera così straordinariamente veloce?
Devo dirti la verità: la sola pressione che abbiamo sentito è stata quella proveniente dall’interno della band stessa, determinata dal fatto che eravamo molto concentrati a migliorare il nostro modo di lavorare rispetto a quello che avevamo fatto per “Silent Alarm”, e dimostrare all’esterno che eravamo progrediti come band, senza cadere nella tentazione di replicarci.
Quali sono le differenze sostanziali – secondo te – tra il primo disco e “A weekend in the city”?
Credo che da un punto di vista strettamente musicale, lo spettro sonoro di “A Weekend In The City” sia nettamente più ampio rispetto al nostro primo disco. Ci siamo concentrati molto di più sulle canzoni, anche considerando il fatto che – come dicevamo prima – i testi di Kele sono concentrati verso certe direzioni in particolare.
Ho letto in una vostra biografia che la vostra band si è formata grazie all’incontro tra Kele e Russell al Reading Festival del 1998. Avreste mai immaginato che solo qualche anno dopo in quel festival così importante ci avreste suonato?
Ne abbiamo parlato spesso, di questa storia. Per noi è stato semplicemente incredibile suonare al Reading Festival, tra l’altro come headliner del secondo palco! Sai, quando ti trovi a far parte del pubblico di un festival, nel bel mezzo della folla, non ti verrebbe mai in mente che un giorno potresti ritrovarti “dall’altra parte”, sul palco!
Ora siete voi a ritrovarvi davanti a migliaia di fan… Eppure cercate di avere un rapporto con i vostri ammiratori quanto più possibile “diretto”, è così?
Si, cerchiamo sempre di restare in contatto con i fan tramite internet, attraverso la pagina del fan club. A noi piacerebbe poter dedicare un po’ di tempo a tutte le persone che vengono a scambiare quattro chiacchiere con noi, ma è sempre molto difficile quando siamo in tour, visto che siamo sempre molto impegnati e “di fretta”. E’ per questo che spesso facciamo concerti dedicati solo agli iscritti del fan club, dove la dimensione è più intima e confidenziale…
Come pensi che reagirà la gente all’ascolto di “A weekend in the city”?
Non lo so. Sicuramente tutti quelli che si aspettavano da noi una sorta di “Silent Alarm parte seconda” disapproveranno le scelte che abbiamo fatto per il nuovo disco. In ogni caso, per quanto c’interessi il responso dei fan e degli appassionati, non è facile fare musica se ci si concentra troppo su quali potrebbero essere le opinioni della gente. Per noi è importante fare musica che soddisfi innanzitutto noi stessi!Autore: Daniele Lama
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