Concetto taoista del mutamento: Kieran Hebden alias Four Tet, un politicizzato dell’elettronica intimista e personaggio fluido, aperto, in divenire.
Infinite, in un afosa giornata di luglio, sono state le domande che gli ho posto, trasformatesi in breve in una specie di discussione a più livelli (avevo scoperto che il numero a cui chiamavo era di casa sua, questo ha stimolato la mia invadenza, non senza goderne dei frutti, anche se penso che abbia successivamente cambiato recapito!!). Un dialogo appunto, come direbbe lui, incessante, talora dai fini più speculativi, intriso di ampi spunti di riflessione sociologica.
Anzitutto sono sconcertata – lo dico per rompere il ghiaccio – hai lavorato con nomi quali Pole, Aphex Twin, 2 banks of four his name is alive e tantissimi altrei, poi una fruttuosa ed interessante amicizia nata quasi per caso con Steve Reid : Ci sono ancora collaborazioni in atto con Sam Jeffers e Adem Ilhan del tuo originario gruppo di formazione, i Fridge?
C’è amicizia, dunque ci teniamo sempre in contatto, cosa che in passato ha dato alcuni frutti, anche per il mini cd con quattro remix facemmo lo stesso, capitano le idee e ci scambiamo argomenti di valutazione e opinioni…
Cosa significa per te remissare, reinterpretare? L’elettronica acquista questo nuovo metodo, come nelle peel session di jazz o come quando si ascoltano interpretazioni di pieces di musica classica…i tuoi mezzi sono radicati nell’elettronica…e tu rielabori per puro piacere di rioggettivare o cosa?
E’ appunto questo il motivo, come nelle session jazz analizzo un pezzo che mi ha particolarmente colpito ed unito ad altri nell’ambito di un dj set, con una mia logica elaboro una tensione per esprimere le cose che sento. Testimonio e rielaboro emozioni più o meno forti.
L’importante è trovare i mezzi giusti per proporre ogni singolo punto di vista…
La tua musica comunque in quanto a una logica personale si dispone a mille miglia di distanza sia da fonti più effimere che da una creatività più geometrica, fredda, di analisi interpretativa distaccata…
E’ organica, di cuore. Ragiono secondo i risultati che vorrei ottenere da chi mi ascolta. La musica in genere non è semplicemente qualcosa di impersonale, freddo. Non è simile ad un dipinto da osservare, che non sempre riesce a colpire. Essa penetra in mondi sconosciuti, costituendo una parte del subconscio, ragione per cui io la reputo formativa, intrisa di responsabilità!
Dichiarazione d’intenti simile ad “Everithing ecstatic”, diverso dagli album precedenti proprio per lo scopo prefisso.
Molte cose sono maturate… già in me era presente una forma di dominio del messaggio nei confronti di chi si soffermava ad ascoltare…
L’effetto della tua vicinanza con Reid ha maturato una visione più “sacrale” della black music?
La mia musica, nel suo essere sperimentale, mi appare spesso simile ad un coro di artisti gospel che tenta di raggiungere un livello di perfezione emotiva e compartecipazione mentre cerca di comunicare. Nei miei pezzi non ci sono parti cantate, ma è come se ci fossero.
Ma di fatto la spiritualità potrebbe fluttuare tra i sampler i campionamenti, i loop elettronici o i gorgheggi digitali…
Una nuova intensa spiritualità…ecco perché ci credo! Il mio lavoro è come un esperimento, ma forse nel tempo sarà la testimonianza di una diversa affermazione, affermazione elettronica…
E la confluenza del jazz, in quest’ultimo periodo?
Mi permette di esprimermi in spazi e luoghi più ampi, amplificando le immagini da dare, il risultato.
Ma anche l’hip hop, a cui sono legato, torna frequente nelle mie composizioni: rappresenta la mia parte vocale inespressa.
Con i Fridge era un’iniziazione del tessuto sonoro che avresti usato successivamente, sei cambiato parecchio… le tue motivazioni artistiche si sono meglio definite…
Si, infatti, in qualcosa di socialmente più edificabile.
Più partecipe, meno celebrativa di se stessa…
C’è più anima, più passione, con punti di vista sfaccettati ma distinti…musica elettronica vuol dire contemporaneità, perciò difficoltà quotidiane in tutti i mondi espressivi…
Come credi che sia stata assorbita in questi ultimi tempi la musica elettronica ?
E’ ancora vista con sospetto, soprattutto laddove si crede che gli strumenti abbiano una maggior sostanza, un approccio fisico e spirituale più intenso… ma io vedo un nitido cambiamento, soprattutto per chi ascolta. C’è un numero elevatissimo di ragazzi che traduce in parole i suoni digitali…
Ma ci sono delle difficoltà sostanziali, la televisione, i media, un bombardamento mediatico che sta corrompendo ormai da tanto la sensibilità, in Inghilterra, un po’ ovunque.
Fa una certa impressione vederti sul palco assieme a Steve Reid, meraviglia del vigore jazzistico. Voi due sul palco a gozzovigliare tra spartiti, ricordi, sensazioni e improvvisazioni comuni…
Spirit walk (il disco del 2005 dello Steve Reid Ensemble, in cui appare come ospite Kieran Hebden, n.d.i.) testimonia appieno l’origine di tutto…
Hai dovuto creare prima un momento di accordo, qualcosa per stabilire un contatto? Come ti sei visto in sua compagnia a suonare, c’è stata qualche banale forma di imbarazzo?
La musica afroamericana, le ritmiche, il soul, soprattutto quello degli anni sessanta e lo stesso Steve, la sua storia, mi avevano già accompagnato da anni in tutte le mie ricerche, ci siamo incontrati e riconosciuti, è stato tutto molto spontaneo immediato e divertente…Autore: Lorenza Ercolino
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