E’ appena stato in tour in Italia con la sua nuova band, i Rippled Souls. E conta di tornare presto con gli Stems, la leggendaria formazione garage a cui è legato indissolubilmente il suo nome.
Dom Mariani ha attraversato venticinque anni di rock australiano con una classe cristallina e un dinamismo incredibile. Da principio con i formidabili Stems, quindi con i Someloves, con gli eccellenti DM3 (considerati da molti il miglior gruppo power-pop dei ’90) e con vari progetti collaterali quali Stonefish e Summer Suns. Gruppi diversi però uniti da un identico obiettivo: scrivere la canzone pop perfetta.
Negli ultimi cinque anni l’attività artistica di Dom è stata addirittura frenetica: ha dato vita al progetto strumentale Majestic Kelp, è entrato a far parte della garage-band Stoneage Hearts e ha pure pubblicato il suo primo album da solista, “Homespun Blues & Greens”.
Ma soprattutto ha riformato gli Stems con cui ha girato in tour l’Australia e fatto una capatina negli States e in Europa, prima di mettere mano a un nuovo disco che dovrebbe vedere la luce quest’estate, a quasi vent’anni dall’epocale “At First Sight”.
Non poteva esserci un periodo migliore per pubblicare un’antologia che ripercoresse le tappe di una carriera così intensa e prodiga di soddisfazioni. Ci ha pensato la Citadel che qualche mese fa ha dato alle stampe “Popsided Guitar”. Con la scusa dell’uscita del disco e della recente tournée italiana, abbiamo incontrato Dom per un lungo viaggio in venticinque anni di garage, power-pop e rock’n’roll vissuti alla grande.
Non molto tempo fa è uscita “Popsided Guitar”, una retrospettiva sulla tua lunga carriera. Perché hai deciso di fermarti e fare il punto sulla tua attività musicale proprio adesso?
Originariamente l’idea era di realizzare un “best of” dei DM3, ma la Citadel suggerì di pubblicare un’antologia che contenesse canzoni tratte da tutti i gruppi e i progetti in cui sono stato coinvolto nel corso degli anni. Ciò è coinciso con il ventennale delle mie prime registrazioni con gli Stems. L’idea mi è piaciuta e mi ha dato la chance di far conoscere progetti meno noti quali Stonefish e Stoneage Hearts. Ciononostante, desideravo che la parte del leone la facessero i brani dei DM3, così “Popsided Guitar” si è trasformato in un doppio CD. Vent’anni di attività musicale mi sembrano abbastanza per fermarsi e riflettere, non necessariamente per fermarsi. Guardo con curiosità ai prossimi venti.
Torniamo agli inizi della tua carriera. Quando hai formato il tuo primo gruppo e che musica ascoltavi allora?
Formai la mia prima band all’età di 14 anni. Ci chiamavamo The Impact e suonavano principalmente cover strumentali di gruppo come gli Shadows Apache. Un anno dopo inserimmo le voci e il nostro repertorio consisteva in brani di Creedence, Beatles, Rolling Stones e dei primi Bee Gees, prima della loro evoluzione disco. Eravamo davvero fuori moda per i tempi. La maggior parte dei miei compagni di scuola ascoltavano gli Slade, i Led Zeppelin o i Black Sabbath.
Com’è stato crescere a Perth negli anni 60, essendo figlio di emigranti italiani, e che tipo di scena c’era all’epoca in Australia?
Non era per niente semplice per un ragazzino figlio di emigranti italiani crescere a Perth allora. La discriminazione era molto forte e mi sentivo un outsider, di seconda classe. Odiavo essere chiamato “Ding” o “Wog”. Era spiacevole. Le cose, ovviamente, sono molto diverse adesso.
Da ragazzino non conoscevo molto della scena musicale, solo ciò che veniva trasmesso per radio nella Top 40 che all’epoca era davvero forte. E’ stato solo alla metà degli anni ’70 che ho iniziato a far caso a ciò che succedeva nell’ambiente musicale. Personalmente vivevo come in una capsula temporale, un po’ indietro rispetto ai tempi, dal momento che amavo i gruppi degli anni ’60 come i Beatles, i Creedence e gli Stones. I primi ricordi della scena musicale di Perth sono di un programma sulla TV locale chiamato “Club 17”, che veniva presentato da Johnny Young & The Strangers e nei quali suonavano gruppi come gli Easybeats e i Valentines. Bon Scott (poi negli AC/DC, ndr) suonava nei Valentines.
Come nacquero gli Stems e come mai il gruppo si dissolse dopo pochi singoli e un album acclamato, quando sembrava foste sul punto di conquistare un successo enorme?
Era il 1983, avevo appena lasciato il mio gruppo precedente ed ero abbastanza stufo della scena musicale in generale. In giro c’erano troppe band da NME con i capelli cotonati che suonavano le tastiere! Una merda! Io volevo soltanto tornare indietro e suonare un po’ di semplice energico rock’n’roll chitarristico con un forte senso del divertimento. Le nostre influenze e linee-guida erano rigidissime: garage punk dei ‘60, il rock degli anni Sessante e power-pop anni ‘70/’80. Così nacquero gli Stems. Per tre anni e mezzo si trattò di costruire un grande seguito e ottenere rispetto. Un attimo e ci sciogliemmo: bastò un tour disastroso, un cattivo management e i membri del gruppo non si sopportavano più. Il divertimento se n’era andato ed io ne avevo abbastanza. Così lasciai la band e fu la fine.
Dopo gli Stems formasti i Someloves assieme a Daryl Mather proveniente dai Lime Spiders. Il gruppo era fondamentalmente un progetto di studio. Perché non voleste suonare dal vivo con quella band e vi scioglieste dopo solo qualche singolo e la pubblicazione dell’album “Something Or Other”?
Dopo lo scioglimento degli Stems, ero ancora legato contrattualmente alla Mushroom Records che mi chiese di continuare con un nuovo progetto o di riformare una nuova line-up degli Stems. Non me la sentivo proprio a fare rivivere gli Stems. Ero un po’ stanco della musica dei Sixties e stavo inseguendo uno stile di songwriting più power-pop, qualcosa verso cui gli Stems si stavano muovendo nell’ultimo periodo. Darrly Mather ed io avevamo già registrato un singolo per Citadel (“It’s My Time/Don’t Talk About Us”) e iniziato a registrarne un altro (“Know You Now”) proprio un attimo prima che gli Stems si sciogliessero. Dopo aver pubblicato il secondo sette pollici per Mushroom, nacque l’idea di incidere un album intero. “Something Or Other” fu pubblicato nei primi mesi del 1990 e fummo incoraggiati dall’etichetta ad andare in tour per promuovere il disco, ma resistemmo dicendo che i Someloves erano un progetto di studio. Questa era la posizione di Darryl. Sfortunatamente la cosa non andò bene alla Mushroom che scaricò la band.
Raccontaci qualcosa dei tuoi progetti collaterali Stonefish (’85 – ‘86) e Summer Suns (’87 – ’88).
Gli Stonefish furono un progetto estemporaneo: un gruppo di vecchi amici che si riunirono per registrare una serie di brani strumentali che suonavamo con una band precedente, i Go-Starts.
Nei Summer Suns si è trattato di una situazione particolare, non fui un membro effettivo di un vero gruppo. Nel 1986 Gary Chambers degli Stems ed io registrammo il singolo “Rachael Anne/Honey Pearl” con Kim Williams. Kim decise di mantenere in vita il gruppo e continuare con altri membri. Mi chiese di suonare la chitarra in quella formazione immediatamente dopo lo scioglimento degli Stems e subito prima dei Someloves.
Come e quando ti sei sentito pronto a ricominciare con un nuovo gruppo?
Dopo essermi preso un anno di pausa e aver suonato solo qualche concerto dal vivo, mi sentii nuovamente pieno di energia all’idea di avere una nuova band. In quel periodo stavo scrivendo un sacco di nuove canzoni e non più avevo il fiato sul collo di nessuna etichetta major.
Così formasti i DM3 insieme ad altri due “italiani”, Tony Italiano e Pascal Bartolone. Quali obiettivi musicali volevi perseguire con quella formazione?
In realtà i DM3 divennero un trio di “italiani” solo dal secondo album, da cui il titolo “Road To Rome” che era un gioco di parole con “Road To Ruin”, l’album dei Ramones che preferisco. La formazione originale era un quartetto con Ian Campbell alla chitarra.
Comunque avere un gruppo di italo-australiani significava che potevi tranquillamente ordinare in un ristorante italiano senza dovere spiegare il menu, che potevi goderti un buon espresso insieme e discutere su quale delle nostre madri preparava i migliori ravioli. Musicalmente l’obiettivo rimaneva lo stesso: scrivere e suonare buona musica!
Mentre gli Stems erano un gruppo influenzato dal Sixties-sound e i Someloves un progetto decisamente pop, con i DM3 hai trovalo la formula alchemica per unire chitarre grintose e melodie accattivanti. Una volta mi dicesti che la gente considera i DM3 power-pop, me per te è solo rock’n’roll!
E’ proprio così. Ho sempre visto i DM3 come una rock’n’roll band. Mi è sempre piaciuta la parte più grintosa del rock’n’roll. Mi vengono alla mente gruppi come i Plimsouls e i Beat, ma anche formazioni più classiche quali Big Star, Badfinger e Raspberries. Sfortunatamente ci sono stati alcuni gruppi che si sono definiti power-pop dando così questo nome a tutta la faccenda.
Qual’è sempre stato il tuo principale obiettivo artistico? Ascoltando le tue canzoni si ha come l’impressione che tu sia perennemente alla ricerca della perfetta canzone “pop”…
Credo che sia qualcosa che ha a che fare con un approccio di vecchio stampo, ma ho sempre amato l’arte di scrivere una canzone accattivante. Sono cresciuto ascoltando i grandi dei Sixties, per cui adoro una buona melodia e un gran riff di chitarra!
L’ultimo disco dei DM3, “Rippled Soul”, risale al 1998. Dobbiamo pensare a una lunga pausa oppure quella band è definitivamente sciolta?
C’è sempre la possibilità che i DM3 facciano un nuovo album. Stiamo aspettando il prossimo revival power-pop!
Gli ultimi anni ti hanno visto in forma smagliante: hai riformato gli Stems, pubblicato un album da solista, lavorato sul progetto strumentale Majestic Kelp, preso parte agli Stoneage Hearts. Dove trovi il tempo e l’ispirazione per tutti questi progetti?
Devo ammettere che ho una famiglia molto comprensiva, mia moglie Angie deve sopportare le mie continue assenze, però allo stesso tempo è lei a sostenermi molto. Quanto all’ultimo periodo, una volta che mi sono liberato mentalmente dal fatto di avere una band – i DM3 – ho sentito dentro di me che non avevo più nessun limite di tipo creativo. Adoro suonare cose diverse. Il power-pop non è l’unica cosa che posso fare.
Nel 2004 è uscito “Homespun Blues & Green”, il tuo primi album da solista. Perché ci hai messo tanto a realizzarlo?
In realtà avevo iniziato a lavorarci nel 2001, perdendo un po’ la spinta quando iniziai a registrare il primo disco dei Majestic Kelp. Non mi sentivo pronto a pubblicare un altro album di canzoni pop. Una volta uscito “Underwater Casino”, sono tornato a lavorare a “Homespun” con una nuova frescheza e vitalità di cui il disco ha beneficiato. Amo molto il mio disco da solista.
Sempre nello stesso anno sei entrato negli Stoneage Hearts con cui hai registrato l’eccellente “Guilt As A Sin”. Com’è stato far parte di una band in cui non eri il leader? Pensi di continuare a suonare con loro?
Ho apprezzato moltissimo la collaborazione con gli Stoneage Hearts. E’ stato tutto così veloce e semplice e per me è stato un sollievo essere in un gruppo di cui non ero il leader. La band è pura passione per il garage punk dei Sixties. In questo momento non so esattamente che farò con quel gruppo. Non abbiamo ancora parlato di un nuovo disco.
Perché gli Stems hanno deciso di riformarsi?
L’idea iniziale, suggerita da un promoter, era quella di fare soltanto un tour. Noi eravamo abbastanza cauti a riguardo, non sapevamo se la gente si sarebbe ricordata di noi e che tipo di sensazione avremmo provato a suonare ancora assieme. Siamo stati davvero sorpresi dalla risposta del pubblico e dal modo in cui la gente è stata così positiva nei confronti della band.
A che punto è il nuovo disco?
Non voglio dire troppo, ma sta procedendo bene. Dovrebbe essere nei negozi nella seconda metà dell’anno.
Se guardi indietro alla tua lunga carriera, quale tra i tuoi dischi ti dà le maggiori soddisfazioni?
Mi piacciono alcuni dischi, chi più chi meno, per diversi motivi. “Road To Rome” è un buon album dei DM3. “Homespun Blues and Greens” è il mio preferito.
Sei un songwriter prolifico e ispirato. Se dovessi scegliere una canzone degli Stems, una dei Someloves e una dei DM3, quali sarebbero?
Degli Stems “For Always”, dei DM3 “Second Floor” e dei Someloves “Know You Now”.
Sei appena stato in Italia con la tua nuova band, i Rippled Souls. Chi sono i musicisti che suonano con te e che aspettative hai per il resto del tour?
I Rippled Souls sono Stu Loasby, che suona anche nei Majestic Kelp e con i Burton Cool Suit, al basso, Kevin Borusso (già membro dei Superscope) alla chitarra e Shaun Sibbes degli Avenues alla batteria. Spero di suonare per quante più persone possibile e fare in modo che chi ci viene a vedere lasci la sala sorridendo. Così come è successo in Italia.
Progetti per il 2006?
Verso metà dell’anno dovrebbe essere fuori il nuovo album dei Majestic Kelp. Nello stesso periodo dovrebbero uscire pure il nuovo disco degli Stems, con cui andrò anche in tour, e un sette pollici per il mercato giapponese.Autore: Roberto Calabró
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