“Tengo Famiglia”. Sì, almeno loro – Polo, Sha One e Dj Simi – nella terra della crescita zero (non a Napoli, per la verità) possono con coscienza lanciarsi nella classica espressione partenopea che tutto giustifica. E che, potenzialmente, li scagiona di fronte agli aventi causa dei settori in cui operano quando sono distanti dal gruppo. Oggi non posso, “tengo Famiglia”, dice Sha One al drammaturgo che gli chiede puntualità alle prove per la piéce imminente; stesso ritornello oppone Polo ai factotum che gli ronzano intorno per impegni di mille e un tipo (promoters, franchiser, filmakers, galleristi); anche Simone, il dj, “tiene famiglia” quando riabbraccia i ruvidi breakbeat, accantonando solo per un attimo l’elegante cassa dritta della house newyorchese (spinta nei megaparty firmati Angels of Love).
La Famiglia è il loro team. Hip hop calorifero. Abbiamo imparato a distinguerlo, in tempi non sospetti: sin dal 1993. Ai poco allenati la napoletanissima lingua in cui si esprimono potrebbe anche suonare mandarino, aramaico, eschimese. Non ce ne cale: l’importante è il pugno al bassoventre che ti piglia quando i due mc mitragliano offbeat ermetici, sulle rotonde linee di basso. Da un po’ di tempo, nei live (ultimo in ordine di tempo quello tenuto a Napoli, al Duel Beat), si aggiunge una voce d’eccezione allo spettacolo rap: Enzo Gragnaniello.
Sono anni che La Famiglia scompare e riappare con fiammate improvvise nel panorama musicale italico. Ogni volta sorprende per l’attenzione che riesce a catalizzare intorno a sé. Ma durante i periodi “nascosti” cosa fate?
SHA ONE. Facciamo esperienze in altri campi. Nel cinema, nel teatro, nell’arte. Questo non vuol dire che il progetto musicale sia messo in secondo piano. Passa del tempo tra una “sortita” e l’altra perché aspettiamo di creare qualcosa di più meditato. Infatti un nuovo disco è in cantiere.
POLO. In effetti i tempi in cui ci facciamo vivi potrebbero apparire dilatati. In realtà sono funzionali alla nostra necessità individuale tesa a maturare conoscenze in altri campi. Inputs che poi riversiamo nel progetto musica. Che quindi è pienamente complementare alle altre cose.
SHA ONE. La musica insomma è una delle esperienze della Famiglia…di questa famiglia di pazzi.
Però, dall’esterno, sembra un modo di operare piuttosto free.
POLO. No, per niente. E’ tutto studiato a tavolino, perché non si può improvvisare il messaggio che intendiamo portare fuori.
Qual è il messaggio?
POLO. Sempre lo stesso: pace, unità, amore, fratellanza.
Un po’ datato, o no?
POLO. Si tratta di valori universali. Più passa il tempo e più ce n’è bisogno. Gli eventi tristemente noti di questo inizio del millennio accelerano tale impellenza: a partire dalle beghe di quartiere in Italia e a Napoli, alla situazione mondiale che è drammatica. I media soffiano sul fuoco: basta vedere come inseriscono il Golfo nelle cronache di tutto il mondo solo per le faide di camorra.
“Famiglia”, soprattutto al Sud significa anche clan. Chiusura, cortilismo. Sentimento di massima in molti litigi storici della scena hip hop italiana: Sa’Raza contro Area Cronica, Napoli contro la Provincia, sostenitori dello stile “east” contro amatori “west coast”. La vostra “famiglia” invece?
POLO. Noi sinceramente non siamo mai stati contro nessuno. Anzi siamo uno dei pochi gruppi in Italia che ha avuto un ottimo rapporto praticamente con tutti. Da quelli considerati più “commerciali” alle crew underground. L’insegnamento sull’hip hop di Afrika Bambataa (guru della Zulu Nation, la Mecca della cultura hip hop mondiale. ndr) viaggia decisamente nella direzione dell’unità.
Il crossover sul palco insieme ad Enzo Gragnaniello dove si può spingere?
SHA ONE. Sono convinto che non abbia limiti. Perché attinge dalla stessa radice, la medesima cultura musicale. Noi, poi, dai Sud Sound System a seguire abbiamo suonato con moltissimi artisti “non-hip hop”. E’ chiaro che se devo scegliere preferisco suonare con Gragnaniello piuttosto che con un cantante neomelodico napoletano. Non faccio polemica, è solo una scelta mia. Con un artista come Enzo ti accorgi che il cantato, la voce, si spinge oltre le parole, è una vibrazione diversa, palpabile, che ti arricchisce.
GRAGNANIELLO. La musica è qualcosa che vuole comunicare l’inesprimibile. Ognuno usa il suo linguaggio ma i fini si accomunano. La Famiglia ha un modo di fare musica e di fare live che è rituale, sciamanico. Assai accattivante e coinvolgente, almeno per me, per quello che è stato ed è il mio percorso artistico.
Vincenzo Salemme col suo nuovo show per la Rai, per lunghi tratti sembra speculare ancora forzosamente sul teatrismo partenopeo. Voi invece lo riprendente ironicamente, per lanciare un messaggio diverso. Che ne pensate?
SHA ONE. Salemme? Un’operazione per certi versi che ricorda i neomelodici. Quei colori, quell’eduardismo un po’ visto e rivisto non fa certo bene all’immagine di Napoli, che si stereotipizza – semmai ce ne fosse bisogno – ancora di più. Non ci interessa riprendere quel tipo di oleografia così com’è. Giocarci, con grande rispetto, è quanto tentiamo di mettere in atto.
Domanda che tutti vorrebbero porre a dj Simi: che affinità, se ce sono, tra una serata hip hop sul palco con La Famiglia e una notte house in console con gli Angels of Love?
SIMI: L’unico comun-denominatore che riconosco è far divertire gli altri con qualcosa di mio, con uno stile, che vado ad applicare alle diverse “discipline” e ai diversi contesti, sul palco o in console. Divertimento e passione sono uguali. La musica per me è a 360 gradi.
SHA ONE: Noi mc’s siamo in qualche modo limitati da un beat e da un certo stile di “cantare”, il rap. Il dj invece è un musicista, non può porsi dei limiti, arginare la sua creatività. Se senti dire “quel dj può essere anche bravo ma non suona hip hop quindi lo giudico di conseguenza” è una cavolata, perché il dj suona tutto per essere quello che è: più suona cose anche apparentemente distanti tra loro, più ne guadagna, ripeto, la sua creatività. E’ stato sempre così, a New York è stato sempre così. Forse siamo noi, in Italia a porci questi falsi problemi.
Quella al Duel Beat è stata la data che ha concluso il tour?
POLO. Noi…non concludiamo mai. Quella di Napoli è stata una delle tante tappe che facciamo durante l’anno. Anche quando non abbiamo il disco pronto, stai sicuro, continuiamo a fare concerti.
Vi farete accompagnare ancora da mister Gragnaniello?
POLO. Laddove sarà possibile, rimarrà sempre un piacere.Autore: Sandro Chetta