Bisogna dirlo: prima di incontrarlo di persona, in occasione del concerto dei suoi The Evens organizzato a Napoli lo scorso novembre, tutti noi di Freak Out avevamo nei confronti di Ian MacKaye (mente dei Fugazi e della Dischord Records) una sorta di timore reverenziale.
L’abbiamo sempre considerato come un guru dell’indie rock: potevamo mai comportarci come si trattasse di un musicista qualsiasi?
Il suo veganesimo militante, poi, e il suo radicalismo, e la sua rigorosa etica do-it-yourself ce l’avevano fatto immaginare come un vero rompicoglioni, rigidamente – quasi ossessivamente – ancorato alle sue idee.
Niente di più sbagliato, signori. Ian ed Amy (The Evens, appunto) sono due persone s-p-l-e-n-d-i-d-e. Due musicisti dai quali moltissime band avrebbero tanto, ma davvero tanto, da imparare.
Persone umili e innamorate del loro lavoro. Persone curiose e disponibili, di quelle più interessate a sapere di te e della città in cui si trovano piuttosto che ad avere tutta l’attenzione su di sé.
Ian e Amy sono quel genere di persone, e di musicisti, che ti fanno continuare a pensare che – forse – sbattersi per la musica indipendente abbia ancora un senso.
Bando ai sentimentalismi, ecco quello che Ian c’ha detto riguardo il suo nuovo progetto musicale.
Innanzitutto: ci racconti com’è nato il progetto The Evens?
Io ed Amy siamo amici da molti anni, e da sempre ci piace parlare di musica. Nel 2001 i Fugazi hanno deciso di prendersi un lungo periodo di pausa, così io ed Amy abbiamo deciso di iniziare a suonare un po’ assieme. All’inizio non avevamo nessuna intenzione di mettere su una vera band, ma semplicemente di suonare per noi stessi, giusto per il piacere di farlo. Quando l’anno successivo i Fugazi hanno deciso che questo periodo di pausa sarebbe stato di una lunghezza indefinita, senza alcun programma di riprendere nel futuro prossimo, io ed Amy abbiamo deciso che avremmo potuto iniziare ad esibirci come The Evens. E’ stato un processo molto naturale…
Il vostro disco ha un suono molto “minimale”. E’ qualcosa di voluto?
L’avere un suono minimale, per noi, è la naturale conseguenza dell’essere un duo: non è stata una decisione stilistica…semplicemente è questo ciò che viene fuori essendo solo in due a suonare. In futuro potremmo coinvolgere altri musicisti nel progetto. Ma anche no. Ci sentiamo liberi di fare ciò che più ci piace…
Credo che i vostri pezzi suonino molto potenti ed energici, anche se non mi pare che siano pensati per essere suonati ad altissimi volumi: sembra si tratti – per quanto paradossale possa sembrare la definizione – di una sorta di “punk-rock intimo”…Mi sbaglio?
Questa è la tua opinione. E l’opinione di qualcuno non può mai considerarsi “sbagliata”. E’ importante non confondere, come spesso capita, il volume con la “potenza”: sebbene non c’è dubbio che qualcosa di loud, suonato a volume alto, possa essere potente, non sempre è così. Penso alle mie esperienze personali… alcuni dei momenti più importanti ed intensi della mia vita sono successi nel quasi completo silenzio.
Trovo che il modo di suonare la batteria di Amy sia molto creativo, e non si possa assolutamente considerare come una semplice componente ritmica delle canzoni. Questo mi fa pensare che i pezzi non siano stati scritti, come spesso accade, pensando innanzitutto alle parti vocali e di chitarra….
Infatti: le canzoni le scriviamo assieme, seguendo un processo emotivo che ci coinvolge allo stesso modo. Amy non è affatto semplicemente “quella-che-mantiene-il-tempo”, nel gruppo. Il suo approccio alla batteria è quello di una songwriter.
Nel testo di “All these governors” c’è questa frase: “Quando le cose dovrebbero funzionare, ma non funzionano / ecco il lavoro di tutti questi governanti”… E’ una frase che m’ha fatto pensare a quanto è successo l’anno scorso in seguito al disastro di New Orleans. In Europa non credevamo ai nostri occhi: gente che moriva, o che pativa la fame in quel modo, negli Stati Uniti! Credi che prima o poi gli Americani sapranno reagire a questi governanti?
Ciò che è successo a New Orleans non è sicuramente un esempio di buon governo. La verità però è che la canzone non parla dei governi inefficienti ma, al contrario, di quei governi che sono eccessivamente efficienti! Mi spiego: l’idea è che spesso il governo ostacoli intenzionalmente il progresso delle persone per poter più facilmente avere il controllo della situazione.
Per quanto riguarda la reazione del popolo americano, soprattutto in riferimento al disastro di New Orleans: credo che quest’evento abbia minato ancora di più la credibilità di questa amministrazione. La loro arroganza e disorganizzazione in quell’occasione è stata fin troppo evidente.
Cosa significa essere un’artista indipendente nel 2006? Ci sono delle sostanziali differenze rispetto a quando hai iniziato a suonare?
Non ci sono grandissime differenze, secondo me. Con l’eccezione, forse, del maggior livello di attenzione dei media nei confronti della scena indipendente. Ci sono stati dei momenti in cui probabilmente l’apparire indipendente è diventato qualcosa di “moda”. Nella mia mente, essere artisti davvero indipendenti significa semplicemente gestirsi completamente da soli, nella totale autonomia.
Qualche mese fa c’è stata una polemica riguardante il fatto che la Nike aveva letteralmente “rubato” l’artwork di un disco dei Minor Threat per una sua campagna pubblicitaria. Ci puoi dire qualcosa a riguardo? Cosa sarebbe successo se la Nike avesse chiesto il permesso di usare quei lavori?
La questione con la Nike è stata sicuramente sovradimensionata: secondo me è stata come una tempesta in una tazza di the.
Una cretinata fatta da poche persone che lavorano alla Nike, che poi è esplosa in Internet. In questo caso si dovrebbe parlare più della potenza del web di amplificare le notizie, piuttosto che della “cattiveria” delle corporation. La Nike ha immediatamente ritirato il poster in questione, e si è scusata pubblicamente. Ci hanno anche offerto dei soldi come risarcimento, da devolvere ad una “buona causa” a nostra scelta. Stiamo valutando la cosa.
In ogni caso, se c’avessero chiesto il permesso di usare l’immagine, avremmo semplicemente risposto “no”.
L’ultima domanda: ci sarà un futuro per i Fugazi?
I Fugazi rimangono in una stato di stallo indefinito, senza alcun progetto di tornare a lavorare assieme nel futuro prossimo. Tutti i membri della band stanno bene, e siamo costantemente in contatto.
Autore: Daniele Lama
www.dischord.com/bands/evens.shtml