Avete presente un disco divertente? Non parlo dei soliti punk trallallero-trallallà dove si poga rovesciandosi la birra addosso, ma di qualcosa che vale in senso strettamente musicale, che dal punk (e dal pop) prende mille direzioni, secondo un godibilissimo e vorace intruglio di stili, senza comunque compromettere qualche gradito scuotimento di bacino. Questo su disco. Dal vivo il discorso sembra prendere sviluppi ancora più gustosi: lui (Rafter Roberts, chitarrista ma anche ricercato produttore nel giro indie di San Diego) e lei (Emily Joyce, voce maliziosa e batteria) a tenere botta sul palco nella definitiva armonia dei sessi – amici ex-fidanzatissimi, per giunta – più un revolving cast a-chi-coglio-coglio addetto perlopiù a una indolente sezione fiati. E una buona dose di rumoracci nel pieno rispetto di un’estetica diy che può contare su una strumentazione tragicomicamente povera. E se ne volete ancora di più, Rafter & Emily si prodigano nella narrazione di vita morte e miracoli di questa ibrida e strepitosa creatura. Che piacevole logorrea…
Bunky – sembra il nome di un pupazzo, o di un cartone animato…
(Rafter) Bunky è un incrocio di Bunny e Monkey, che è come ci chiamavamo quando io ed Emily stavamo insieme. Abbiamo formato una band, che altro nome potevamo dargli?
(Emily) Grazie! Mi piacciono entrambi. Se questa cosa da rockstar non va a buon fine, vorrei essere un cartoon. La storia di Bunny + Monkey è questa: un giorno io e Rafter ci siamo chiesti come far soldi. Lavorare per questi è ciò che ci fa abbassare, così volevamo un modo più semplice, e creativo. La genetica! La scienza! Ma sì! Così abbiamo pensato che incrociando un coniglietto (bunny) e una scimmia (monkey) avremmo inevitabilmente fatto… soldi! Però in una forma nuova e migliore – e più utile. Soldi che potessero riprodursi. Sì, la bioingegneria non è mai stata così chiara. Così abbiamo messo in una stanza un soffice coniglietto e una scimmia con una banana verde. I risultati sono imprevedibili quando ci si immischia nelle faccende di madre natura, però il giudizio a posteriori e così chiaro. Invece dei soldi è uscito fuori… bunky. Una specie di mostriciattolo freak. Ci è voluto del tempo per abituarvici, essendo state le nostre speranze abbattute in quel modo – ma ora ci piace. FINE
Ok, questa è la storia ma la verità è un’altra. Quando eravamo una coppia romantica ci chiamavamo con ogni nome di animaletto al punto da far vomitare chiunque fosse con noi. Mi piaceva pumpkin (zucca) perché Rafter è così rosso e così punk. E penso che Bunky sia nato proprio dalla storipatura di pumpkin, ma non ricordo esattamente. Hai presente quando cazzeggi con qualcuno e, nel dire scemenze, ti concedi ogni libertà con la fonetica? Bene, un giorno pumpkin è diventato ‘bunkin’ e infine ‘bunky’. E in quel momento… waaaaaaa! Abbiamo dovuto chiamare così la band perché è abbastanza ottusa, e noi siamo altrettanto ridicoli.
Avete suonato dal vivo per 3 anni. Come mai tutto questo tempo per far uscire un album?
(Rafter) Da quando posseggo uno studio di registrazione, potremmo registrare le nostre canzoni ogni pochi mesi – e ogni volta sarebbe diverso. Da quando suoniamo con i nostri amici – sempre diversi – ogni registrazione avrebbe arrangiamenti diversi, materiale diverso, e così via. Abbiamo troppe opzioni! Siamo dei maniaci perfezionisti e abbiamo voluto aspettare finchè non avessimo materiale per un disco che fosse veramente fantastico. Non rimpiango questa attesa, perché sono felice quando ascolto l’album. In questi 3 anni abbiamo fatto 3 EP – che non sono facilmente reperibili, a meno che non vieni a un nostro concerto. Emily e io ci siamo lasciati, strano destino, mentre lavoravamo al disco, e avevamo bisogno di un break prima di tornarci su, perché un sacco di canzoni sono sulla nostra storia… canzoni d’amore – che c’è ancora, anche se solo come amici!
(Emily) Per lo stesso motivo per cui ci è voluto tanto a rispondere a queste domande. Eccellenti capacità di procrastinazione. Mi piace il drammatico. Prendersi un sacco di tempo è abbastanza drammatico. Ci metto 4 ore per scrivere 3 frasi. Comunque. Quando iniziammo, la band faceva musica… divertente, tutt’altro che il noioso mondo dello studio di registrazione. Ero una batterista principiante e avevo bisogno di tempo per migliorare. La priorità era questa: divertiamoci – che è ciò che facciamo. Non ho mai sentito alcuna pressione per finire una registrazione entro un certo tempo. Volevamo che fosse un buon disco e basta, il che a volte significava non riascoltare più le registrazioni e uscire, chissenefrega, non è che ci fossero un milione di etichette alla nostra porta a dirci di far presto perché eravamo la next big thing. La vita ha bisogno di essere vissuta: suonare dal vivo è divertente, suonare in studio di meno, soprattutto incidere le parti vocali è veramente difficile per me. Poi sono stata letteralmente intimidita da Rafter perché è un tale prodigio creativo e sa essere molto diretto e brusco. Ho preso le sue critiche in maniera molto personale, mi sono sentita spesso sciocca e inadeguata, avrei voluto buttarmi giù e dire che non potevo farcela. A un certo punto sembrava che il disco fosse “quasi finito” in eterno: registrazioni, reincisioni, poi ritorno alla prima registrazione, ulteriori sovraincisoni, mix, remix e bla bla bla. Oltretutto c’era uno studio con altri gruppi che hanno scadenze ben precise, e che pagano, e che comunque è nostro, il che ti dà un’infinità di opzioni – quindi è difficile fermarsi e dire “va bene così”. Nell’estate 2003 Rafter decise di disdire la promessa di matrimonio e rompere con me. Inutile dirlo, continuare a lavorare con Rafter al disco era l’ultima cosa che volevo fare a quel punto. . ero stravolta. Abbiamo preso una pausa, ma quando abbiamo ripreso a suonare le cose andavano meglio, pronte a ritornare divertenti come prima. Sapevo di non poter rinunciare a un’amicizia con Rafter e mi mancava suonare con lui. Penso che rompere come coppia abbia fatto bene a noi come band. Ora siamo amici, e la nostra relazione è anche meno sdolcinata. So di stare meglio di prima in sua compagnia, di poter dire meglio cosa voglio (in termini di arrangiamenti musicali, mix o che altro di musicale) e reagire meglio alle sue correzioni. Sì, ci siamo concentrati di più sulla band, e ci siamo tolti la pressione del “doppio impegno” di dosso. Così abbiamo completato ciò che sembrava iniziato tanto tempo fa… e siamo cresciuti molto da allora. Il disco mi piace come prima e sono felice e orgogliosa quando lo ascolto – e ora so che tornarci a lavorare dopo aver rotto è valsa la pena! Spero solo che il prossimo disco non abbia una gestazione così travagliata – hahahahah!!
A proposito di live, che mi dite delle vostre performance in quel di San Diego, descritte da taluni come “leggendarie”? Che line-up avete sul palco?
(Rafter) Ogni show è diverso, pieno di energia ed eccitazione, e penso che questa cosa si traduca in un bel divertimento per il pubblico. Ora dal vivo siamo in 6 – batteria, basso, chitarra, tromba, sax e trombone, ma presto torneremo ad essere solo io ed Emily, chitarra (o basso), batteria, rumori strani e voce.
(Emily) “Leggendario” è una parola un po’ strana per me – forse siamo solo sorprendenti, soprattutto quando la gente si imbatte in noi per caso. Siamo soliti adattare le canzoni alla line-up, che è in continuo cambiamento. A volte io e Rafter abbiamo suonato da soli, altre volte ci sono degli amici che ci vengono a trovare onstage. In parte è una necessità, in altra parte è una questione di divertimento… Jason Crane ha suonato spessissimo con noi nei primi due anni ma dal momento che è anche in Rocket From The Crypt e Beehive & The Barracudas non sempre può essere della partita… la line-up è spesso improvvisata, a volte abbiamo ottimi ospiti, altre volte chi ci capita a tiro. Ma la faccenda è comunque interessante. C’è molta elasticità e non so Rafter cosa ne pensa. Una volta abbiamo suonato un set di cover di canzoni d’amore… era San Valentino – non suonai la batteria, cantai e alla fine dello show lanciai fiori al pubblico mentre gli facevo delle serenate… non se lo sarebbe aspettato nessuno!
Credo che “Born to Be a Motorcycle” sia il miglior esempio di pop-punk ascoltato di recente… una buona dose di ironia sui luoghi comuni del genere, più degli elementi “eterodossi” e quindi inaspettati – quei fiati jazz-blues per esempio. Ascolti, collaborazioni, il lavoro di Rafter come produttore… quali sono stati i fattori-chiave di tale creatività?
(Rafter) Siamo appassionati di musica – penso sia la cosa più importante, nel senso di non prediligere un solo genere. ascoltiamo roba tipo Fela Kuti, B52s, Deerhoof, Ella Fitzgerald, Muppets, Solomon Burke, Pavement, Fall, Wire, John Fahey, Skinny Puppy, Family Fodder, Boards Of Canada, Cody Chestnutt, Blonde Redhead, Modern Lovers, Dead Moon, Built To Spill, Pere Ubu, Velvet Underground, Devo, De La Soul, Subtle, Harry Nilsson, Gilberto Gil, Serge Gainsbourg, Magnetic Fields, Neil Young, Ween, D’Angelo, Outkast, Rapeman, Tom Petty, Stooges, Frogs, Shaggs ecc… poi ho lavorato a un sacco di dischi di grandi band, e quando aiuti qualcuno a fare un disco inevitabilmente assimili come apprezzare e creare quel tipo di sound. Inoltre scrivo musica per spot tv, quindi mi viene chiesto di creare di tutto, dall’hip hop al death metal alla musica orchestrale al bluegrass, e così via. Ho imparato a fare cose folli. Per finire, abbiamo degli amici incredibili, capaci di suonare in maniera pulita – i fiati mi affascinano da diversi anni, e siamo fortunati ad avere amici che li suonino così bene!!
(Emily) Abbiamo una mente aperta e apprezziamo roba molto eterogenea. Entrambi abbiamo una personalità molto eccentrica, ed è una cosa che si riflette in musica. La musica è un potere nel quale ho sempre creduto. Da teenager scappavo di casa per andare ai concerti, e anche se sapevo che questa cosa mi avrebbe segnato, la ritenevo di massima importanza. Poi ho avuto un lavoro in un locale di musica dal vivo. Ciò mi ha esposto ad alcune delle mie band preferite, che mi hanno ovviamente ispirato, e a molti modi di suonare che avrei poi cercato di riprodurre alla mia maniera. Negli ultimi due anni ho fatto da fonico per i live show al Casbah per emusic.com – che è stata un’altra grande esperienza, mi ha insegnato molto in fatto di ascolto.
Per di più l’album ha una struttura ben definita, nel senso che i brani seguono un’ordine “tipico” (opener tirata, potenziale singolo, regolari cambi di mood). Sembra così anche a voi, o la tracklist è uscita così per caso? A tale proposito, ‘Yes/No’ vi sembra davvero il singolo ideale dell’album?
(Emily) Una parte di ciò che figura sull’album potrebbe sembrare casuale, ma non è così. Non ho mai pensato a noi come a una band sforna-singoli, anche se è vero, ‘Yes/No’ fa muovere il culetto un bel po’.
(Rafter) Abbiamo provato svariate sequenze di brani, senza contare le canzoni registrate ma che non sono finite sull’album, per cui sì, la tracklist è stata studiata per avere più senso possibile. ‘Yes/No’ singolo? Ha ha! A un sacco di gente piace non poco… può davvero essere il vero singolo dell’album! Quella frase con la tromba!!! Wooo!! Pensa che c’è anche una early version di questo pezzo sul nostro website (http://www.bunkymusic.com) che pure mi piace un sacco…
I Bunky sono effettivamente il tuo (Rafter) progetto principale? Quali bisogni vengono soddisfatti dal suonare e dal produrre? Quest’ultima attività è di ausilio alla prima?
(Rafter) Sì, i Bunky sono l’attività n. 1 per noi, anche se sto lavorando a 3 album solisti (che usciranno quest’anno, sempre su Asthmatic Kitty) e un disco con un’altra band. Emily fa anche della roba folle su 4 piste e sul computer, ma non è ancora pronta per sfondare come nuova Gwen Stefani. Suonare dal vivo ci fa star bene, ogni show mi sembra il migliore mai fatto. Registrare dà sicuramente più stress, perché cerchiamo di coniugare il fun-feeling con la miglior resa dei grooves a cui pensiamo. In definitiva, più suoniamo dal vivo e meglio registriamo.
(Emily) Penso che suonare tanto dal vivo ci fa andar meglio in studio: ci aiuta a sapere che energia vogliamo per i brani. Fare delle jam e provare in studio invece ci tiene freschi. Registrare ci aiuta a raffinare gli arrangiamenti, i testi ecc., e penso che faccia bene anche alle live performances. C’è un rapporto simbiotico tra live e studio, abbiamo bisogno di entrambi. Un giorno forse riuscirò a fare un disco solista, ma per ora è un sogno nel cassetto… un po’ come quando nacquero i Bunky, nessuna fretta: mi gusto il processo di crescita muovendomi a piccoli passi.
Come descrivereste il far musica a San Diego? Con tutte le band di lì che crescono in popolarità, comincia ad assumere le fattezze della città di medie dimensioni ideale per un musicista…
(Rafter) E’ un posto fantastico per mettersi a far musica. La platea è aperta e dà sostegno, e ci sono un sacco di musicisti di talento con un bel seguito di fans. C’è un mutuo scambio di collaborazioni sui propri dischi, il che è veramente cool. Mi ricorda ciò che accadeva a Chicago negli anni 90, un sacco di collaborazioni, ma stilisticamente più eterogenee.
(Emily) San Diego è una città strana, mi piace tutta questa gente che si muove per creare qualcosa, ma a volte la gente è anche apatica. Ci sono bei concerti con poca gente, il che può essere bello nella prospettiva del pubblico, che vede qualcuno che ha fatto un sacco di strada per suonare per pochi intimi. Ma per chi suona è una rogna.
A proposito, come mai ci sono un sacco di musicisti di San Diego nel roster della Asthmatic Kitty – che però è in Wyoming?
(Emily) Il mondo si sta rimpicciolendo.
(Rafter) Lowell, il patrigno di Sufjan Stevens, è il main-man dell’etichetta, e Sufjan ha aiutato Liz Janes a fare il suo primo album. Liz si trasferì a San Diego con suo marito Michael (nei Soul Junk), che cominciò a lavorare per l’Asthmatic Kitty. Io aiutai Liz a fare il secondo album per la label, che poco dopo mise sotto contratto i Castanets, al cui disco ho collaborato. Quando il disco fu completato, chiesi loro se lo volevano far uscire per Asthmatic Kitty, e loro ‘yeeehhh!!’, e noi ‘yeeaaaaahhhhhh!!’. Comunque, Lowell vive nel Wyoming, Sufjan a New York.
Quanto al futuro, sia come Bunky che come… altro? Avete già del nuovo materiale pronto?
(Rafter) Le canzoni del prossimo album sono ai 2/3 del completamento. Sono 10 nuove canzoni, ma ne servono altre 5. Cominceremo a registrarle presto, e voglio che suonino molto pop, ma anche un po’ sporche e funky. E folli, ovviamente. Questo è ciò su cui ci stiamo concentrando, oltre a suonare qualche bel live. Vogliamo venire in Europa, dove sembra che il nostro disco sia piaciuto a un po’ di gente, grazie a dio!
(Emily) Il futuro è impossibile da prevedere. Spero che duriamo a lungo come band, e che continuiamo a fare musica strana, divertente, diversa, carina. Abbiamo fatto dei video artigianali e mi piacerebbe farne ancora, così come curare l’artwork dei flyers e delle t-shirt – e registrare. Siamo una band diy, ad ogni modo. Ci piace anche cucinare, magari faremo un libro di ricette? Penso sia un bene poter essere creativi su più livelli, così da rendere la vita appagante anziché noiosa. Per un major tour ci sarà da aspettare almeno un annetto. Rafter e la sua nuova fidanzata aspettano un bambino, sicchè per lui prevedo qualche pannolino da maneggiare e qualche notte insonne da assorbire…Autore: Roberto Villani
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