A volte basta cambiare il linguaggio… Nel bene e nel male lo sanno anche artisti italiani mainstream come Elisa, che da quando ha cominciato a cantare in italiano ha un po’ perso la sua verve rock, o gruppi del circuito di nicchia come, Enil La Fam o Cheap Wine per cui cantare in italiano sarebbe la fine della loro musica.
Ebbene, anche i 5 vispi ragazzini di Caserta, al secolo Dreamwaytales, hanno cominciato con l’inglese ma forse hanno trovato la loro via maestra con la lingua nazionale.
Pur contando all’attivo un intero album, Till the End, pubblicato nel 2009, e prima ancora un demo e una cover di Famous Last Words dei My Chemical Romance, i 5 giovanissimi capitanati dal carismatico vocalist Dario Cavaliere decidono oggi di svoltare verso la canzone in lingua madre.
Non che Till the End fosse un cattivo esordio: un’influenza chiara, che, oltre ai My Chemical, comprende band come Evanescence e Good Charlotte (con echi, nei momenti migliori, dei Placebo), ma forse di quell’influenza la band, non ancora matura, risentiva un po’, muovendosi all’interno del genere come semplici epigoni.
Con l’italiano, trovano anche creatività e l’originalità: inseriscono sintetizzatori e effetti più marcati, ed ecco che se il look resta fedele allo stile Emo, il sound è invece più maturo di prima.
Senza Fine è una canzone di impatto, sicuramente un ottimo singolo di lancio, ben costruito intorno alla struttura di base portata dalla chitarra di Ezio Vozza, e dalla sessione ritmica del basso di Claudio Iadicicco e della batteria di Luigi Formola, curato ad arte negli acuti di Cavaliere e nei contro-canti: sorprende poi che il video, girato artigianalmente, rivela sapiente presenza di palcoscenico, stile, impatto, e attenzione alla componente visiva (un bravo speciale al regista Ivan Forastiere), tutti elementi che sono sinonimi di maturità artistica e di consapevolezza delle proprie forze.
Al successo della band in futuro certo non guasterà che il chitarrista solista Augusto Bosco sia un esperto webmaster, né che i ragazzi si facciano consigliare bene su alcune scelte visive e sonore (dalla fotografa Francesca Rao, oltre che da Forastiere), o che sappiano bene il web per autopromuoversi e creare un caso attorno a sé (su You Tube proliferano cover, unplugged, improvvisazioni, live), ma in qualche modo la vera svolta è legata proprio all’uso della lingua: cantando in italiano i Dreamwaytales trovano una metrica più adatta alla voce acuta del cantante (ottima anche la sua presenza scenica) e soprattutto tale da renderli originali nel panorama italiano piuttosto che epigoni in quello internazionale.
Il B-Side del demo, Fragile, è tecnicamente un pezzo più semplice, ma non per questo inefficace. Anzi, è forse ancora più bello: di certo, fa capire che i margini di questo gruppo sono ampi, perché non c’è solo un pezzo fortunosamente azzeccato.
Colpisce, in entrambi i pezzi, l’uso dell’elettronica, che arricchisce il sound duramente elettrico con sfumature dark e melodiche allo stesso tempo, che portano l’ascoltatore lontano dai lidi italiani, per farlo volare di fantasia fino anche a Placebo o Tirty Seconds to Mars.
Data la giovane età dei ragazzi, forse è meglio rimanere coi piedi per terra: ma dire che la band promette bene è una banalità. I Dreamwaytales hanno già superato questa fase, sono una realtà musicale ben solida nel promettente circuito casertano, e provano adesso a sfondare nel mercato nazionale.
Autore: Francesco Postiglione