Autore: Daniele Lama _ photos by Valerio Berdini thanx to MusicOMH 29/09/2012 | |
Il Birthdays è uno dei locali più “hype” di Dalston, ma non capirò mai il perché. Al piano di sopra c’è un bar nemmeno particolarmente bello, la sala concerti è invece nel sottoscala. “Ladies and gentlemen, welcome in the basement“, si diverte più volte a urlare Jon Spencer nel microfono. Stasera si celebra l’uscita del nuovo disco della Blues Explosion, “Meat and bone” (il primo album in studio da otto anni a questa parte!), e il locale è quindi pieno di “invitati” – addetti ai lavori, credo perlopiù giornalisti o pseudo tali – più o meno consapevoli di quanto sarà per succedere da lì a breve. La sala, piccola (duecento persone, forse duecentocinquanta) è stracolma, quando i tre prendono possesso del piccolo palco e cominciano a riversare sui presenti la loro colata lavica di rock’n’roll animalesco. Gli occhiali dei bloggers delle prime file si appannano, i più sensibili si tappano le orecchie, i più audaci (considerando che trattasi perlopiù di un pubblico di mummie, diciamolo pure) cercano di muoversi a tempo. La scaletta è ovviamente incentrata sul nuovo lavoro. “Bag of Bones”, “Bottle Baby”, “Black Thoughts” ci mostrano una band in stato di grazia, che pare non risentire minimamente del passare degli anni. La formula è la stessa di sempre: blues primordiale, schegge di funk (“Get Your Pants Off”), Captain Beefheart, Stooges e Cramps frullati assieme a cinquant’anni di rock’n’roll. La Blues Explosion è ora sexy e un secondo dopo truculenta (come la copertina di “Meat and bone”), non conosce compromessi né piacionerie. La Blues Explosion è feroce e selvaggia, e godersi questi tre signori a pochi centimetri dal palco è una gioia per gli occhi e per le orecchie (il mio timpano sinistro dissente, ma poco importa). Russell Simins, dietro i tamburi (in una batteria rigorosamente senza tom… a chi servono i tom per suonare il rock’n’roll?) è semplicemente perfetto, sia quando si tratta di cimentarsi in cambi di tempo rocamboleschi, sia quando si tratta “semplicemente” di picchiare duro. Judah Bauer, alla chitarra, macina milioni di riff con nonchalance, facendo dialogare il suo strumento con le sei corde di Jon, disegnando la spina dorsale dei brani della band. Jon è il front-man che tutte le band sognano di avere. Cerca di coinvolgere il pubblico a tutti i costi, anche scendendo dal palco e suonando tra le prime file, a un certo punto. Sul palco non hanno tecnici o assistenti, quindi se si rompe una corda della chitarra Judah chiede a un ragazzo in prima fila di cambiargliela, mentre ne imbraccia un’altra, e se l’asta del microfono se ne scende, poco male, Jon canta piegato in due, col microfono che per poco non viene inghiottito. Poco più di un’ora di set, niente bis. Non un secondo di calo di tensione, non un secondo di noia. Ci fossero più gruppi capaci di concerti del genere, nessuno si prenderebbe la briga di parlare di “morte del rock”. Fossi stato un componente della band di hipster di turno in programma al Birthdays il giorno dopo, avrei chiamato il locale inventandomi una scusa per cancellare la serata. La Blues Explosion è tornata, finalmente. Ed è una bellissima notizia. | |
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