“E’ il vostro disco più maturo?” avevo ingenuamente chiesto a Nandu Popu dei SSS. “Ovvio – è stata la risposta – è l’ultimo che abbiamo fatto…”. Ovvio sì, ammesso che crescere – anagraficamente – voglia dire in ogni caso progresso d’idee, consolidamento. E “Acqua Pe Sta Terra!” in un certo senso consolida, pur non apportando impennate madornali al cursus honorum del gruppo salentino. Lo score è quello di sempre, vivo, vegeto e mai genuflesso alle flessioni commerciali che pure i nostri potevano permettersi senza scandali. Attenta è la varietà smeraldo dei riddim e la fondamentale dimensione dei testi. Ricorsive nelle tematiche di sempre, le liriche sono però limate in profondità, perché chiaro e mai banale appaia il Messaggio – che se messaggio, “cura antica”, non c’è, non esiste reggae music. L’acqua agognata nel titolo è l’elemento basico che da parecchio tempo (da sempre?) scarseggia. Nel deserto di emozioni si (ri)chiedono oasi di prolificità.
Il solare idioma grecanico della loro terra – declamato dolcemente o staffilato a mille all’ora – è ancora munizione indispensabile per spalancare varchi loquaci, godibili e stordenti. Il valore in più lo forniscono dorate collaborazioni con la prima scelta della scena mondiale. Luciano imperatore new roots canta nella profetica “Now Is The Time”; General Levy molosso all’attacco, si impegna in tandem con Terron Fabio e company nella ribollente “Nu Te Fa Futtere”. “Jah Jah Is Calling” scorre in forma di preghiera fascinosa e vibrante come le ali di un colibrì: e l’innesto in partnership di Anthony Johnson funge da cardine “sacerdotale”. Rabbia SSS: la macchina bashment di “Giungla” inchioda al muro Babylon e alla pista i “guagnuni” delle dancehall; “Amore E Odiu” fa altrettanto, con un comandamento in più: “la ragionevolezza è quiddrha ca ne salva sai”. Non fa una grinza, è la maturità.
Autore: Sandro Chetta