Ricordate? Agli albori del post-rock oltre agli inquietanti Slint c’erano anche formazioni più miti come i Gastr del Sol (i primi si sono di recente riformati, i secondi resistono alla tentazione causa antichi rancori interni mai sopiti): beh, gli italiani Uber sembrano scegliere come spunto artistico proprio le sofisticate movenze in punta di chitarra di David Grubbs e Jim ’O Rourke che 15 anni fa tanto ci impressionarono.
Qui per la verità le chitarre elettriche sostituiscono quelle acustiche, e in qualche traccia – la coda finale di ‘El Chabe’ – i nostri spingono di più sull’acceleratore, ma per il resto è un susseguirsi di tempi 4/4 regolari come il battito cardiaco, cervellotici e brevi schizzi di chitarra distribuiti su due battute e ripetuti poi in sottofondo lungo tutto il pezzo, inserti morbidi di sax be-bop che se ne vanno per la tangente (il sax di Ombretta Pacini è sicuramente il marchio caratteristico del progetto): una ricerca musicale intelligente che coinvolge l’ascoltatore e lo porta per mano nel godibile e – talvolta – desiderabile tedio di una domenica pomeriggio senza partite di campionato da seguire alla radio.
Gli Uber sono cinque musicisti lucchesi – Gabriele Frediani (basso-voce), Claudio Saettoni (chitarra), Marco Vannucci (chitarra-voce), Francesco Spinolo (batteria) ed Ombretta Pacini (sax) – che vogliono dare uno scossone all’ambiente musicale troppo conservatore della loro cittadina; in parte il disco riesce ad interessare e – consci dei propri limiti – i 5 musicisti evitano il confronto col vero e proprio jazz moderno e con numi tutelari quali Arto Lindsay: i pezzi sono infatti brevi ed il tutto è facile da seguire; nelle parti più pop addirittura sembra di ascoltare i rassicuranti Perturbazione cantati in lingua inglese.
Tuttavia la ripetitività di quelle pennellate di chitarra – volutamente insistite come tema di base “nei” singoli pezzi – rischia di trasformarsi in ripetitività “tra” i vari pezzi quando le idee di partenza si somigliano un po’ tutte ed i suoni son sempre gli stessi: le 12 tracce paiono tutte variazioni su un unico tema, il che lascia inevitabilmente insoddisfatti.
Una curiosità: nel disco c’è una traccia che si chiama – profeticamente – ‘Waiting for a New Pop(e)’, ed ora che scrivo in effetti è proprio così poichè a Roma stà cominciando il Conclave per l’elezione del nuovo Papa: ma come facevano gli Uber ad immaginarlo, qualche mese fa?!
Autore: Fausto Turi