Gli Inferno da Roma ci propongono un grind-core ben calibrato con voce non filtrata che si rifà in parte all’innovativa scena nordica europea degli ultimi anni (Raised Fist, Breach), in parte all’approccio più trash’n’roll delle storiche band old-school americane (Gorilla Biscuits, Bad Brains, Black Flag). Loro lo chiamano “sci-fi grin’n’roll” e nella robusta trama d’acciaio delle chitarre s’insinua sottile il sintetizzatore, con risultati altalenanti in quanto la sintesi riesce bene in pezzi come ‘Me vs. the Incredibile Hulk’, ‘Lavonia’, ‘The Monster’ ma meno quando il muro sonoro trash occupa l’intera banda sonora ed un treno in corsa toglie spazio agli esili bip sintetizzati. Tra i pezzi poi vi sono intermezzi elettronici che alleggeriscono l’atmosfera ma spezzano inevitabilmente il ritmo; operazione lodevole e difficile coniugare il grind-core con l’elettronica: anche questa è una forma di crossover per molti versi ancora da approfondire ed il percorso degli Inferno sembra giunto, dall’ascolto dell’EP qui presente, ad una tappa intermedia.
Il dischetto è prodotto molto bene, dura 30 minuti, azzarda qualche sperimentazione non del tutto ingenua: specialmente la tromba in evidenza in ‘Lowest Common Detonator’ è una bella idea. Giocano poi sull’immaginario horror-cartoons per rappresentare il malessere individuale e sociale e sovvertire provocatoriamente certi nostri schemi mentali (un po’ come ha fatto la parata di mostri dei Le Loup Garou in “Capri Apocalypse”, sempre quest’anno): anche questa è una scelta piuttosto coraggiosa in un genere musicale tradizionalmente nichilista, che si prende parecchio sul serio e diffidente verso l’uso di simbolismi e metafore che non siano sinistri. Chissà quale può essere la reazione del pubblico hardcore più oltranzista nei confronti di queste proposte.
Autore: Fausto Turi