A poco a poco anche la Eclectic Circus, etichetta meneghina nata praticamente l’altroieri, incrementa roster e catalogo. Con i C.V.D. (quella sigla che si apponeva a scuola ad avvenuta quadratura di un teorema matematico: “come volevasi dimostrare” – o vorranno sottintendere altro?) siamo a tre, dopo Slim (così così) e Marta Sui Tubi (più significativi), realizzando anche un assortimento stilistico che rende poco definibile l’orientamento della label.
Siamo ai C.V.D., dunque, quartetto ravennate che, prima di questo debut album, qualche anno di gavetta alle spalle può già vantarlo. Un’esperienza che traspare abbastanza chiaramente dai solchi di questo debut album: suoni levigati, intensi, e una capacità compositiva che, adagiata su un’indole romantica e ribelle, bypassa i facili schematismi della forma canzone o del riff per ricorrere di volta in volta alla formula più adatta ad assecondare l’istinto creativo. E dove va ad adagiarsi, in proposito, quest’indole?
L’iniziale ‘GMT’ ci ricorda dell’esistenza – ora non più – di una band, come gli Alice In Chains, che in fondo hanno scritto qualcosina che possa annoverarsi come “hard-cantautorato” più che semplicemente come “grunge”. E per azzardare un simile paragone vuol dire che la voce di Aldo Becca è di quelle che toccano, che “bucano” anche gli ampli come un bel viso può con lo schermo tv. Una voce che tiene, insomma, e che a questo ci crede. Forse anche troppo in un brano come ‘Lumi’, dove indulge troppo sul vibrato dell’ugola.
Ma a parte questo, in poco più di mezz’ora l’estetica dei C.V.D. srotola la sua dedizione per una “poetica rock” ruvida che sa però giocare anche di velluto, un po’ Afterhours, un po’ Buckley, un po’ “angeli e demoni che giocano tra loro” (il credit qui è per i Motorpsycho…). Quattro ragazzi che hanno scelto la musica per dire la loro. Quattro come le ruote di questa ideale automobile che corre già, pur sbandando un pochino. La giusta “convergenza” delle proprie velleità creative la porterà, presumibilmente, l’ulteriore esperienza del tempo a venire. E allora, forse, saremo lì a concludere: “come volevasi dimostrare”…
Autore: Roberto Villani