Forse non c’era bisogno dei Maniaci Dei Dischi per capire come il fitiro del dj-ing risieda nelle esperienza collettive: dj-band, turntable orchestras, chiamatele come volete. Probabilmente però i Maniaci Dei Dischi contribuiscono sostanzialmente ad anticipare questo futuro al presente, anche per via di modalità diverse – restando al nostro Paese – da quanto ascoltato finora da Alien Army o Men In Scratch, progetti che hanno estrapolato il verbo tecnico-sonoro dell’hip hop per sublimarlo in una dimensione marcatamente “abstract”.
Diverso invece il discorso per Painè, DJ Fonx e i successivi acquisti DJ Herrera e Bombo. Con una valigia piena di vinili, i fantastici 4 mettono su un set che va oltre la funzionalità dance per assumere, con un pesante carico di calore, solarità e soprattutto ironia, fattezze di “entertainment”, e non solo per il cantato che ogni fa capolino. “Hey Presto!” prende le distanze dal tecnicismo greve e forzatamente iperbolico. Non vuole lasciare tutti a bocca spalancata, ma vuol far ballare, vuol divertire, vuol consentire anche una pausa al bar senza sensi di colpa, ferma restando però la possibilità, per chi si distrae, di mancare qualcosa che andrebbe goduto al 100%.
Un simile discorso, compresi i paragoni intavolati, implica il sorgere di due fazioni, due dottrine ben distinte sul fronte del dj-ing. Anche se non siamo alle mollezze tropicalistiche della playlist Compost-tipo, è chiaro che un divoratore di cataloghi Ninja Tune e Mo’ Wax troverebbe da ridire sulla concezione funky dei Maniaci. Ma in fondo non esistono obblighi di uniforme in tal senso, né si può attribuire ai colleghi d’oltreconfine carattere tassativo di “modelli”. C’è appunto un modo ben distinto di intendere il dj-set, forse un archetipo, per il futuro, di un “italian style” nel dj-ing. Painè e soci non sono in concorrenza con quanto finora menzionato, e credo che ne siano ben consapevoli. Aprono una nuova strada, dovunque porti e chiunque vi si accodi.
La sostanza di “Hey Presto”, qualunque piega stilistica assuma, si mantiene fedele alla menzionata attitudine, e solo molto raramente peccando di autocompiacimento e rincorsa agli abitanti del dancefloor. Si balla, essenzialmente, e di gran gusto: afro-jazz-lounge percussiva (‘Our House’, ‘Tracklisten’), funky-house (il trascinante singolo ‘Ciao Ciao’, ‘Smiling Faces’), exotica caraibica up-tempo (‘In Conchetta’), trombette da cinecittà-jazz in salsa di groove (‘Ganjaben’) e raffreddata in breakbeat (la title-track), chemical mid-tempo (‘People Play’), jazz, a tutte le cadenze (il drum’n’bass di ‘Babe’, il chill notturno down-tempo di ‘Earl Grey’, il mid-tempo cool e sporco di samples di ‘Quello Bono’, la sobrietà e il lustro di ‘Spring Time’), bossa-beat (‘L’Altro Giorno’), e anche il “biasimato” abstract-scratch-hop di ‘Re-nato’ (come dire: sappiamo fare anche quello, ma preferiamo altro).
E non mancano divertissement più spinti, tanto in frequenze dance (la “filastrocca” di vibrafono con ammiccante voce femminile di ‘Strane Manie’, il “classic” rock’n’roll in beat di ‘You Rock, We Roll’) quanto fuori dal ritmo (il vocal jazz di ‘Per il Disco Che Più Amo’, l’epilogo radiofonico/old-timedi ‘L’Altra Notte’). E abbiam fatto un’ora di set, comunque molto, molto meno di quelli “veri” con cui i Maniaci tirano avanti una notte. Una versione dei quali, con live band, è in arrivo. Avete ancora voglia di starvene a casa?
Autore: Roberto Villani