Disco di transito “Il sogno del gorilla bianco” per i TARM, che se da un lato mantengono la vena punk, di provocazione e di irriverenza, dall’altro la plasmano e la trascinano in una critica sociale che ha come punto di riferimento i picchi del Pasolini degli “Scritti corsari”. In “Bella Italia”, infatti, Toffolo e soci evidenziano la spazzatura italiana, da cui possono difendersi soltanto in virtù del fatto che sono ragazzi morti, ecco dunque la perfetta sintesi tra lo spirito adolescenziale e la critica sociale di un certo livello. La sintesi poi è stata sempre una caratteristica di Toffolo che in testi assolutamente non verbosi, ma con poche frasi riesce a rendere immediati concetti non distanti da quelli citati dai grandi cantautori, il caso più emblematico è l’epilettico omaggio ai CCCP di “Questo è il mondo”. Critica sociale e militanza politica per Toffolo non possono prescindere così omaggia la rivolta civile degli argentini, dopo la crisi economica di due anni fa, ne “La festa è a Buon Aires”. Se questi, insieme a “Piccolo borghese” sono i testi più significativi e nei quali El Tofo ha parlato degli altri, in altri ha preferito fare un viaggio dentro se stesso come nel pop-punk’noll di “La mia foto” o il breve, ma intenso folk di “Preghiera”. Un altro grande amore dei TARM devono essere stati i Violent Femmes omaggiati nel folk-punk di “Povero me”, mentre Toffolo si lascia andare all’ammaliante traditional blues di “Una ragazza”, che non sfigurerebbe tra i classici delle dodici note. Con questo disco sembra che la fase adolescenziale dei TARM sia giunta al termine.
Autore: Vittorio Lannutti