Rock. Parola spesso abusata o fraintesa da musicisti o presunti tali, specie di questi tempi, specie in questo BelPaese. Proprio per questo motivo fa sempre piacere avere tra le mani un prodotto che, almeno nelle intenzioni, risulta genuinamente rock e dispiace invece vedere quanto rapidamente queste buone intenzioni degenerano in un impasto sonoro ripetitivo e (a parte qualche gradita eccezione) fin troppo omogeneo: in tre parole nulla di nuovo.
Questo lavoro dei Mamamicarburo (che dovrebbero spiegarcelo meglio questo nome) è una buona idea rock penalizzata da ansia da prestazione: i brani sono brevi e ad eccessiva concentrazione sonora, sembra quasi che questi giovanotti abbiano voluto coniugare il buon senso di non tirarla troppo per le lunghe con la smania di mostrare quanto gli piaccia il rock e il risultato non è esattamente felice, almeno non sempre.
Nella prima parte l’album Electro sembra una pastiche insipida di rock mainstream d’oltreoceano in cui i Mama non riescono proprio a fare qualcosa di più dello stretto necessario (d’altronde il brano di apertura recita “cerco qualcosa di estremamente banale” e chi ascolta il disco può dire di averlo trovato) quando ecco che, terminata l’ansia da prestazione iniziale, l’album trova nella sua parte centrale più di un paio di momenti felici, qualche assolo fa finalmente capolino e il ritmo evolve da monotonia a qualcosa di leggermente più complesso.
Senza mai esagerare con l’originalità, il virtuosismo è rigorosamente vietato in questo album,basti pensare alla voce che, italico idioma a parte (scusatemi ma scazzotta troppo con il mood rock!!), è sì godibilissima ma decisamente poco riconoscibile.
Ben paghi di aver regalato almeno un paio di brani che giustifichino l’acquisto del disco (di cui uno tra l’altro è una cover dei Dead or Alive) i Mama si sbragano completamente nella parte finale di questo album mordi e fuggi con un pezzo pseudo-punk (ma non gli piaceva il rock a questi?) e ben due ballate in cui si respira quasi aria da Sanremo.
In sintesi questo disco simboleggia bene il rock tricolore, che si muove lungo il sottile confine tra l’omaggio e la parodia del suo fratellone all-american senza mai osare alzare la voce, contentandosi di essere acquistato in promozione, possibilmente se le uniche alternative sono il buon Grignani o le magnolie dei Negrita.
La sostanza di questo disco è un buon nucleo rock, un gruppo con potenzialità appena intraviste che non riescono (o magari non vogliono?) esprimersi al meglio: che c’è Mama? Paura di essere per sempre esclusi dal tanto agognato palco dell’Ariston?
Autore: Andrea Avolio