Maschere da saldatori sempre calate sul viso – anche negli infuocati live – cappotti scuri, linguaggio binario, atteggiamento robotico; mentre Cyborg-0 canta e suona la chitarra, Cyborg-1 suona la tastiera con la mano sinistra, il tamburo con la destra e batte la grancassa con il piede; ne esce fuori un primitivo mantra boogie rock, stereo nella forma ma mono nell’anima, nello stile dei busker – i mitici musicisti degli angoli di strada – che raccolgono l’eredità dei bluesmen di inizio 900 e di Bo Diddley, R.L.Burnside e Jawbone.
Autoironia implicita ma anche tiro rock, testi in lingua inglese, nette differenze musicali dagli Atari – l’altro gruppo indie cibernetico italiano (oramai finito, ndd), che pure gioca con un’immagine retrofuturista e robotica, ma focalizzandosi sull’electro anni 80, non sul boogie blues – ed un suono praticamente sempre identico, applicato a ritmi in realtà classicissimi del blues e del rockabilly; le canzoni dei Cyborgs, pubblicate dall’etichettta torinese INRI – che ha in repertorio gli EP dei Linea 77 e poi Bianco, AntiAnti, I Treni all’Alba… – prevedono poi sempre una voce leggermente filtrata ed un po’ gracchiante, di modo che il risultato finale ricordi molto gli Heavy Trash – seconda band di Jon Spencer – ed i fuoriclasse Man or Astro-man?; spezza un po’ l’andazzo il brano intitolato ‘Bag Time’, che poi è uno strumentale, un rag time pianistico.
‘I’m Tired’ è il brano più riuscito dei Cyborgs – per le tristissime persone che non praticano la fantascienza in alcuna sua forma, letteraria, fumettistica o cinematografica, vale la pena precisiare che i cyborg sono gli organismi cibernetici, metà organici metà macchine… – più riuscito anche degli appariscenti singoli finora scelti per i videoclip, che poi sono le carine ma niente di più ‘Cyborgs Boogie’ e ‘Dancy’.
Difficile non percepire in ‘I’m Tired’ e ‘Dancy’ una prossimità con la Blues Explosion e Bob Log III, ferma restando in ogni caso la mancanza di qualsivoglia spinta punk nei Cyborgs.
Il disco, che dura 33’16”, si conclude con il brutto remix della bella ‘Human Face’, presente nella prima parte del disco, e con il reprise di ‘Cyborgs Boogie’.
Il disco lascia intuire l’euforia che il duo può donare in uno scatenato live, ma il prodotto, nel complesso, si pone tutto sommato come semplice biglietto da visita, alla lunga un pochino scolastico; un divertissement o poco più.
Autore: Fausto Turi