Non è facile scrollarsi da dosso l’incessante peso di certe scelte. È così nella vita: la musica è espressione di vita e in questa vige il medesimo parametro.
Roberto Angelini , però, ha eliminato quasi totalmente l’ombra di quel “Gatto Matto” che lo portò al successo commerciale nell’ormai lontano 2003.
Roberto, in realtà, non lo è mai stato un autore frivolo: quello del singolone estivo è stato solo un passaggio dell’artista, che fa del nuovo cantautorato la sua bandiera. Lo chiamo “nuovo cantautorato” per differenziarlo dai personaggi che sono rimasti fin troppo legati agli stilemi del glorioso (non sempre) cantautorato che fu.
“Phineas Gage” è un album intimo frutto di un evidente lavoro di ricerca sonora e di una raffinatissima produzione.
Roberto fonde alle corde della sua chitarra una fondamentale porzione di elettronica spaziando fra le varie inclinazioni di questo mondo. Ma non solo questo: “Roma Mia D’Estate” è lo splendido esempio di come Roberto abbia imparato la lezione del passato con un pezzo pop cantautoriale che prende forma incontrando molteplici esperimenti sonori e si lascia dipingere dall’apporto strumentale di chitarre, percussioni e sintetizzatori che sembrano trasportarci verso mondi lontani. Non dico che sia a quei livelli o che lo abbia emulato, ma la sperimentazione di Lucio Battisti vi dice qualcosa?
Molte le strumentali e l’opening del disco, “Nella Testa Di Phineas Gage”, è quella che colpisce di più, probabilmente per la posizione in cui viene posta. A dire che stiamo parlando del disco di un “cantautore” viene da ridere, visto l’inizio che mira verso gli orizzonti dell’ambient che sembra inclinarsi verso la dubstep di Burial o certe produzioni industrial fino all’intreccio con la chitarra che segna la via definitiva del disco. Potremmo chiamarla Indietronica, ma possiamo anche evitare. Non mancano poi le divagazioni glitch in “Falafel” e le incursioni angeliche d’altri tempi in “Gibilterra”.
Roberto dimostra inoltre la sua abilità nel comporre canzoni decisamente più radiofoniche come il primo riuscitissimo singolo “Cenere” e la troppo pacchiana “Come Sei”. Il punto è che il chitarrista romano è davvero bravo, sa cosa sta facendo ed è evidente che la musica la conosce e ci si sa rapportare, come in “Al Mio Risveglio”, brano da vero cantautore maledetto con delle divagazioni jazzistiche nel finale.
Esemplare la cover di “Black Eyed Dog” che però non aggiunge nulla e resta un sincero tributo a Nick Drake. “Phineas Gage” si chiude con “Blues Senza Mutande”, un brano semplice e scanzonato che di blues non ha molto ma che ci saluta con quella sincerità e genuinità che fanno sempre bene.
Un ottimo lavoro, bello da ascoltare e con pochi momenti bassi e qualche picco. Un disco da gustare e assaporare pian piano. Ascoltatelo, c’è poco altro da dire. Non serve aggiungere altro a quanto abbia fatto: “Phineas Gage” vi aspetta.
Autore: Franco Galato