Secondo, ruvido disco per i K-Holes, band di Jack Hines (ex Black Lips), Sara Villard e Vashti Windish (ex Golden Traingle) che non fa vanto di originalità, ma confeziona in ogni caso un misto di garage punk e no wave coinvolgente ed impeccabile, in brani mediamente pregevoli.
I riferimenti musicali sono sicuramente nella no wave newyorkese di fine 70, primissimi 80 – roba tipo Swans, James Chance & the Contortions – e ciò deriva soprattutto dagli innesti di sassofono di Sara Villard su musiche noise chitarristiche, malgrado la vocazione naturale della band – come si verifica ancor più nell’album d’esordio intitolato Werewolf with a Tan (2011) su Hozac rec, e dal repertorio delle band in cui i protagonisti hanno suonato in passato – non sia sperimentale, ma più prossimo al garage punk di Chrome Cranks, Iggy & the Stooges e Gun Club, con certamente un generale sovraccarico sonoro, un deragliamento continuo che rende tutto molto vivo, pulsante, ma sotto cui si scorgono fuzz stomp chitarristici tutto sommato ortodossi: ‘Rats’, ma anche ‘Child’, sono due esempi palesi di brani garage rumorosi quanto quelli no wave, ma infinitamente meno disturbanti, cacofonici e spastici.
Dunque concludendo, i K-Holes – letteralmente: i buchi della serratura – ci sembrano una band garage punk che cerca di differenziarsi arricchendo la propria musica con geometrie e suoni no wave, senza però spingere troppo in quella direzione, non avendone del resto una vera e propria vocazione; il risultato è un album di buonissimo punk stoogesiano dai testi sanguinari urlatissimi, ma un po’ fermo alla fine dei 70.
Tra Ottobre e Novembre la loro tournèe europea, che non prevede al momento date italiane.
Autore: Fausto Turi