Attesissima uscita autunnale, “Piramida” è il quarto album degli Efterklang, secondo con il celebre marchio di garanzia 4AD e che segue il precedente “Magic Chairs” del 2010.
La band di Copenhagen ridotta ai soli Casper Clausen, Mads Brauer e Rasmus Stolberg dopo il ritiro del percussionista Thomas Husmer, s’ispira per questo disco a una località, appunto Piramida, situata sull’isola di Spitsbergen nell’arcipelago Svalbard, nel bel mezzo del Circolo Polare Artico, laddove neanche Google Maps è riuscito ad arrivare.
Nella zona vi si trovavano un insediamento russo e una miniera di carbone che, alla cessata attività a partire dal 1998 ha coinciso l’abbandono e lo spopolamento totale di quel territorio divenuto nel frattempo una località fantasma con il simbolo/primato del monumento a Lenin più a Nord in assoluto.
Il trio danese quindi si è recato a Piramida per apprendere e riprodurre la sensazione di vuoto e desolazione che si vive in un luogo esclusivo come questo. Ne scaturisce un album di musica pop e canzoni, incentrato sul songwriting e completato di parti elettroniche, fiati, violini e archi come basi d’appoggio a cori di palese riferimento alt-folk americano che vanno a ingrossare le melodie che sorreggono atmosfere meste di nordica malinconia.
Il trio danese però non riesce quasi mai a sbarazzarsi della formula su enunciata e per tutti i dieci brani dell’album.
Per quanto sono presenti tracce sinceramente appassionanti, la costante presenza di espedienti come cori e falsetti, che ormai troviamo in ogni disco, sta cominciando a diventare sul serio irritante.
L’acino di pepe in più che rovina la minestra…come se le pop-band di oggi non riuscissero a immaginare un’alternativa compositiva per riempire dei vuoti armonici o per un ostinato sostegno alle melodie, efficace ma logoro e abusato.
Autore: Luigi Ferrara